Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9271 del 03/04/2019

Cassazione civile sez. lav., 03/04/2019, (ud. 23/01/2019, dep. 03/04/2019), n.9271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29060-2013 proposto da:

COMEURO L.G.P. S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DOMENICO CHELINI, 9, presso lo studio dell’avvocato CARLO MORACCI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato AMBROGIO

FLORIOLI;

– ricorrente –

contro

– INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso la sede legale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati RAFFAELA FABBI e LORELLA FRASCONA’;

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione

dei crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE e GIUSEPPE MATANO;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA NORD S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 404/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 03/10/2013, R.G.N. 132/2013;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza del 3 ottobre 2013, la Corte di Appello di Brescia confermava la decisione del primo giudice di rigetto della domanda di accertamento negativo proposta dalla ComEuro L.G.P. s.r.l. (d’ora in avanti, ComEuro) nei confronti dei verbali ispettivi in data 31 gennaio 2008 e 18 giugno 2009 con i quali, rispettivamente, l’INAIL e l’INPS avevano contestato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con il lavoratore A.A. nel periodo tra il 29 agosto 2006 ed il 19 settembre 2007;

2. ad avviso della Corte territoriale e per quanto ancora di rilievo in questa sede:

a) era da rigettare il motivo di appello relativo al valore ed all’efficacia da attribuire al verbale di conciliazione intervenuto tra il lavoratore e la ComEuro (nell’assunto di quest’ultima raggiunto ai sensi del D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 11 e, in virtù del comma 4 medesimo articolo, avente effetto estintivo del procedimento ispettivo) in quanto integrava un’eccezione in senso stretto avendo come finalità quella di invocare un fatto estintivo della pretesa di controparte e, in quanto tale, inammissibile perchè proposta per la prima volta in appello. E, comunque, anche a volerla considerare ammissibile, detta eccezione non poteva essere accolta perchè, al momento della sottoscrizione del verbale di conciliazione, l’unico accertamento ispettivo in corso era quello dell’ispettorato del lavoro e soltanto quest’ultimo era il procedimento ispettivo suscettibile di estinzione ai sensi dell’invocato art. 11 cit., comma 4 (quello INAIL del 31 gennaio 2008 era concluso e quello del’INPS non ancora iniziato). Inoltre, l’accertamento ispettivo cui la norma intendeva riferirsi era quello demandato alla Direzione Provinciale del Lavoro, procedimento ispettivo questo del tutto distinto dagli accertamenti operati dagli istituti previdenziali, come dimostrato dal successivo comma 5 (il quale sancisce che nella ipotesi di mancato accordo ovvero in assenza di una o di entrambe le parti convocate attestata da apposito verbale, la Direzione provinciale del lavoro dà seguito agli accertamenti ispettivi), evidenziandosi, altresì, che non vi è traccia agli atti del versamento di contribuzione in favore del lavoratore;

b) era rimasta provata dalla istruttoria espletata che i contratti di appalto stipulati dalla ComEuro con la Cooperativa A.R. Piccola soc. Coop. a r.l. per l’espletamento di servizi di facchinaggio all’interno dell’azienda non erano genuini essendosi realizzata una somministrazione irregolare di manodopera in quanto: l’ A. era risultato pienamente inserito nel ciclo produttivo aziendale e riceveva le disposizioni sul da farsi direttamente dall’operaio a fianco del quale lavorava o dal titolare della ComEuro; il lavoro svolto dal predetto, quando non vi erano lavoratori della cooperativa, era svolto dai dipendenti della ComEuro e non consisteva solo in operazioni di facchinaggio ma in attività che, per quanto semplici elementari, erano inserite in modo imprescindibile nel ciclo produttivo; non era presente alcun responsabile della cooperativa che controllasse il lavoratore o gli impartisse direttive;

c) la ComEuro non aveva provato l’esistenza di un part-time verticale (venti ore settimanali) non essendo all’uopo sufficienti le deposizioni dei testi escussi – generiche essendosi limitati a riferire che il lavoratore non era presente tutti i giorni senza precisare l’entità della sua presenza o assenza – nè potendo essere opposto agli enti previdenziali il contenuto della conciliazione alla quale essi non avevano preso parte e tenuto conto di quanto dichiarato dall’Abdelatif al funzionario dell’INAIL nel corso dell’indagine ispettiva e cioè di aver sempre lavorato dalle 7,50 alle 13,00 e dalle 14,00 alle 17,50 dal lunedì al venerdì;

3. per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso la ComEuro affidato a tre motivi cui resistono l’INPS e l’INAIL con separati controricorsi; Equitalia Nord s.p.a. è rimasta intimata;

4. il Procuratore Generale ha depositato requisitoria in cui si chiede il rigetto del ricorso con correzione della motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

5. con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 437 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere la Corte territoriale erroneamente qualificato eccezione in senso stretto il dedotto effetto estintivo del credito previdenziale della conciliazione intervenuta tra ComEuro e l’ A. laddove l’esistenza di detta conciliazione era stata allegata sin dal ricorso introduttivo del giudizio e l’effettivo estintivo conseguente integrava un’eccezione in senso lato o una mera difesa come tale rilevabile senza alcun limite temporale; con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 124 del 2004, art. 11, comma 4, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo il giudice del gravame erroneamente negato rilevanza alla conciliazione sull’assunto che l’effetto estintivo del procedimento ispettivo previsto dall’art. 11, comma 4, cit. operasse solo con riferimento agli accertamenti conseguenti a procedure di competenza della Direzione Provinciale del Lavoro e non anche verso gli enti previdenziali laddove, invece, dal tenore del testo del menzionato art. 11, comma 4, era evidente che come effetto della conciliazione nessun residuo potere ispettivo di indagine e sanzionatorio poteva restare in capo agli enti previdenziali ed assistenziali; con il terzo motivo si deduce violazione del’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) perchè nell’impugnata sentenza era stato affermato che l’onere della prova della ricorrenza delle condizioni formali e sostanziali richieste per la liceità dell’appalto endoaziendale di opere e servizi così come la prova della esistenza di un orario parziale incombeva sull’appaltante, laddove, per giurisprudenza consolidata di legittimità l’onere di provare la fondatezza della pretesa contributiva era a carico dell’INPS;

6. il primo motivo è inammissibile in considerazione del principio secondo cui nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, “in toto” o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano sicchè è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perchè il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (Cass. Sez. U, n. 16602 del 08/08/2005; successive conformi, ex multis: Cass. n. 21431 del 12/10/2007; Cass. Sez. U, n. 10374 del 08/05/2007); ed infatti, il motivo censura la prima delle due rationes decidendi sulle quali è fondato il capo della sentenza che ha ritenuto non rilevante il verbale di conciliazione intervenuto tra il lavoratore e la ComEuro, nell’assunto di quest’ultima raggiunto ai sensi del D.Lgs. n. 124 del 2004, art. 11 mentre la seconda, per quanto appresso si dirà, non risulta incisa dal ricorso;

7. il secondo motivo è infondato. La L. n. 124 del 2004, art. 11 come modificato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 38(che ha inserito il comma 3 bis) recita: “Nelle ipotesi di richieste di intervento ispettivo alla Direzione provinciale del lavoro dalle quali emergano elementi per una soluzione conciliativa della controversia, la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente può, mediante un proprio funzionario, anche con qualifica ispettiva, avviare il tentativo di conciliazione sulle questioni segnalate.

2. Le parti convocate possono farsi assistere anche da associazioni o organizzazioni sindacali ovvero da professionisti cui abbiano conferito specifico mandato.

3. In caso di accordo, al verbale sottoscritto dalle parti non trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 2113 c.c., commi 1, 2 e 3 ((3-bis. Il verbale di cui al comma 3 è dichiarato esecutivo con decreto dal giudice competente, su istanza della parte interessata.)).

4.1 versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi, da determinarsi secondo le norme in vigore, riferiti alle somme concordate in sede conciliativa, in relazione al periodo lavorativo riconosciuto dalle parti, nonchè il pagamento delle somme dovute al lavoratore, estinguono il procedimento ispettivo. Al fine di verificare l’avvenuto versamento dei contributi previdenziali e assicurativi, le direzioni provinciali del lavoro trasmettono agli enti previdenziali interessati la relativa documentazione.

5. Nella ipotesi di mancato accordo ovvero di assenza di una o di entrambe le parti convocate, attestata da apposito verbale, la direzione provinciale del lavoro dà seguito agli accertamenti ispettivi.

6. Analoga procedura conciliativa può aver luogo nel corso della attività di vigilanza qualora l’ispettore ritenga che ricorrano i presupposti per una soluzione conciliativa di cui al comma 1. In tale caso, acquisito il consenso delle parti interessate, l’ispettore informa con apposita relazione la Direzione provinciale del lavoro ai fini dell’attivazione della procedura di cui ai commi 2, 3, 4 e 5. La convocazione delle parti interrompe i termini di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14 fino alla conclusione del procedimento conciliativo.”. Dal tenore letterale del comma 4 si evince che l’estinzione della procedura ispettiva determina un effetto nei confronti degli organi ispettivi. Questo effetto, che si produce solo nell’ipotesi di conciliazione tra le parti, determina l’impossibilità di proseguire o avviare l’accertamento ispettivo presso l’Azienda o di contestare eventuali sanzioni amministrative anche nelle ipotesi nelle quali le parti riconoscono il rapporto di lavoro. Tali effetti rilevano, peraltro, qualora a seguito di conciliazione monocratica sia riscontrato dal conciliatore l’avvenuto pagamento dei contributi previdenziali ed assicurativi e delle somme dovute al lavoratore. In sostanza è necessario che si verifichi questa doppia condizione, come sopra evidenziata, perchè si realizzi l’effetto estintivo del procedimento. Ciò emerge dalla lettera del testo (D.Lgs. n. 124 del 2004, art. 11, comma 4) che lega l’estinzione del procedimento ispettivo al “pagamento delle somme dovute al lavoratore per il periodo lavorativo riconosciuto dalle parti” con le successive affermazioni relative al “versamento dei contributi previdenziali e assicurativi”. Tali condizioni sono entrambe necessarie perchè si realizzi l’effetto estintivo. Ebbene, nella impugnata sentenza si evidenzia che non vi è traccia agli atti del versamento di contribuzione in favore del lavoratore e tale affermazione non risulta essere stata contestata nel motivo, ragion per cui deve escludersi che si sia verificato l’effetto estintivo invocato. E, comunque, tra gli effetti giuridici prodotti dalla conciliazione va, senza dubbio, esclusa la preclusione ad accertamenti ispettivi da parte degli organi degli Enti previdenziali perchè non espressamente prevista dalla norma. Del resto la L. n. 124 del 2004, art. 10 prevede una serie di misure intese alla razionalizzazione ed al coordinamento dell’attività ispettiva anche allo scopo di evitare duplicazione di interventi, il che dimostra come la conciliazione monocratica di cui al successivo art. 11 riguardi solo la Direzione Provinciale del Lavoro. Peraltro, come evidenziato nella impugnata sentenza, nel caso in esame il verbale di conciliazione sottoscritto in data 10 aprile 2008 certamente non avrebbe potuto esplicare alcuna efficacia estintiva sull’accertamento ispettivo dell’INAIL conclusosi il 31 gennaio 2008;

8. il terzo motivo è infondato in quanto l’affermazione secondo cui era onere della società dimostrare la esistenza della validità dei contratti di appalto di servizi stipulati e la ricorrenza di un lavoro a tempo parziale, poi, non ha avuto alcun effetto concreto perchè la Corte territoriale, peraltro confermando sul punto la decisione del primo giudice, ha osservato che dalle risultanze istruttorie erano emersi: la irregolarità della somministrazione di lavoro e la illiceità degli appalti stipulati dalla ComEuro e la cooperativa per la fornitura di servizi di facchinaggio con la conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato tra la utilizzatrice ComEuro ed il lavoratore; elementi sufficienti a ritenere che detto rapporto fosse a tempo pieno e non part-time. In effetti il motivo, finisce con il sollecitare una rivisitazione del merito della controversia non consentita in questa sede. Invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003). Peraltro, con riferimento alla ritenuta mancata prova della ricorrenza di un lavoro a tempo parziale, vale ricordare che questa Corte ha affermato il principio secondo cui la mancanza della forma scritta per il contratto di lavoro part-time (sia pure richiesto solo ad probationem e con le conseguenze sul rapporto di lavoro previste dal D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, art. 8) è di per sè preclusiva del riconoscimento del regime contributivo agevolato (Cass. n. 16586 del 5 luglio 2017; Cass. n. 1186 del 18/01/2017; nella vigenza del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 5, comma 5, convertito con modificazioni in L. 19 dicembre 1984, n. 351: Cass. n. 20591/2014; Cass. 11584/11; Cass. n. 52/09; Cass. n. 11011/08; Cass. n. 16670/04; Cass. S.U. n. 12269/04). E nel caso in esame il requisito della forma scritta mancava avendo la Corte territoriale escluso che il verbale di conciliazione sottoscritto dalle parti potesse avere un contenuto ricognitivo;

9. pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;

10. le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate in favore dei controricorrenti nella misura di cui al dispositivo; nulla per le spese nei confronti di Equitalia Nord s.p.a. rimasta intimata;

11. sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014e numerose successive conformi).

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in favore di ciascuno dei controricorrenti in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2019

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