Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9269 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. I, 21/04/2011, (ud. 01/04/2011, dep. 21/04/2011), n.9269

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23175/2009 proposto da:

P.A. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVLE DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dagli avvocati ROMANELLI Francesco e GRASSO

CARLO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

04/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

01/04/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MARIA BERRUTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.A. proponeva ricorso in materia pensionistica alla Corte dei Conti il 19 febbraio 1975. La causa pensionistica veniva definita con sentenza il 10 gennaio 2008.

Il P. quindi ricorreva alla corte d’appello di Napoli in data 21.11.2008 chiedendo la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, in conseguenza della durata eccessiva del giudizio innanzi menzionato.

La Corte Napoletana risolte talune questioni preliminari non più rilevanti in questa sede, osservava che nella vicenda, considerata la materia e le questioni sottoposte 1 all’esame del giudice delle pensioni, la durata ragionevole del giudizio presupposto doveva stimarsi in anni tre. Rilevava che dei circa 20 anni ulteriori risotto alla durata ragionevole, dieci di essi non potevano essere considerati, come il ricorrente pretendeva, nel calcolo del periodo risarcibile. Osservava infatti che poichè il diritto del cittadino alla ragionevole durata del processo è antecedente alla L. n. 89 del 2001, essendo stato introdotto dalla legge di ratifica della convenzione EDU, ovvero nel 1955, il diritto oggetto del giudizio poteva essere fatto valere già prima del 2001 e dunque nel momento stesso in cui, avendo la durata del procedimento oltrepassato i limiti della ragione durata, la posizione soggettiva dell’interessato risultava in concreto già lesa. Riteneva pertanto che trattandosi di diritto che matura giorno per giorno, nella vicenda si doveva considerare estinto per prescrizione il diritto al risarcimento relativo al periodo antecedente al 25 novembre 1998. Conseguentemente riteneva di attribuire al ricorrente al titolo di danno morale per il successivo decennio ulteriore alla affermata prescrizione la somma di Euro 1000,00 per ciascun anno di ritardo e così complessivamente Euro 9166,00 oltre interessi legali dalla domanda. Negava peraltro che nella vicenda si potesse attribuire al ricorrente, attesa la già definita natura della questione e della controversia come di non particolare importanza, alcun cosiddetto bonus supplementare.

Condannava il Ministero resistente al pagamento delle spese di giudizio.

Contro questa decisione ricorre per cassazione il P. con atto articolato su tre motivi.

Resiste con controricorso l’Amministrazione dell’Economia e delle Finanze.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 tre motivi del ricorso possono essere esaminati insieme in quanto sono connessi.

Con il primo motivo il ricorrente censura la motivazione del decreto impugnato sul punto della ritenuta decorrenza della prescrizione, quindi in tutti i quesiti con cui conclude il suo atto sembra allegare la violazione di legge. Tutti i quesiti elencati in ricorso ( quattro, a fronte di tre motivi) sono incongrui rispetto al motivo appena sintetizzato. Esso è pertanto inammissibile.

1.a. Il secondo motivo è anch’esso diretto a censurare la motivazione sul punto della mancata considerazione da parte del giudice di merito del periodo successivo alla presentazione della istanza amministrativa e dunque dell’avere considerato utile solo il periodo successivo alla apertura del giudizio innanzi alla Corte dei Conti. Tuttavia poi nei quesiti, anche in questo caso,esso evoca violazioni di legge non collegate alla predetta doglianza. Anche il motivo in esame dunque non si conclude con la coerente sintesi del punto di diritto sottoposto alla attenzione della Corte suprema nel suo articolato svolgimento,ma piuttosto, atteso anche che i quesiti formali sono quattro a fronte si è detto di tre motivi, anch’esso genericamente allega una serie di posabili vizio del decreto impugnato, senza coordinamento argomentativo.

1.b. Il terzo motivo censura ancora la motivazione del decreto impugnato sul punto della liquidazione del danno, ma con accenni solo formali alla vicenda di specie ed ancora, come per i primi due motivi, senza un coerente,ed identificato, quesito conclusivo.

3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le peculiarità della vicenda che ne hanno determinato una evidente controvertibilità, giustificano la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 1 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

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