Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9268 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. I, 21/04/2011, (ud. 24/03/2011, dep. 21/04/2011), n.9268

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 21940 del R.G. anno 2005 proposto da:

Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale per la Cooperazione

allo Sviluppo domiciliato in ROMA, Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

S.G.F. I.N.C. s.p.a. (già Il Castoro Inc. s.p.a.) elettivamente

domiciliata in ROMA, Via Parma 22, presso l’avvocato DI PORTO Andrea

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Paolo Minoli di

Torino, per procura speciale in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1788 della Corte d’Appello di Roma depositata

il 21.4.2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24.03.2011 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 1986 il Ministero degli affari Esteri affidò alla s.p.a.. Il Nuovo Castoro la costruzione nel Niger di 40 pozzi d’approvvigionamento idrico, ultimati nel 1987 e collaudati il 24 novembre 1988; nel 1994, la società iniziò giudizio arbitrale per l’accertamento dei ritardi nei pagamenti e dei danni conseguenti, oltre interessi e rivalutazione, avendo dovuto provvedere per oltre due anni dalla fine dei lavori a mantenere i pozzi, consegnati alle autorità nigeriane per colpa del Ministero il 22 marzo 1991. Il Ministero eccepì l’incompetenza degli arbitri, per essere già risolta in via amministrativa la controversia e mancando i poteri arbitrali per la controversia sulla manutenzione dei pozzi per il periodo successivo alla fine del contratto, periodo esterno agli effetti di questo e della clausola compromissoria. Il lodo, reso esecutivo il 3 giugno 1995, respinte le eccezioni d’incompetenza, accolse parzialmente le domande risarcitorie. Il 16 luglio 1995 il Ministero impugnò il lodo, tra l’altro, per violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver riconosciuto alla società interessi mai chiesti nonchè per violazione degli artt. 1345, 1175, 1375 e 1673 c.c., per avere imputato al Ministero il ritardo nella consegna dei pozzi alle autorità nigeriane, in mancanza di prova d’un inadempimento della stazione appaltante. La società chiese il rigetto dell’impugnazione, questa, ai sensi dell’art. 838 c.p.c., essendo inammissibile per inosservanza di regole di diritto sostanziale ex art. 829 c.p.c., comma 2, trattandosi di arbitrato “internazionale” e dovendosi nel caso applicare la sopravvenuta previsione di cui alla L. 5 gennaio 1994, n. 25. Il Ministero di contro obiettò che doveva prevalere la reale volontà delle parti, da individuare in base alla normativa vigente all’epoca della clausola, dovendosi altrimenti sollevare questione di legittimità costituzionale della norma transitoria che imponeva d’applicare la novella, per contrasto con gli artt. 24 e 3 Cost.. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 6 ottobre 1997, accolse parzialmente l’impugnazione: escluso che l’arbitrato fosse “internazionale”, la Corte ritenne il lodo impugnabile anche per inosservanza di norme di diritto sostanziale interno, non derogandosi alla disciplina degli arbitrati domestici in applicazione della L. n. 25 del 1994, art. 27, comma 5, per essere iniziato il giudizio arbitrale dopo l’entrata in vigore di questa (17 aprile 1994), cioè in data 22 dicembre 1994.

Ammessa l’impugnabilità del lodo per violazione di regole di diritto italiano, la Corte di appello escluse, per la manutenzione dopo il collaudo, ogni obbligo del Ministero, limitando i danni risarcibili all’impresa alle spese sostenute prima di tale data e condannando la stazione appaltante a pagare L. 258.885.000 per detti titoli, oltre agli interessi come richiesti.

Per la cassazione di tale sentenza il MAE propose ricorso che la Corte di Cassazione con sentenza n. 13648 del 2000 accolse relativamente al secondo motivo, respinto il primo, conclusivamente cassando con rinvio alla stessa Corte per nuovo esame alla stregua del principio di diritto per il quale “doveva ritenersi internazionale, ai sensi del secondo inciso dell’art. 832 c.p.c., comma 1, l’arbitrato previsto in un contratto, per il quale fosse da eseguire all’estero una parte delle prestazioni, oggetto dei rapporti contrattuali, “significativa o rilevante” – pur se non la preponderante o principale – rispetto ad altre parti di esse, tale rilevanza dovendo essere desunta dalla funzione economico-sociale dell’atto in cui è posta la clausola compromissoria e dalla comune volontà delle parti, quale emerge dalla interpretazione di esso secondo le ordinarie regole d’ermeneutica contrattuale, da applicare tenendo conto della legislazione vigente all’epoca della stipula”.

Riassunto il giudizio, la Corte di Roma,quale giudice del rinvio, con sentenza 21.4.2005 ha respinto l’impugnazione del MAE (nella parte non coperta da giudicato della prima sentenza della stessa Corte) affermando: che esaminando gli interventi commissionati alla società, nel quadro degli interventi previsti dalla L. n. 73 del 1985, art. 1, emergeva che nell’economia contrattuale le prestazioni costruttive, gestionali ed addestrative più significative dovevano svolgersi all’estero (residuando in Italia il solo pagamento dei corrispettivi), sì che poteva affermarsi che l’arbitrato aveva natura internazionale; che pertanto, applicandosi l’art. 838 c.p.c., doveva escludersi l’applicazione dell’art. 829 c.p.c., comma 2; che la Corte di Cassazione aveva ritenuto infondata manifestamente l’eccezione di incostituzionalità della L. 25 del 1994, art. 27, con riguardo all’art. 24 Cost., stante la natura processuale e di immediata applicazione della norma ed in considerazione dell’adeguamento italiano alla Convenzione di Ginevra del 21.4.1961 (esecutiva con L. n. 418 del 1970); che restava pertanto immune la sola statuizione della sentenza del 1997 non fatta segno a pronunzia rescindente (capo afferente la decorrenza degli interessi legali).

Per la cassazione di tale sentenza, notificata il 7.6.2005, il M.A.E. ha proposto ricorso l’8.9.2005 denunziando la falsa applicazione degli artt. 832, 838 c.p.c., art. 829 c.p.c., comma 2, art. 830 c.p.c., L. n. 25 del 1994, art. 27, e la incongruità della motivazione, ricorso al quale ha opposto difese la SGF INC con controricorso del 17.10.2005.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Nel ricorso l’Avvocatura Generale dello Stato ha, sotto un primo profilo, affermato che, per ricondurre a costituzionalità l’art. 832 c.p.c., occorreva interpretare la rilevanza di cui alla norma come sinonimo di notevole prevalenza delle prestazioni all’estero ed al contempo escludere la sua applicazione a rapporti tra “soggetti italiani”, nei quali viene meno la forte connotazione internazionale del rapporto stesso, a pena di dover dubitare della ragionevolezza di siffatta estensione. Sotto un secondo profilo, ed all’esito di una interpretazione diversa da quella proposta, ad avviso della ricorrente Amministrazione andava rilevata la incostituzionalità di una applicazione della disciplina transitoria L. n. 25 del 1994, ex art. 27, agli arbitrati anteatti previsti per i contratti di cooperazione internazionale, detta efficacia retroattiva incidendo sull’affidamento della parte sulla portata della sindacabilità del convenuto arbitrato, estesa altre violazioni di legge, ed anzi pregiudicando la possibilità di accesso alla impugnazione innanzi alla Corte di Appello; a criterio della Avvocatura ricorrente, quindi, la interpretazione in concreto adottata andava in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost..

Da tali censure dissente ampiamente il controricorso.

Ritiene il Collegio che il ricorso sia infondato, dovendosi dare continuità a quanto di recente affermato da questa Corte in relazione ad analoghe questioni poste con riguardo tanto alla interpretazione delle norme quanto ai problemi di legittimità costituzionale delle stesse (Cass. 1102 del 2010 e n. 12866 del 2010).

La censura di violazione di legge è affatto inammissibile in quanto, nel riproporre una interpretazione della menzionata disposizione in palese contrasto con il suo stesso tenore letterale e più volte disattesa dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 3696/2007;

18460/2004; 544/2004; 18155/2002), si scontra con la preclusione rappresentata nel caso che occupa dal principio di diritto affermato dalla sentenza di annullamento di cui a Cass. n. 13648 del 2000.

Nondimeno di tale costante interpretazione appare necessario, ai fini della valutazione della ammissibile questione di legittimità costituzionale, riassumere i principi, traendoli dal più recente decisum di Cass. n. 1102 del 2010 (resa in controversia tra MAE e soc. Il Nuovo Castoro avente ad oggetto analogo appalto di opere ed analoga vicenda processuale). Ebbene è stato affermato da questa Corte:

A) Nel sistema delineato dalla L. 4 gennaio 1994, n. 25, che tra le innovazioni più significative ha introdotto la fattispecie dell’arbitrato internazionale, è stata recepita la definizione dell’istituto data dalla Convenzione di Ginevra del 21 aprile 1961, resa esecutiva in Italia con L. 10 maggio 1970, n. 418. Alla stregua di tale sistema (che pare il caso di rammentare è stato abrogato dal D.Lgs. n. 40 del 2006), si prevedeva quale criterio di identificazione della natura internazionale dell’arbitrato quello della residenza o della sede effettiva all’estero di almeno una delle parti alla data della sottoscrizione della clausola compromissoria o del compromesso, ovvero, in via alternativa, quello fornito dalla previsione che una parte rilevante delle prestazioni nascenti dal rapporto al quale la controversia si riferisce debba essere eseguita all’estero, restando così individuati due alternativi indici di internazionalità, l’uno soggettivo e l’altro oggettivo.

B) Per quanto particolarmente attiene al secondo criterio, che ha interessato la fattispecie, deve essere considerato internazionale, ai sensi del secondo inciso dell’art. 832 c.p.c., comma 1 (applicabile ai lodi pronunciati successivamente all’entrata in vigore della L. n. 25 del 1994) l’arbitrato previsto in un contratto per il quale sia da eseguire, all’estero, una parte delle prestazioni oggetto dei rapporti contrattuali, la quale si prospetti come “significativa o rilevante” – pur se non la preponderante o principale – rispetto ad altre parti di esse nel perseguimento degli interessi a base del contratto. Il riferimento rende evidente che nell’intenzione del legislatore ciò che segna la natura dell’arbitrato è il dato oggettivo della rilevanza in sè, da valutare alla stregua della situazione esistente alla data del contratto o della clausola compromissoria, con la conseguenza che deve escludersi, da una parte, che siano “internazionali” gli arbitrati previsti per controversie relative a parti secondarie, accessorie o di poco conto delle prestazioni regolate in contratto da attuare all’estero, e dall’altra che sia necessaria la “prevalenza” (a maggior ragione “notevole”) della parte di prestazioni da eseguire in altro Stato.

C) Tale interpretazione è conforme anche alla finalità perseguita dal legislatore che ha caratterizzato detto arbitrato per gli elementi di estraneità previsti dall’art. 832 c.p.c., mediante una disciplina che si differenzia da quella propria dell’arbitrato interno soltanto per alcune specifiche varianti e che è fondata sulla tecnica del rinvio alle norme applicabili per quest’ultimo.

D) Infine, pur se si adottasse il criterio della “preponderanza” o “prevalenza”, estraneo alla norma di cui si tratta, al termine andrebbe attribuita una valenza qualitativa, nel senso che “preponderante” o “prevalente”, al fine della qualificazione dell’arbitrato come internazionale, dovrebbe intendersi la prestazione che caratterizza il contratto e ne connota la specificità.

Tanto premesso, in punto di interpretazione delle norme, e rilevato come la sentenza 21.4.1995 della Corte di Roma ha puntualmente applicato il principio della sentenza rescindente 13648 del 2000 (seguito dalla giurisprudenza pur richiamata dal più recente arresto del 2010), dando della sua valutazione completa e logica motivazione, che neanche viene in ricorso fatta segno a censure di falsa applicazione del principio stesso, non può che passarsi ad esaminare le questioni di illegittimità costituzionale sulle quali non è configurabile alcuna preclusione.

Al proposito il Collegio ritiene, in continuità con i richiamati recenti pronunziati di questa Corte, di dichiarare manifestamente infondate le questioni di costituzionalità della norma in esame, sotto i vari profili posti e riproposti dal Ministero con riferimento sia alla sua irragionevoiezza, se applicata anche allorquando entrambi i soggetti del rapporto siano nazionali, sia alla sua disuguaglianza,in relazione al diverso regime delle impugnazioni consentito dall’art. 829 cod. proc. civ., per gli arbitrati “interni” sia infine alla disciplina transitoria introdotta dalla L. 25 del 1994, art. 27 (nella parte in cui prevede il divieto di impugnazione per motivi di diritto anche per i lodi, emessi in procedimenti arbitrali iniziati dopo la sua entrata in vigore, ma attivati (come nella specie) sulla base di clausola compromissoria stipulata anteriormente a detta data).

E pertanto, nella totale condivisione del decisum, appare opportuno richiamare quanto affermato dalla più volte citata pronunzia (Cass. 1102 del 2010) che ha disatteso le varie censure:

“….anzitutto perchè tendenti (le prime) sostanzialmente a conseguire una sentenza additiva dei giudice della legittimità delle leggi diretta a sostituire a quello discrezionalmente adottato dal legislatore, in quanto ritenuto idoneo a rivelare il carattere di internazionalità del rapporto, un diverso criterio di collegamento ed un diverso sistema di determinazione della natura internazionale dell’arbitrato. Quindi (con riguardo all’art. 27) perchè questa Corte e la Corte Costituzionale hanno ripetutamente affermato: a) che l’esistenza di antecedenti situazioni convenzionalmente scelte dalle parti non può paralizzare la discrezionalità del legislatore relativamente ad un mutamento, per il futuro, delle regole processuali, che valga per entrambe le parti; b) che il doppio grado di giudizio non è costituzionalmente tutelato; c) che la tutela giurisdizionale dei diritti è suscettibile di limitazioni se esse non determinano un sostanziale svuotamento del diritto di azione (nel caso neppure prospettato dal Ministero); d) che la violazione del principio di ragionevolezza può essere ravvisata soltanto quando le deroghe alle regole stabilite siano ingiustificate ed arbitrarie e non anche quando le scelte siano espressione della discrezionalità del legislatore. E che, d’altra parte, trattandosi nella specie di disciplina transitoria fisiologicamente destinata ad applicazione limitata nel tempo, il parametro di ragionevolezza va individuato con riferimento alla sua astratta idoneità ad interrompere la consequenzialità logica dei principi affermati dal legislatore; non rilevando le disparità di mero fatto venutesi in tal modo occasionalmente a determinare non potendo l’esistenza di antecedenti situazioni convenzionalmente scelte dalle parti paralizzare la discrezionalità del legislatore relativamente ad un mutamento, per il futuro, delle regole processuali, che valga per entrambe. Cass. 3696/2007 ha infine disatteso anche l’argomentazione del Ministero (…,) secondo cui la parte di un contratto sussumibile fra quelli dell’art. 832 c.p.c., in procinto di provocare un giudizio arbitrale (qualificabile internazionale), avuta conoscenza del disegno di legge in gestazione in Parlamento, ovvero, più semplicemente nelle more della sua entrata in vigore, avrebbe potuto accortamente ritardare la presentazione della domanda d’arbitrato ad un momento successivo all’entrata in vigore della L. n. 25 del 1994, così impedendo alla controparte la possibilità di reagire a fronte di un lodo errato in diritto, osservando, tra l’altro che non necessariamente colui che avesse ritardato la presentazione della domanda di arbitrato ne avrebbe potuto trarre vantaggio, dal momento che egli bene avrebbe potuto risultare soccombente; e, di conseguenza, in questo caso sarebbe stato lui a soffrire le conseguenze dell’inimpugnabilità per ragioni di diritto. E dall’altro lato che, come vi era la possibilità di ritardare la proposizione della domanda di arbitrato in attesa che la gestazione della nuova legge fosse portata a compimento, di riflesso, per l’altra parte, c’era la possibilità di affrettare la proposizione della domanda, proprio per evitare l’applicazione della nuova legge. Per cui anche sotto questo profilo,va ribadita la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., della L. n. 25 del 1994, art. 27, relativamente alla disciplina transitoria della nuova normativa sull’arbitrato internazionale, nella parte in cui prevede il divieto di impugnazione per motivi di diritto anche per i lodi emessi in procedimenti arbitrali iniziati dopo la sua entrata in vigore ma attivati sulla base di clausola compromissoria stipulata anteriormente”.

Sulla base delle esposte considerazioni, ritenendo che la decisione della Corte di merito sia pienamente conforme al principio di diritto affermato dalla Corte di legittimità, che a sostegno sia stata dispiegata motivazione congrua e non contestata, che l’interpretazione data delle norme sia conforme a lettera e ratio ed immune da alcun sospetto di incostituzionalità, devesi rigettare il ricorso regolando le spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Ministero degli Affari Esteri a corrispondere alla società controricorrente le spese di giudizio che determina in Euro 4.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre accessori di legge e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA