Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9268 del 06/04/2021

Cassazione civile sez. I, 06/04/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 06/04/2021), n.9268

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina Anna R. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 24481/2015 proposto da:

General Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, in via degli Scialoja n.

18, presso lo studio dell’avvocato Magliocca Antonio, che la

rappresenta e difende, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Allianz s.p.a., già Riunione Adriatica di Sicurtà s.p.a., in

persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Vicolo Orbitelli n. 31, presso lo studio

dell’avvocato Clemente Michele, che la rappresenta e difende, con

procura speciale in calce al controricorso;

T.G., elettivamente domiciliato in Roma, in via G. Mazzini

n. 11, presso lo studio dell’avvocato Di Rienzo Pasquale,

rappresentato e difeso dall’avvocato Busiri Vici Mario, con procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

Università degli Studi di Perugia, in persona del legale rappres.

p.t.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1132/2013 del TRIBUNALE di PERUGIA, depositata

il 16/08/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/12/2020 dal Cons., Dott. CAIAZZO ROSARIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

NARDECCHIA GIOVANNI BATTISTA, che si riporta alla requisitoria

scritta;

uditi l’avvocato Di Rienzo Pasquale con delega scritta per il

controricorrente T. e l’avvocato Clemente Michele per la

controricorrente Allianz s.p.a., entrambi i difensori si riportano

agli atti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione notificata il 19.10.04, la General Costruzioni s.r.l. citò innanzi al Tribunale di Perugia l’Università degli Studi di Perugia, chiedendo la risoluzione del contratto d’appalto stipulato il 23.10.03 per colpa dell’Università e la conseguente condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni, per la somma di Euro 252.911,94 oltre interessi e rivalutazione, ovvero nella diversa misura emergente in corso di causa.

In particolare, l’attrice esponeva: di aver stipulato con la convenuta un appalto avente ad oggetto l’esecuzione dei lavori di restauro, consolidamento e miglioramento sismico riguardanti una parte del complesso edilizio, sede della facoltà di Agraria e del terzo chiostro, per l’importo di Euro 1.003.260,53; l’Università non le aveva fornito la progettazione esecutiva necessaria per poter eseguire gli interventi programmati, poichè i progetti consegnati erano privi di adeguate indicazioni di dettaglio, precisando che la direzione dei lavori, nel tentativo di colmare tali lacune, le aveva trasmesso gli elaborati grafici integrativi con cadenza settimanale, precludendo così la corretta programmazione del lavoro; il 3.4.04 era stata costretta a sospendere i lavori, ma successivamente aveva ricevuto la comunicazione della risoluzione contrattuale ad opera dell’appaltante; la condotta omissiva ascritta alla convenuta, complessivamente valutata, configurava un grave inadempimento, legittimando la domanda risarcitoria.

Si costituì l’Università degli Studi di Perugia eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza della domanda; la convenuta proponeva altresì domanda riconvenzionale chiedendo la risoluzione contrattuale per inadempimento della società attrice e la condanna di quest’ultima risarcimento dei danni e al pagamento della penale, poichè non avrebbe portato a termine i lavori appaltati in ragione della sua asserita incapacità tecnica ad eseguirli. L’Università chiamava anche in causa il direttore dei lavori per la manleva relativa ad eventuali condanne al pagamento di somme di denaro a favore dell’attrice; si costituì anche il terzo chiamato.

Spiegava intervento anche la RAS s.p.a., società assicuratrice del T..

Espletata c.t.u. ed acquisite prove testimoniali, con sentenza del 7.8.13, il Tribunale rigettò le domande dell’attrice, accogliendo parzialmente la riconvenzionale sulla penale, osservando che: la progettazione esecutiva consegnata alla società appaltatrice era conforme ai requisiti previsti dalla L. n. 109 del 1994 e che le ulteriori indicazioni fornite in corso d’opera all’impresa non avevano aggiunto nulla rispetto alle categorie di lavorazioni ed alla spesa consuntiva già contemplate nel contratto d’appalto e nella progettazione ad esso allegata, per cui esse non avrebbero potuto costituire una variante rispetto ai documenti originari; quanto alla riconvenzionale, la convenuta non aveva provato i maggiori danni che avrebbe sostenuto a causa dell’asserito ritardo dei lavori causati dall’appaltatrice e quelli riconducibili al successivo affidamento dei lavori ad altra impresa o imputabili alle retribuzioni del personale impiegato nell’appalto; era invece da accogliere la domanda relativa alla penale contrattualmente stabilita.

La General Costruzioni s.r.l. propose appello avverso la suddetta sentenza, impugnandola nella parte in cui era stato escluso l’inadempimento della parte convenuta in ordine alla consegna della progettazione esecutiva, rilevando che: nella fattispecie non era stato rispettato la L. n. 109 del 1994, art. 16, comma 5, che imponeva all’appaltante di porre a base della gara un progetto esecutivo completo di tutti gli elaborati di cui al D.P.R. n. 554 del 1999, art. 35 poichè il progetto consegnato era privo delle relazioni specialistiche, degli elaborati grafici delle strutture e degli impianti, dei calcoli strutturali e delle verifiche statiche locali; il D.P.R. n. 554, art. 219 prevedeva la possibilità d’integrazione della documentazione, ma non anche la possibilità di colmare la totale mancanza documentale indispensabile in corso d’opera; non essendo intervenute proroghe dei tempi d’ultimazione delle diverse fasi dei lavori, l’impresa appaltatrice non avrebbe potuto ritenere eseguibile un progetto modificato di oltre il 70%; la motivazione del Tribunale aveva recepito le conclusioni della c.t.u. in maniera acritica; erano stati esclusi, senza motivo, i danni richiesti, perchè non indicati nella citazione, ben potendo invece essi essere specificati in corso di causa.

Con ordinanza emessa il 14.7.15, la Corte territoriale dichiarò l’appello inammissibile osservando che: l’appellante non aveva espresso specifiche censure delle motivazioni adottate dal Tribunale, avendo solo ribadito nell’atto d’impugnazione i rilievi già formulati in primo grado, peraltro oggetto dei chiarimenti richiesti al c.t.u.; non erano state allegate le prove dei danni che l’appellante avrebbe subito a fronte, peraltro, di un inadempimento lamentato, ma escluso dal Tribunale che aveva posto a sostegno della pronuncia la relazione del c.t.u. e i chiarimenti resi da quest’ultimo; pertanto, in mancanza di nuove argomentazioni in grado di scalfire l’impianto logico della sentenza impugnata, l’appello era da considerare inammissibile ex artt. 348bis e ter c.p.c., in mancanza di ragionevole probabilità di accoglimento, con conseguente integrale richiamo e conferma della sentenza di primo grado.

La General Costruzioni s.r.l. ricorre in cassazione, avverso la sentenza emessa dal Tribunale, con quattro motivi, illustrati con memoria.

Resistono con controricorso l’Università degli studi di Perugia, l’Allianz s.p.a. e T.G., illustrati con memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 109 del 1994, art. 16, comma 5 e art. 21, comma 1, lett. c), avendo il Tribunale ritenuto non rilevante la mancanza delle relazioni specialistiche (geologica e geotecnica), degli elaborati grafici delle strutture e degli impianti, e dei calcoli strutturali delle verifiche statiche locali in quanto non necessari ai fini della realizzazione delle opere, senza considerare il mancato aggiornamento della tempistica dell’appalto, dato che la prassi dell’Università di inviare settimanalmente le istruzioni operative aveva impedito un’idonea programmazione dei lavori. Inoltre, la società ricorrente lamenta l’avvenuta risoluzione del contratto, comunicata dalla Università, tenuto conto del fatto che essa aveva manifestato l’intento di riprendere i lavori, ma solo a definizione delle opere da farsi.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 554 del 1999, artt. dal 36 al 45 e del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 219 avendo il Tribunale ritenuto che gli elaborati depositati, seppure privi di elementi di dettaglio, erano completabili con la consegna, in corso d’opera, di tavole aggiuntive, senza tener conto che gli elaborati non presentati ab initio erano essenziali per il progetto dovendo essere indicati e presentati sin dalla fase iniziale del rapporto, considerando altresì che neppure con la documentazione integrativa erano state colmate le lacune del progetto esecutivo.

Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 207 del 2010, art. 160 avendo il Tribunale errato nel ritenere che la società ricorrente non abbia provato i danni subiti, in quanto essi sono contemplati e quantificati dalla legge nell’ipotesi di sospensione ed interruzione dei lavori per causa non imputabile all’appaltatrice, per cui, una volta richiesta la c.t.u. e prodotta la propria c.t.p., non era necessaria nessuna prova sul punto. La ricorrente lamenta altresì la contraddittorietà e illogicità della motivazione desumibile dal fatto che il giudice di primo grado, da un lato ha condannato la ricorrente al pagamento della penale, ma dall’altro, avendo nel contempo respinto la domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento, avrebbe implicitamente ammesso l’illegittimità della comunicazione di risoluzione dell’Università e la mancanza di responsabilità dell’appaltatrice, poichè, diversamente argomentando, il giudice avrebbe pronunciato la risoluzione contrattuale e condannato la stessa General Costruzioni s.r.l. a risarcire i danni richiesti.

Il quarto motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6, avendo il Tribunale ritenuto inammissibile, perchè nuova, la richiesta espressa nella memoria, redatta a norma del predetto articolo, di pagamento della somma indicata per l’incremento dei prezzi del rame e dell’acciaio, mentre tale domanda costituiva solo un precisazione della domanda introduttiva.

Il Procuratore Generale ha presentato memoria deducendo: l’inammissibilità dei motivi per carenza di autosufficienza, o comunque l’infondatezza del ricorso, atteso che la condotta dell’Università ha rispettato il disposto del D.P.R. n. 554, art. 219 e L. n. 109 del 1994, art. 16 in ordine alla legittimità della modifica in itinere del progetto esecutivo, anche alla luce della L. n. 134, comma 4, D.P.R. n. 554 secondo cui l’appaltatore ha l’obbligo di eseguire tutte le variazioni ritenute opportune dalla stazione appaltante e che il direttore dei lavori gli abbia ordinato, purchè non mutino sostanzialmente la natura dei lavori compresi nell’appalto”, circostanza che però non risulta dimostrata dall’impresa ricorrente.

Anzitutto, va osservato che l’eccezione preliminare di inammissibilità per difetto di autosufficienza dei motivi, sollevata dai controricorrenti, non è fondata, poichè il ricorso delinea ed esplicita in maniera sufficientemente chiara sia i fatti di causa che le doglianze prospettate, salvo che in ordine a qualche punto specifico di cui si dirà.

I primi due motivi, esaminabili congiuntamente perchè tra loro connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

La società ricorrente lamenta che il Tribunale non abbia ritenuto il grave inadempimento dell’Università degli Studi di Perugia che, una volta stipulato il contratto d’appalto, avrebbe fornito all’appaltatrice un progetto privo di adeguate indicazioni di dettaglio e, in particolare, delle relazioni specialistiche (geologica e geotecnica), degli elaborati grafici delle strutture e degli impianti, e dei calcoli strutturali delle verifiche statiche locali. La ricorrente si duole altresì del fatto che il Tribunale abbia escluso il grave inadempimento della parte convenuta, sebbene la relazione del c.t.u. avesse confermato le gravi carenza relative al progetto esecutivo redatto.

In primo luogo, va osservato che la doglianza si appalesa inammissibile, per carenza di autosufficienza, nella parte in cui fa riferimento all’omessa trasmissione delle due suddette relazioni specialistiche, in quanto la ricorrente non specifica in quale fase processuale abbia dedotto tale difesa, nè in quale atto essa sia stata sviluppata. Al riguardo, giova rilevare che neppure nella sentenza impugnata è contenuto un riferimento all’asserita omessa consegna delle citate relazioni.

Premesso ciò, va osservato che parte ricorrente erroneamente si duole che il giudice di primo grado avrebbe disatteso la relazione del c.t.u. circa l’incompletezza e l’ineseguibilità del progetto inerente all’appalto in questione, in quanto dalla motivazione della sentenza impugnata si desume, invece, il c.t.u. ha affermato chiaramente, sia in sede di redazione dell’elaborato peritale, sia in sede di chiarimenti, che l’impresa appaltatrice, sulla base della chiara, completa, e dettagliata documentazione tecnica predisposta dall’appaltatrice e dal progettista e direttore dei lavori, era sicuramente in grado di eseguire le opere appaltate, nei tempi e nei modi stabiliti dal contratto stipulato.

In particolare, dagli atti si evince che, contrariamente a quanto esposto dalla ricorrente, il c.t.u. ha ravvisato che l’unica lacuna degli elaborati progettuali iniziali consisteva nella mancanza di particolari costruttivi di dettaglio che, però, erano desumibili dalle note definite nel computo metrico e da alcune diciture esplicite sui profilati, sulla loro dimensione e sull’interasse, nonchè in corso d’opera, attraverso la presentazione e la consegna all’impresa di tavole aggiuntive di dettaglio contenenti i particolari costruttivi necessari. Il c.t.u. ha altresì precisato che tali ulteriori indicazioni, fornite in corso d’opera all’impresa appaltatrice, non aggiungevano nulla rispetto alle categorie di lavorazioni ed alla spesa consuntiva già contemplata dal contratto e dalla progettazione ad esso allegata sin dall’inizio, sicchè esse non avrebbero potuto costituire una variante rispetto a quanto originariamente previsto.

Il vizio dedotto nei primi due motivi è declinato attraverso un’ulteriore doglianza della ricorrente, circa la mancata verifica, da parte del giudice di secondo grado, dei termini di esecuzione dei lavori appaltati, considerando la prassi invalsa secondo la quale l’Università convenuta forniva alla società appaltatrice istruzioni operative con cadenza settimanale, ciò che avrebbe, a dire della ricorrente, impedito un’idonea programmazione dei lavori, con costante rallentamento degli stessi.

Al riguardo, occorre premettere che tale questione, afferente a diversa causa petendi relativa alla risoluzione per inadempimento contrattuale rispetto a quella fondata sull’incompletezza del progetto esecutivo, deve ritenersi nuova, nel senso che la ricorrente non ha chiarito di averla dedotta nell’atto di citazione introduttivo del giudizio, nè di averla prospettata nell’atto d’appello. Inoltre, dalla motivazione dell’ordinanza impugnata s’evince che la ricorrente aveva lamentato, in primo grado, la sola incompletezza del progetto dei lavori che avrebbe determinato danni conseguenti all’interruzione e sospensione dei lavori stessi, senza nessuna doglianza riferita all’inosservanza di termini contrattuali di esecuzione delle opere, ovvero di prassi invalse al riguardo tra le parti. Giova comunque evidenziare che il c.t.u. ha precisato che la trasmissione degli elaborati di dettaglio in corso d’opera alla ricorrente non aveva rallentato il buon andamento dei lavori.

Il terzo motivo è infondato. Invero, l’accertata legittimità della condotta contrattuale dell’Università degli Studi di Perugia esclude ogni forma d’inadempimento e, dunque, i danni lamentati in domanda che, peraltro, non sono stati specificamente allegati, avendo la ricorrente fatto un generico rinvio alle norme che assume violate.

Il quarto motivo è inammissibile. Al riguardo, il Tribunale ha ritenuto che la domanda di pagamento dell’incremento del costo del rame e dell’acciaio sia inammissibile poichè proposta per la prima volta nella memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6. La ricorrente lamenta che la sentenza di primo grado avrebbe erroneamente applicato la suddetta norma, in quanto tale richiesta di pagamento sarebbe stata compresa nella domanda introduttiva del giudizio e, poi, specificata nella stessa memoria.

Ora, la ricorrente si è limitata ad allegare di aver formulato la domanda di pagamento in questione in citazione, ma senza trascriverne il contenuto rilevante, precludendo al collegio la verifica sull’asserita violazione dell’art. 183 c.p.c. e, dunque, sulla novità della stessa domanda.

Infine, va rilevato che nella memoria illustrativa, parte ricorrente lamenta anche un vizio di relativo ad asserita motivazione apparente della sentenza impugnata, introducendo così un’inammissibile nuova doglianza rispetto ai motivi del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore di ciascun controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 7200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali, e oneri accessori.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2021

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