Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9263 del 20/05/2020

Cassazione civile sez. III, 20/05/2020, (ud. 16/12/2019, dep. 20/05/2020), n.9263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12286-2016 proposto da:

M.G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

B BUOZZI, 51 ST CARDI, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO

VERNOLA, rappresentato difeso dall’avvocato GIANLUCA ARMIGERO;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO FINANZIARIO DEL MEZZOGIORNO (IFIM SPA), in persona del

Procuratore Generale e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APUANIA 12, presso lo studio

dell’avvocato SALVATORE MUCCIO, rappresentato e difeso dagli

avvocati SERGIO MANIGRASSI, GIUSEPPE MOTTOLESE;

– controricorrente –

e contro

BANCA POPOLARE DI PUGLIA E BASILICATA SCPA, MA.PR.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 233/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 08/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/12/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.G.S. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 233 dell’8/3/2016 che, rigettando il suo appello principale e quello incidentale di parte appellata ed accogliendo solo altro incidentale per le spese di lite, ha sostanzialmente confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato, su domanda del creditore Banca Popolare di Puglia e Basilicata, la revocatoria di un atto di alienazione della nuda proprietà di due appartamenti siti nel territorio di (OMISSIS) trasferita da Ma. a M.G. per il prezzo di Lire 75.840.000. La Banca aveva chiesto dichiararsi la revocatoria dell’atto di alienazione nei confronti della Ma., in quanto fidejussore della società Iseco srl nei cui confronti era stata disposta un’apertura di conto corrente bancario divenuto sofferente nel tempo. Nel giudizio di primo grado era altresì intervenuto l’Istituto Finanziario del Mezzogiorno in qualità di successore a titolo particolare nel diritto di credito originariamente vantato dalla Banca Popolare di Puglia e Basilicata.

La sentenza d’appello, per quel che ancora qui di interesse, ha ritenuto inammissibile il motivo di appello sul difetto di titolarità del diritto controverso da parte di Ifim, a seguito di cessione del diritto da parte della Banca Popolare di Puglia e Basilicata, ribadendo la tardività dell’eccezione sollevata in primo grado e ritenuta tardiva dal giudice, con sentenza non impugnata. La Corte d’Appello ha ritenuto che, in difetto di specifica impugnazione, sulla tardività dell’eccezione si fosse formato il giudicato.

Ancora il giudice d’appello ha rigettato il motivo relativo alla pretesa inutilizzabilità della disposta CTU non potendo la stessa costituire mezzo di prova, ritenendo versarsi in un caso in cui l’accertamento di determinate questioni di fatto – prezzo di mercato degli immobili compravenduti – accessorie e rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza e non di fatti e situazioni che, in quanto posti direttamente a fondamento della domanda, avrebbero dovuto essere necessariamente provati dalle parti non potevano che essere accertati se non con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche. Quanto alle censure volte alle valutazioni ed accertamenti contenuti nella relazione del consulente tecnico d’ufficio il Giudice ha dato atto che lo stesso consulente abbia risposto con una relazione integrativa.

Le ulteriori statuizioni del giudice appello rilevanti in questa sede riguardano il regime delle spese di lite, compensate tra le parti in primo grado e riformate in appello a seguito di accoglimento dell’appello incidentale di Ifim e della Banca Popolare di Puglia e Basilicata.

Il Giudice ha ritenuto che la statuizione di compensazione delle spese che, ratione temporis, poteva essere disposta “per giusti motivi” non trovava un adeguato supporto motivazionale nella sentenza, di guisa che la stessa andava riformata nel senso della condanna di M.G.S. e di Ma.Pr. a pagare ad Ifim e a Banca Popolare di Puglia e Basilicata le spese del doppio grado del giudizio. Avverso la sentenza M.G.S. propone ricorso per cassazione, affidandosi ad otto motivi, illustrati da memoria. Resiste l’Ifim Spa con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 324 e 2909 c.c. e art. 112 c.p.c. in relazione alla ritenuta tardività dell’eccezione di difetto di legittimazione attiva di Ifim SpA. La sentenza impugnata, giudicando inammissibile il relativo motivo di appello, ha confermato la statuizione di primo grado secondo la quale la questione della titolarità del diritto controverso, afferendo al merito della causa, avrebbe dovuto essere sollevata nei termini delle eccezioni in senso stretto. Il Giudice del gravame ha aggiunto che, in mancanza di detta tempestiva contestazione, sulla tardività dell’eccezione si sarebbe formato il giudicato. Il ricorrente contesta che sulla questione si sia potuto formare il giudicato interno alla luce della giurisprudenza di questa Corte a sezioni unite n. 2951 del 2016 che, ribadita la distinzione tra legittimazione ad agire e titolarità del diritto sostanziale fatto valere in giudizio e l’afferenza del secondo profilo al merito della causa, ha comunque ammesso che il convenuto possa eccepire il difetto di titolarità dell’attore con una mera difesa, non soggetta a decadenza in qualsiasi stato e grado del giudizio e che sul punto il giudice possa pronunciarsi anche d’ufficio, trattandosi di un elemento costitutivo della domanda.

1.1 Il motivo è fondato. In effetti a seguito della pronuncia a sezioni unite del 2016 n. 2951 la questione della titolarità del diritto, distinta dalla legittimazione ad agire, pur afferendo al merito ed in particolare al diritto fatto valere in giudizio, non rientra tra le eccezioni in senso stretto, soggette alle preclusioni processuali dell’art. 167 c.p.c., potendo il convenuto sollevare in ogni tempo del giudizio una mera difesa per contestare la titolarità del diritto fatto valere dall’attore e potendo la questione essere sollevata d’ufficio dal giudice (in questo senso anche Cass. 6-3, n. 30545 del 20/12/2017; Cass., 2, n. 20721 del 13/8/2018; Cass., 3, n. 11744 del 15/5/2018).

Ne consegue che la sentenza andrà in parte qua cassata con obbligo per il giudice del merito di riesaminare la questione della titolarità del diritto.

2. Con il secondo motivo di ricorso l’impugnante solleva la violazione degli artt. 61 e 191 c.p.c. con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione al capo della sentenza che ha ritenuto ammissibile la CTU disposta al fine di accertare il valore di mercato del bene alienato, respingendo il motivo di appello con il quale si denunciava la mancata allegazione e prova di tale elemento da parte dell’attore, rispetto alla quale mancanza non sarebbe stato possibile disporre una CTU meramente esplorativa.

2.1 Il motivo non è fondato. La CTU è stata disposta al fine di ottenere l’acquisizione al giudizio di un elemento tecnico, quale la stima di valori immobiliari in un determinato momento storico ed in relazione ad un certo mercato, in quanto nel caso in cui il valore posto a base della compravendita fosse risultato molto esiguo rispetto a quello di mercato, ciò avrebbe gettato luce sulla partecipatio fraudis dell’acquirente alla volontà del debitore di sottrarre un bene alla garanzia patrimoniale del creditore. Si tratta, con evidenza, di un giudizio di congruità di tipo squisitamente tecnico che consente, secondo la giurisprudenza di questa Corte, di derogare anche all’onere di allegazione e di prova incombente sulla parte quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto, peraltro accessorie non potendo escludersi il consilium fraudis del terzo in caso di congruità del prezzo di vendita, possa effettuarsi soltanto con il ricorso a specifiche cognizioni tecniche. In tali casi si ammette lo svolgimento di una consulenza tecnica cd. percipiente, volta cioè non solo alla valutazione tecnica dei fatti ma direttamente alla loro acquisizione al giudizio (Cass., 3, n. 11359 del 31/7/2002; Cass., 3 n. 11317 del 21/2/2003; Cass., L, n. 8297 del 21/4/2005; Cass., 3, n. 1020 del 19/1/2006; Cass., 3, n. 4792 del 26/2/2013).

3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la nullità della sentenza, con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2: difetto assoluto di motivazione quanto alle critiche mosse dall’appellante alla CTU. Ad avviso del ricorrente la sentenza avrebbe riservato una motivazione meramente apparente alle critiche alla CTU svolte dall’appellante.

3.1 Il motivo, in disparte profili di inammissibilità perchè le questioni dedotte, pur se nella forma di un vizio in procedendo, in realtà attengono al merito, è comunque infondato in quanto la sentenza ha fatto riferimento, per rispondere alle critiche sollevate da parte appellante alla CTU, alle osservazioni svolte dallo stesso consulente con la relazione integrativa del 24/7/2001 rispetto alle quali non risultano svolte ulteriori argomentazioni critiche.

4. Con il quarto motivo solleva nullità della sentenza (con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per violazione dell’art. 132 c.p.c. con riferimento alle condizioni di applicabilità dell’art. 92 c.p.c., comma 2: difetto di motivazione. Si riferisce al capo della sentenza d’appello che, in accoglimento dell’appello incidentale di Ifim e di Banca Popolare di Puglia e Basilicata, ha riformato la pronuncia di primo grado sul punto in cui aveva disposto la compensazione delle spese di lite. Ad avviso del ricorrente la Corte d’Appello avrebbe dovuto motivare sulla mancanza di ragioni che giustificavano la pronuncia di compensazione, non potendo adottare una pronuncia di riforma in difetto dello scrutinio circa la sussistenza delle condizioni richieste dall’art. 92, comma 2 allora vigente.

5. Con il quinto motivo di ricorso censura la violazione dell’art. 91 c.p.c. nonchè del D.M. 8 aprile 2004, n. 127 e del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Ad avviso del ricorrente la sentenza sarebbe da cassare sul punto della liquidazione delle spese del primo grado del giudizio per non aver applicato la normativa vigente ratione temporis.

6. Con il sesto motivo l’impugnante censura la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2: difetto assoluto di motivazione sull’applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, commi 2 e 4. Assume che la sentenza avrebbe omesso di motivare sulla disposta riduzione del 30% ai sensi dell’art. 4 della normativa di riferimento.

7. Con il settimo motivo censura la violazione dell’art. 91 c.p.c. e del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 4, commi 2 e 4.

4-5-6-7 I motivi possono essere trattati congiuntamente perchè tutti relativi alla statuizione con la quale la Corte territoriale, accogliendo l’appello incidentale di Ifim e di Banca Popolare di Puglia e Basilicata, ha riformato il capo della sentenza di primo grado relativa alla compensazione delle spese di lite. I motivi sono tutti infondati perchè la Corte d’Appello ha assolto al proprio obbligo di motivazione laddove ha ritenuto che, nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a) il provvedimento di compensazione delle spese doveva trovare un adeguato supporto motivazionale, dovendo le ragioni giustificatrici dello stesso risultare in modo inequivoco dalla sentenza. La Corte territoriale ha affermato che, in mancanza di idonea esposizione dei motivi, la decisione di compensazione delle spese doveva essere riformata.

Quanto alla disciplina applicabile non può dubitarsi che nella fattispecie trovino applicazione i parametri fissati dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55 la cui disciplina transitoria, contenuta nell’art. 28, ne prevede espressamente l’applicazione alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore. Ne discende che detto regolamento ministeriale prevale anche laddove si tratti di controversia iniziata e svolta in tutto o in parte sotto la vigenza delle abrogate tariffe professionali. In ogni caso il ricorrente ha beneficiato di una liquidazione delle competenze di gran lunga inferiore rispetto all’applicazione del D.M. 8 aprile 2004, n. 127 ex adverso invocato, sicchè neppure sussiste un interesse a sostenere i motivi di ricorso che rimettono in discussione il quantum della condanna alle spese, ivi compreso il motivo che censura la motivazione della Corte territoriale con cui si dà atto della riduzione del 30% delle spese processuali in applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4.

8. Con l’ottavo motivo di ricorso l’impugnante denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2: difetto assoluto di motivazione in ordine alla sussistenza delle condizioni di applicabilità dell’art. 97 c.p.c., comma 1. La sentenza sarebbe erronea per aver condannato entrambi i soccombenti alle spese, in solido tra loro, in assenza di alcuna specifica motivazione sulla loro comunanza di interessi.

8.1 Il motivo è infondato. La condanna in solido può essere resa d’ufficio e sottende una valutazione discrezionale dell’organo giudicante sulla ricorrenza di un interesse comune non censurabile in sede di legittimità, interesse comune nella specie certamente sussistente tra il M. e la Ma..

9. Conclusivamente il ricorso va accolto in relazione al primo motivo, relativo alla statuizione di tardività della eccezione sul difetto di legittimazione ad agire di Ifim SpA, rigettati gli altri, la sentenza va cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Bari in diversa composizione, per nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Bari,in diversa composizione, per nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 16 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2020

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