Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9263 del 11/04/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. III, 11/04/2017, (ud. 02/02/2017, dep.11/04/2017),  n. 9263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20808/2014 proposto do:

EUROTHERMO SPA, in persona dell’Amministratore Unico e legale

rappresentante pro tempore I.C., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA GERMANICO 109, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA

SEBASTIO, rappresentata e difesa dall’avvocato ATTILIA FRACCHIA,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), A.C.M.A.,

O.C., B.S., R.A., P.C.,

M.P., L.F., V.G., M.M.L.,

T.W., RI.AL., STUDIO LOCURCIO IMMOBILIARE ANNA

SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 328/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 27/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/02/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del 2^ e 3^;

rigetto degli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 27 gennaio 2014 la Corte di appello di Milano ha accolto l’impugnazione proposta da Eurothermo s.p.a. avverso la decisione del Tribunale di Milano con la quale era stata rigettata la domanda proposta da quest’ultima nei confronti del Condominio (OMISSIS), per il pagamento della somma di complessivi Euro 63.518,79, oltre interessi, inerente a fatture (per la fornitura di gasolio per riscaldamento) insolute.

Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte territoriale ha premesso, in primo luogo, che Eurothermo aveva ridotto la pretesa indicandola nelle conclusioni di primo grado nella somma residua di Euro 9.254,04, oltre interessi legali e/o convenzionali da applicarsi dalle scadenze delle singole fatture al saldo e ha ritenuto, in secondo luogo, contrariamente a quanto asserito dal giudice di prime cure, insussistente la negligenza del creditore e la conseguente addebitabilità del danno patito, fatta dipendere dalla mancata collaborazione prestata secondo i canoni previsti dagli artt. 1175, 1227 e 1375 c.c.. In particolare, la Corte di appello ha affermato che la società creditrice ha agito in giudizio soltanto per il pagamento di capitale e interessi, non chiedendo affatto il risarcimento del danno da inadempimento dell’obbligazione e, pertanto, ha negato l’applicabilità alla fattispecie in esame sia della norma del concorso del fatto colposo del creditore sia di quelle in tema di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto. La Corte territoriale ha, quindi, ritenuta fondata la domanda di pagamento e condannato il Condominio al pagamento della somma residua di Euro 9.254,05, con gli interessi legali dalle scadenze delle singole fatture al saldo.

La sentenza della Corte di appello è stata impugnata da Eurothermo con ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. La stessa società ricorrente ha depositato memoria.

Va rilevato che il Collegio ha disposto la redazione della presente sentenza in forma semplificata mediante “la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi di fatto e di diritto della decisione” in osservanza dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nel testo vigente, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche dettate dalla L. n. 18 giugno 2009, n. 69.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo (“A. – Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: nullità della sentenza per carenza assoluta o mera apparenza di motivazione: art. 132 disp. att. c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c.; art. 112 c.p.c.. B. – Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione o falsa applicazione degli artt. 1282 e 1224 c.c.”) si lamenta che il giudice di appello, a fronte della specifica domanda volta a vedersi riconoscere “gli interessi convenzionali e/o legali a seconda del tipo di fattura” “non ha fornito alcuna spiegazione logica del perchè le fatture impagate di fornitura calore (per le quali era stato convenzionalmente stabilito il tasso del 9,25%) dovessero anch’esse essere assoggettate al tasso legale” fornendo, a riguardo, “mera apparenza di motivazione”, “omessa pronunzia”, violando “il disposto degli artt. 1282 e 1224 e la libertà contrattuale delle parti”.

1.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

E’ inammissibile quanto alla denunciata violazione della disciplina in materia di liquidazione degli interessi nelle obbligazioni pecuniarie, atteso che la ricorrente ha omesso, in violazione del disposto di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4, di trascrivere le specifiche clausole convenzionali sul saggio di interesse pattuite tra le parti e di specificare quale tra le quattro fatture oggetto di controversia fosse quella cui applicare il tasso di interesse convenzionale pattuito, non consentendo a questa Corte di verificare la pretesa erroneità dell’applicazione della disciplina normativa evocata (Cass. sez. L., n. 25728 del 2013, tra le molte conformi).

E’ infondato quanto alla pretesa nullità della sentenza tenuto conto che non sussiste il vizio di omessa pronunzia lamentato (per carenza assoluta o mera apparenza di motivazione) per come ricostruito dall’orientamento consolidato di questa Corte che lo ravvisa nella totale carenza di considerazione della domanda o dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto; (cfr. Sez. 6-3, Ordinanza 8 ottobre 2014, n. 21257, Rv. 632914-01). Viceversa, la Corte territoriale, lungi dall’aver omesso di pronunciarsi su una domanda di parte o dall’aver reso una motivazione incomprensibile o apparente, ha debitamente dato conto delle ragioni per le quali appariva giustificato applicare il saggio legale agli interessi dovuti sulla complessiva somma liquidata di Euro 9.254,05 (quale saldo per capitale residuo “corrispondente a quello individuato dallo stesso CTU”) osservando che l’accordo transattivo era stato revocato dalla creditrice stessa e che tre delle quattro fatture esaminate concernevano “lavori e non forniture”, per le quali erano applicabili gli interessi legali.

Semmai, la ricorrente avrebbe dovuto censurare il capo di motivazione a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e non come omessa pronunzia ex art. 360 c.p.c., n. 4.

2. Con il secondo motivo (“Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: omessa pronunzia art. 112 c.p.c.”) si lamenta che la Corte territoriale si sia limitata ad affermare in motivazione che “le somme già versate dal condominio come da ricevuta in atti a titolo di spese giudiziali, in forza della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado, andranno di conseguenza restituite all’appellante dal condominio” omettendo di pronunziare in dispositivo condanna in tal senso.

2.1. Il motivo è fondato.

Va, anzitutto, osservato che, a fronte della richiesta avanzata in appello di “condannare il Condominio e gli appellanti intervenuti, in via solidale tra loro, alla restituzione di quanto pagato da Eurothermo a titolo di spese di soccombenza in data 6.9.2010”, nel dispositivo non vi è alcuna statuizione sul punto. Ciò integra di per sè il vizio di omessa pronunzia a norma dell’art. 112 c.p.c., essendo irrilevante che nella motivazione la sentenza impugnata dia atto che “Le somme già versate al Condominio come da ricevuta in atti, a titolo di spese giudiziali, in forza della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado, andranno di conseguenza restituite dal soccombente all’appellante dal condominio”.

Come già affermato da questa Corte, la mancata statuizione – nel dispositivo della sentenza – in ordine ad un determinato capo della domanda configura il vizio di omessa pronuncia riguardo a quel capo, denunciabile ai sensi dell’art. 112 c.p.c., non potendo la relativa decisione desumersi da affermazioni contenute nella sola motivazione (Cass., Sez. 3, 24 maggio 2007 n. 12084 Rv. 598086-01).

Ne consegue che la domanda di restituzione delle spese processuali va accolta.

3. Con il terzo motivo (“Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., nonchè del D.M. n. 127 del 2004”) si lamenta che la Corte di appello nel liquidare le spese del primo grado ha compiuto “una liquidazione generica, sintetica, determinando soltanto l’importo per diritti e onorari, senza indicare in alcun modo le voci (eventualmente) escluse, pure se specificate nella notula presentata dal difensore in quanto non consentono il controllo sulla correttezza della liquidazione” non conforme agli orientamenti consolidati richiamati di questa Corte. Si lamenta altresì che nella liquidazione delle spese di secondo grado sia stata omessa “totalmente la liquidazione delle spese vive, per notifiche, marche, contributo unificato, esposte in Euro 244,58”.

3.1 Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

In via generale va rammentato che il giudice di appello, una volta riformata in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, dato che l’onere di esse va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite (Cass. 4 aprile2006, n. 7846; Cass., ord. 14 ottobre 2013, n. 23226; Cass., ord., 18 marzo 2014, n. 6259; Sez. 3, 14 ottobre 2015 n. 20604 Rv. 637583-01).

Nella fattispecie in esame, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa il giudice non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilità dei relativi minimi, a norma della L. n. 794 del 1942, art. 24 (Cass. 29 maggio 2013, n. 13433, in motivazione; Cass. 8 agosto 2013, n. 18906).

A tali principi non risulta si sia attenuta la Corte di merito che ha anche omesso di provvedere in relazione agli esborsi del doppio grado.

4. Con il quarto motivo (“A. – Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: nullità della sentenza per carenza assoluta o mera apparenza di motivazione: art. 132 disp.att. c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c.; art. 112 c.p.c.. B. – Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione o falsa applicazione degli artt. 88 e 89 c.p.c.; art. 2059 c.c.; art. 185 c.p., comma 2”) si lamenta che la Corte territoriale sulla richiesta di cancellazione delle frasi sconvenienti e offensive rivolte dai resistenti all’indirizzo del difensore di Eurothermo ha reso “una motivazione del tutto apodittica” asserendo erroneamente, per un verso, che non vi fosse specifica indicazione delle frasi e, per l’altro, che “il tenore complessivo delle difese, per quanto acceso, non supera i limiti della dovuta continenza”.

4.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

E’ inammissibile quanto alla denunciata violazione degli artt. 88 e 89 c.p.c. e art. 2059 c.c.. Questa Corte ha ripetutamente affermato che quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione e falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina; diversamente il motivo è inammissibile, in quanto non consente alla Corte di Cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 828 del 16 gennaio 2007, Rv. 593743; Cass. civ., Sez. L, Sentenza n. 15768 del 16 luglio 2007, Rv. 598365; Cass. civ., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 635 del 15 gennaio 2015, Rv. 634359). Nel caso di specie, non risultano pertanto sviluppati argomenti in diritto con i contenuti richiesti dal combinato disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

E’ infondato quanto alla pretesa nullità della sentenza tenuto conto che non sussiste il vizio di omessa pronunzia lamentato (per carenza assoluta o mera apparenza di motivazione) per come ricostruito dall’orientamento consolidato di questa Corte e sopra meglio richiamato in relazione al primo motivo. Contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, la Corte territoriale, lungi dall’aver omesso del tutto di pronunciarsi su una domanda di parte o dall’aver reso una motivazione incomprensibile o apparente, ha accertato, sebbene con qualche imprecisione (dando conto che non vi fosse specifica indicazione delle frasi ritenute offensive), comunque, che il tenore complessivo delle difese, per quanto acceso, non superasse “i limiti della dovuta continenza”. Anche in questa ipotesi la ricorrente avrebbe dovuto censurare il capo di motivazione a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e non come omessa pronunzia a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

5. In conclusione vanno rigettati i motivi primo e quarto e vanno accolti il secondo e il terzo; la sentenza impugnata va cassata in relazione a questi ultimi.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti o valutazioni fattuali, questa Corte decide nel merito, in primo luogo, nel condannare il Condominio a restituire quanto ricevuto dalla società Eurothermo a titolo di spese giudiziali in esecuzione della sentenza di prime cure; è stata invero da quest’ultima fornita la prova di aver pagato le spese processuali al Condominio in esecuzione della sentenza di prime cure da documentazione prodotta in atti (sub doc. 9).

In secondo luogo, quanto alle spese del doppio grado, ritiene, il Collegio che siano applicabili per il primo grado le Tariffe di cui al D.M. n. 127 del 2004 e per il secondo grado i “nuovi” parametri dettati dal D.M. 20 luglio 2012, n. 140, art. 41, allora, rispettivamente, vigenti.

Pertanto, tenuto conto dell’esito complessivo del giudizio, della natura e del valore della controversia, delle note spese depositate, dell’attività processuale quale risulta dagli atti, della particolare complessità delle questioni trattate ed applicando le tariffe vigenti alla data in cui l’attività processuale in parola è stata svolta sia per il giudizio di primo grado sia per quello di secondo grado, gli intimati, in ragione del criterio della soccombenza, vanno condannati, in solido tra loro, al pagamento, in favore della ricorrente delle spese del doppio grado così come liquidate in dispositivo.

6. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte, rigetta i motivi primo e quarto e accoglie i motivi secondo e terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, condanna, il Condominio e i condomini intimati, in solido tra loro:

– a restituire quanto ricevuto dalla società Eurothermo a titolo di spese giudiziali, in esecuzione della sentenza di primo grado;

– al pagamento in favore della ricorrente delle spese del primo grado di giudizio, che liquida, per l’intero, complessivamente in Euro 12.233,82, di cui Euro 5.005,00 per diritti, Euro 6.300,00 per onorari ed Euro 928,82 per spese, oltre spese generali e accessori come per legge;

– al pagamento in favore della ricorrente delle spese del secondo grado di giudizio, che liquida, per l’intero, complessivamente in Euro 5.244,54, di cui Euro 244,54 per spese, oltre spese generali e accessori come per legge;

– al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida complessivamente in Euro 2.900,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 2 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA