Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9260 del 11/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 11/04/2017, (ud. 24/01/2017, dep.11/04/2017),  n. 9260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16862-2014 proposto da:

L.M.E., domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPINA CIRIGLIANO giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

PARCO NAZIONALE DEL POLLINO, REGIONE BASILICATA, AMMINISTRAZIONE

PROVINCIALE DI POTENZA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NIZZA

56, presso lo studio dell’avvocato NICOLA PANETTA, che li

rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 40/2014 del TRIBUNALE di LAGONEGRO, depositata

il 17/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2009 L.M.E. convenne in giudizio la Regione Basilicata, la Provincia di Potenza e l’Ente Parco Nazionale del Pollino per ottenere il risarcimento dei danni patiti a causa di due cinghiali che gli tagliavano la strada facendolo così urtare contro un muretto allorquando stava percorrendo con la propria autovettura la strada provinciale S.P. n. (OMISSIS).

Il Giudice di Pace di Chiaromonte dichiarava unico responsabile del sinistro la Regione Basilicata, escludendo la legittimazione passiva degli altri enti convenuti, e per l’effetto, la condannava al pagamento, in favore dell’attore della somma di Euro 2413,70.

2. La decisione è stata riformata dal Tribunale di Lagonegro, con sentenza n. 40 del 17 febbraio 2014, che ha ritenuto, a differenza del giudice di prime cure, il difetto di legittimazione passiva della Regione Basilicata in quanto quest’ultima ha attribuito alla provincia la quasi totalità dei poteri di amministrazione della fauna selvatica nell’ambito del territorio interessato. Ha pertanto rigettato la domanda di risarcimento del danno.

3. Avverso tale pronunzia L.M.E. propone ricorso per cassazione sulla base di un motivo.

3.1 Resiste con controricorso la Regione Basilicata.

4. Il collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il primo ed unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce la “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 112”.

Lamenta il ricorrente che il giudice dell’appello dopo aver dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Regione Basilicata e respingendo la domanda risarcitoria del L. non ha adottato alcuna statuizione nei confronti degli altri enti e cioè la Provincia di Potenza e/o nei confronti dell’Ente Parco Nazionale del Pollino. Il giudice, una volta esclusa la responsabilità della Regione ed accertata quella della Provincia, avrebbe dovuto decidere nel merito ed emettere condanna nei confronti dell’ente individuato come responsabile. Sostiene tra l’altro che non era necessario il proprio appello, ma bastava riproporre la domanda ex art. 346 c.p.c..

Il motivo è infondato.

Il danneggiato è rimasto vittorioso in primo grado nei confronti della Regione, ma non anche nei confronti della Provincia e dell’Ente che aveva pure citato nel giudizio risarcitorio. Avendo il primo giudice accolto la domanda nei confronti della sola Regione (con esclusione della responsabilità degli altri enti citati), il danneggiato è risultato vittorioso verso questa, ma soccombente verso gli altri enti. Sicchè, appellata la sentenza da parte della Regione soccombente, il danneggiato/appellato, in ipotesi dell’accoglimento dell’appello, avrebbe dovuto proporre appello incidentale condizionato nei confronti degli enti assolti nel primo grado. Diversamente, la loro assoluzione è passata in giudicato.

E’, infatti, principio di questa Corte che soltanto la parte vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte e, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c., può limitarsi a riproporle, mentre la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione, di cui intende ottenere l’accoglimento, ha l’onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto della stessa (cfr. Cass. n. 9889/2016).

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 1.800,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2017

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