Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 926 del 17/01/2017

Cassazione civile, sez. III, 17/01/2017, (ud. 20/10/2016, dep.17/01/2017),  n. 926

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25355/2011 proposto da:

G.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SS.

APOSTOLI 81, presso lo studio dell’avvocato SIGISMONDO MEYER VON

SCHAUENSEE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FRANCESCO DE SANTIS giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.

CARONCINI 27, presso lo studio dell’avvocato FLAMINIO SENSI GINNASI

POGGIOLINI, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1570/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito l’Avvocato SIGISMONDO MEYER VON SCHAUENSEE;

udito l’Avvocato FRANCESCO DE SANTIS;

udito l’Avvocato FLAMINIO SENSI GINNASI POGGIOLINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – R.F. e G.C., nelle rispettive vesti di locatore e conduttrice, stipularono, il (OMISSIS), un primo contratto di locazione, non registrato (ovvero, registrato soltanto nell’ottobre 2007), per un canone mensile di Euro 2.600,00 e, poi, il 1 dicembre 2002, ne stipularono un secondo, oggetto di registrazione, per un canone mensile di Euro 400,00. La G. corrispose il canone mensile di Euro 2.600,00 sino ad ottobre 2006, per poi, da novembre dello stesso anno, pagare il canone mensile di Euro 431,25.

1.1. – Il locatore intimò due successivi sfratti per morosità in riferimento al contratto dell'(OMISSIS) e l’adito Tribunale di Roma, nel contraddittorio con la conduttrice, con sentenza n. 10333/2009, dichiarò la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento della G., con condanna di quest’ultima al rilascio dell’immobile. Tanto sul presupposto che il contratto del (OMISSIS) fosse relativamente simulato, quanto al canone di locazione, costituendo il canone indicato nella scrittura del 20 ottobre 2012 la controdichiarazione rispetto al canone dell’accordo anzidetto, trovando ciò riscontro nel fatto che “le parti immediatamente e per lungo periodo avevano dato attuazione” al contratto del (OMISSIS).

1.2. – Nel frattempo la G. propose ricorso per ottenere sulla scorta delle circostanze anzidette – la condanna del R. alla restituzione della somma di Euro 108.719,88, corrisposta in eccesso rispetto a quanto dovuto a titolo di canoni mensili con il contratto di locazione registrato del (OMISSIS); il convenuto contestò la fondatezza della pretesa e propose domanda riconvenzionale per conseguire il pagamento della somma di Euro 38.304,28, a titolo di differenze sull’ammontare dei canoni non corrisposti dall’ottobre 2006 in base al contratto del (OMISSIS).

L’adito Tribunale di Roma, con sentenza n. 10337/2009, in forza delle medesime ragioni assunte dalla predetta sentenza n. 10333/2009, rigettò la domanda della G. ed accolse quella riconvenzionale del R..

2. – Avverso entrambe le richiamate decisioni proponeva impugnazione G.C., che la Corte di appello di Roma, nel contraddittorio con R.F. (che a sua volta proponeva impugnazione incidentale sulla declaratoria di inammissibilità della domanda di simulazione del contratto del (OMISSIS)), riuniti i gravami, rigettava con sentenza resa pubblica il 27 ottobre 2010, altresì ritenendo assorbito l’appello incidentale.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso G.C. sulla base di sei motivi, illustrati da memoria.

Ha resistito con controricorso R.F..

La causa è pervenuta all’udienza odierna a seguito di rinvio, disposto con ordinanza interlocutoria n. 6651 del 1 aprile 2015, in attesa della decisione delle Sezioni Unite in ordine alla questione di massima di particolare importanza sulla portata della nullità negoziale di cui alla L. n. 431 del 1998, art. 13.

In prossimità dell’udienza odierna entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1414 c.c. e segg., anche in relazione alla L. n. 431 del 1998, art. 1, comma 4.

La Corte territoriale avrebbe errato a ritenere “elemento determinante” della simulazione relativa il comportamento della G. concernente la corresponsione del maggior canone di locazione (recato dalla scrittura del (OMISSIS)) per ben quattro anni, posto che trattasi di “elemento presuntivo” che non può sostituire la prova della stessa simulazione tramite una controdichiarazione scritta, dovendo il contratto di locazione, in base alla L. n. 431 del 1998, rivestire la forma scritta ad substantiam.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1414 c.c. e segg., anche in relazione agli artt. 1321 c.c. e segg..

Il giudice di appello avrebbe errato a ritenere valida, ai fini dell’accertamento della simulazione relativa, la controdichiarazione di cui al contratto del (OMISSIS), nonostante che tale scrittura non riconoscesse affatto il contratto “che sarebbe stato simulatamente e successivamente stipulato tra le parti, nè esprimendo l’intento comune dei contraenti di dare vita a un contratto diverso da quello asseritamente simulato”.

3. – Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, contraddittoria, insufficiente ed omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

La motivazione assunta dalla Corte territoriale sarebbe: 1) contraddittoria per aver ritenuto, per un verso, rinvenibile nella scrittura del (OMISSIS) la controdichiarazione “attestativi dell’accordo simulatorio” e, per altro verso, dato dirimente rilievo all’elemento presuntivo del pagamento del maggior canone per un certo periodo di tempo; 2) omessa, per non aver precisato “in quale punto del contratto del 20.10.2002 sarebbe contenuta l’asserita controdichiarazione”, rinviando ad elementi di prova esterni al contratto; 3) insufficiente, per mancata individuazione della “controdichiarazione scritta”.

4. – Con il quarto mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1414 c.c. e segg., anche in relazione agli artt. 1321 e 1322 c.c..

La Corte di appello avrebbe errato a ritenere, in assenza di volontà simulatoria e di controdichiarazione scritta, la simulazione relativa del contratto di locazione inter partes, là dove, invece, il secondo contratto, prevedente un canone diverso e una diversa decorrenza temporale, avrebbe dovuto essere considerato sostitutivo del primo.

5. – Con il quinto mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

La Corte di appello non avrebbe motivato sulla decisiva circostanza che i due contratti di locazione presentavano “notevoli elementi di diversità nel loro contenuto” (segnatamente, quanto al canone, alla decorrenza ed all’aggiornamento Istat); in ogni caso, la motivazione sarebbe insufficiente in ragione della mancata individuazione della controdichiarazione scritta.

6. – Con il sesto mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 431 del 1998, art. 13, anche in relazione agli artt. 1414 c.c. e segg. e della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346.

Il giudice di secondo grado avrebbe errato ad escludere l’applicazione della L. n. 431 del 1998, art. 13, anche al contratto (come nella specie) “non registrato che prevede un canone di locazione superiore a quello previsto da un successivo contratto di locazione del medesimo immobile, ma, a differenza del primo, regolarmente registrato”.

7. – E’ prioritario, e assorbente dell’esame delle ulteriori doglianze, lo scrutinio del sesto motivo, il quale è fondato.

La ratio decidendi su cui si incentra la sentenza impugnata muove dall’accertamento che il contratto di locazione inter partes del (OMISSIS), oggetto di rituale registrazione e recante un canone mensile di Euro 400,00, fosse relativamente simulato, proprio quanto al canone di locazione, costituendo il canone di Euro 2.600,00, indicato nella controdichiarazione di chi alla scrittura del (OMISSIS) (registrata soltanto nell’ottobre 20007), quello effettivamente voluto dalle parti.

Ciò posto, il giudice di secondo grado ha escluso che il “contratto dissimulato” sia affetto da nullità ai sensi della L. n. 431 del 1998, art. 13, sul presupposto (condiviso da Cass. n. 16089 del 2003 e Cass. n. 8148 del 2009) che tale norma non trovi applicazione nella fattispecie in esame.

Siffatta inferenza in diritto è però errata alla luce del più recente arresto rappresentato dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 18213 del 17 settembre 2015 – cui il Collegio intende dare continuità -, che, rimeditando il precedente indirizzo seguito dalle pronunce ricordate dallo stesso giudice di appello, ha enunciato (proprio in controversia di simulazione relativa oggettiva, quanto al canone di contratto di locazione, concluso in epoca precedente all’entrata in vigore della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346) il seguente principio: “in tema di locazione immobiliare ad uso abitativo, la nullità prevista dalla L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 1, sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato e resta dovuto il canone apparente; il patto occulto, in quanto nullo, non è sanato dalla registrazione tardiva, fatto extranegoziale inidoneo ad influire sulla validità civilistica”.

Nella specie, dunque, alla nullità del “patto occulto” del (OMISSIS), che prevedeva un canone mensile di Euro 2.600,00, si oppone la validità del contratto registrato del (OMISSIS), che stabiliva un canone mensile di Euro 400,00.

8. – Vanno, peraltro, disattese, in quanto manifestamente infondate, le eccezioni di legittimità costituzionale prospettate dal controricorrente con la memoria da ultimo depositata.

Il R. sostiene che la L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 1 (da assumersi nella formulazione originaria, rilevante ratione temporis) contrasterebbe: 1) con l’art. 97 Cost., attribuendo ad una parte del contratto, compartecipe alla “sottrazione di entrate tributarie”, un vantaggio rilevante dalla convenzione di simulazione, tramite un meccanismo con “sottrae definitivamente al fisco le somme dovute”; 2) con l’art. 3 Cost., per la irragionevole disparità di trattamento con “i principi generali che governano le violazioni di carattere tributario”, che si desumono da varie norme (e in particolare dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2); 3) con l’art. 3 Cost., per la irragionevole disparità di trattamento tra locatore e conduttore, entrambi responsabili della condotta sanzionata, ma trovando tutela soltanto il secondo; 4) con l’art. 41 Cost., per aver inciso sul contenuto dell’obbligazione civilistica di pagamento del canone rimessa all’autonomia privata, determinando una sproporzionato pregiudizio a carico di una sola parte; 5) con l’art. 3 Cost., per la irragionevole parità di trattamento tra l’ipotesi, meno grave, della simulazione relativa del corrispettivo e quella di mancata registrazione in termine fisso del contratto scritto.

Invero, alla luce del diritto vivente costituito dalla citata Cass., sez. un., n. 18213 del 2015 (e, per taluni ribaditi asserti, dalla coeva Cass., sez. un., 17 settembre 2015, n. 18214) – al quale occorre fare riferimento per il significato e la portata applicativa della norma risultante dalla disposizione di cui si sospetta la non conformità a Costituzione -, il ricorrente muove da erronei presupposti interpretativi, che, in quanto tali, non consentono di apprezzare come consistenti i consequenziali dubbi di costituzionalità prospettati, anzitutto, sub 1), 2) e 5).

Difatti, la nullità del patto contenente la previsione del canone effettivamente voluto rende non dovute le somme pretese dal locatore e, dunque, oggetto di obbligazione restitutoria in favore del conduttore, con conseguente ininfluenza sulla pretese impositiva statale (pp. 25 e 26 della sentenza n. 18213/2015).

Inoltre, la L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 1, nel sanzionare soltanto la previsione occulta di una maggiorazione del canone apparente, come indicato nel contratto registrato, si palesa come “come vera e propria lex specialis, derogativa ratione materiae, alla lex generalis (benchè posteriore) costituita dal c.d. statuto del contribuente” (p. 23 della sentenza n. 18123/2015).

Ed ancora, non risultano omogenee tra loro le fattispecie della simulazione relativa del canone e quella di mancata registrazione del contratto, tale che non è consentita “alcuna comparazione” (p. 23 della sentenza n. 18213/2015).

Va, altresì, osservato, quanto al dubbio prospettato sub 3), che la tutela accordata al conduttore è consentanea alla ratio (seppur non principale rispetto a quella di contrasto all’elusione fiscale) della norma in esame, in forza della diversità di posizioni tra le parti al momento della conclusione del contratto di locazione, risultando il conduttore “la parte contrattualmente debole”, giacchè in quel momento “al locatore è attribuito un potere contrattuale fortemente asimmetrico”, tale da consentirgli, a fronte dell’interesse del conduttore ad ottenere la disponibilità dell’immobile, l’imposizione del canone maggiorato e occultato (cfr. pp. 28/29 della sentenza n. 18213/2015).

Infine, in riferimento all’eccezione sub 4), giova porre in risalto il rilievo, “etico/costituzionale”, che assumono “l’imposizione e il corretto adempimento degli obblighi tributari”, che non sono circoscritti “al solo rapporto individuale contribuente-fisco”, bensì attengono ad “interessi ben più generali”, ridondando il rispetto di detti obblighi, “da parte di tutti i consociati”, nell’interesse della collettività, in quanto volto a realizzare “un miglior funzionamento della stessa macchina statale” (p. 29 della sentenza n. 18213/2015; p. 18 della sentenza n. 18214/2015). Di qui, pertanto, la consentita incidenza, non irragionevole, sulla autonomia contrattuale garantita (indirettamente) dall’art. 41 Cost., ad opera di una previsione, quale quella della L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 1, volta a tutelare, principalmente, interessi della collettività nel suo insieme (in siffatta prospettiva, tra le tante, cfr. Corte cost.: sentt. n. 242 del 2014 e n. 108 del 2015; ord. n. 99 del 2016).

8. – Deve, quindi, essere accolto il sesto motivo di ricorso, con assorbimento degli altri motivi.

La sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto enunciato sub p. 7 ed al conseguente rilievo della nullità della scrittura del (OMISSIS); il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Rimangono impregiudicate dinanzi al giudice del rinvio le questioni, sollevate dal R. (parte totalmente vittoriosa nel merito), su cui il giudice di appello non si è pronunciato, avendole ritenute assorbite dalla statuizione adottata (tra le tante, Cass., 28 agosto 2004, n. 17201; Cass., 20 dicembre 2012, n. 23458; Cass., 15 gennaio 2016, n. 574); questioni, la cui indicazione nel controricorso già di per sè palesa la volontà della parte di non rinunciarvi, essendo, poi, necessario, che tale volontà persista con la riproposizione dinanzi al giudice del rinvio.

Nè è dato desumere dalla decisione citata nella memoria ex art. 378 c.p.c., della G. (Cass., 21 febbraio 2014, n. 4130) un diverso principio di diritto (ossia quella della necessità di formalizzare già in controricorso una dichiarazione o riserva “che le stesse siano sottoposte a scrutinio nel giudizio di rinvio”), giacchè, come emerge dal contesto della pronuncia citata (che richiama proprio i precedenti del 2004 e del 2012 sopra indicati), la circostanza della dichiarazione anzidetta è assunta non come elemento integrante l’interpretazione giuridica, ma come mero fatto “storico” concretatosi nella relativa vicenda processuale.

PQM

LA CORTE

accoglie il sesto motivo del ricorso e dichiara assorbiti i restanti motivi;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2017

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