Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9259 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. I, 21/04/2011, (ud. 25/01/2011, dep. 21/04/2011), n.9259

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5415/2008 proposto da:

D.P., D.V., DI.PA., D.

G., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA

CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato LOJODICE Oscar, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

sul ricorso 8455/2008 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

-controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

D.P., D.V., DI.PA., D.

G.;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositato il

12/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/01/2011 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso incidentale e assorbimento del ricorso

principale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con decreto in data 16 luglio/12 dicembre 2007 la Corte d’appello di Lecce condannava il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di D.P., nella qualità di erede di M.M.R. della somma complessiva di Euro 1540,00, a titolo di indennizzo del danno non patrimoniale, in conseguenza del superamento del termine di ragionevole durata di un processo di un giudizio per il riconoscimento dell’assegno di inabilità promosso dalla de cuius nel settembre del 2000 e conclusosi (essendo l’attrice deceduta nel dicembre 2001) nell’anno 2005.

1.1 – La Corte di merito – disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei coeredi del ricorrente, ritenuti litisconsorti necessari; rigettata l’eccezione dell’Amministrazione fondata sul decesso della M. dopo un anno circa dall’inizio del procedimento presupposto, senza che in esso gli eredi si fossero costituiti; premesso, infine, che la richiesta di ristoro del pregiudizio patrimoniale era del tutto sfornita di prova – determinava, sulla base del concreto svolgimento del menzionato procedimento, il periodo di durata non ragionevole in poco più di tre anni.

Il danno non patrimoniale veniva quindi liquidato mediante attribuzione della somma di Euro 500,00 per ciascun anno di ritardo, compensandosi le spese processuali, in considerazione del significativo ridimensionamento della domanda.

1.2 – Per la cassazione di tale decreto ricorrono gli eredi della M., sulla base di due motivi, concernenti il quantum della liquidazione e il regolamento delle spese di lite.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia, che propone ricorso incidentale affidato a tre motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. – Va preliminarmente disposta le riunione dei ricorsi, proposti avverso la medesima sentenza.

2.1 – Ragioni di ordine logico-giuridico impongono l’esame preliminare del ricorso incidentale, in quanto attiene al fondamento giuridico della pretesa.

2.2 – Il primo motivo dell’amministrazione, con il quale si eccepisce la decadenza dall’azione, indicando come dies a quo la data di decesso della M., è infondato, in quanto non è dato di derogare dai termini previsti a pena di decadenza, dalla L. n. 89 del 1981, art. 4, al cui rispetto l’erede è tenuto proprio per essere subentrato nel complesso dei poteri, delle facoltà e dei doveri che caratterizzavano la posizione del de cuius.

2.3 – Con il secondo motivo l’amministrazione deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, mentre con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 75 c.p.c., per essersi ritenuta la legittimazione dell’erede, ancorchè non costituito nel giudizio presupposto, anche per il periodo successivo al decesso della dante causa.

2.4 – I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, in considerazione della loro intima connessione, sono fondati.

Premesso, invero che gli odierni intimati hanno agito per ottenere l’equo indennizzo della durata non ragionevole del processo intentato nel settembre 2000 nei confronti dell’INPS da M.M.R., deceduta nel dicembre dell’anno successivo. Emerge pacificamente dalla decisione impugnata e dal tenore delle difese delle controparti che, avuto riguardo al tempo decorso tra la data d’introduzione del processo presupposto e quella del decesso della dante causa, in favore di costei non era sorto alcun diritto all’equa riparazione e, quindi, i suoi eredi, che hanno agito esclusivamente in tale veste, non potevano vantare un titolo che legittimasse iure successionis la loro pretesa indennitaria.

Questa conclusione è, infatti aderente, al prevalente e condiviso orientamento di questa Corte (Cass. n. 26686 del 2006; Cass. n. 23055 2006 in consapevole, argomentato contrasto con il contrario precedente di cui a Cass. 26931 del 2006; Cass. 16284 del 2009) secondo cui deve essere esclusa la titolarità del diritto “iure proprio” in capo all’erede non costituito nel processo presupposto (in tema, cfr. pure Cass. 200602969; 200519032), dal momento anche che: – “per tutto il tempo durante il quale, deceduta la parte originaria, gli eredi non abbiano ritenuto di costituirsi o non siano stati chiamati in causa, pur esistendo un processo non vi è la parte che della sua irragionevole durata possa ricevere nocumento”.

E’ stato altresì affermato che la necessità di una costituzione in giudizio della parte che invoca la tutela della legge a sanzionare l’irragionevole durata e premessa indiscutibile per una ragionevole operatività dell’intero sistema di cui alla L. n. 89 del 2001, nè potendo operare in difetto di tal costituzione lo scrutinio sul comportamento della parte delineato dall’art. 2, comma 2, della legge nè tampoco essendo esercitabili i poteri di liquidazione equitativa dell’indennizzo correlati, ragionevolmente, al concreto patema che sulla parte ha avuto la durata del processo (S.U. 1338/04)”.

Per altro l’argomento della continuità della posizione processuale per il successore che si ritrae dall’art. 110 c.p.c., non coglie nel segno, posto che il sistema sanzionatorio delineato dalla Convenzione Europea e tradotto in norme nazionali dalla L. del 2001 non si fonda sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato ma sulla somministrazione di sanzioni riparazione a beneficio di chi dal ritardo abbia ricevuto danni patrimoniali o non patrimoniali ed in base ad indennizzi modulabili in relazione al concreto patema subito” l’equa riparazione prevista dal diritto interno presuppone, non il mero assoggettamento alle conseguenze della decisione giudiziaria o il mero coinvolgimento nella decisione, ma il patema da ritardo irragionevole di definizione, che a sua volta presuppone la conoscenza del processo stesso e l’interesse alla sua rapida conclusione, circostanze di cui la mancata costituzione in giudizio non consente di presumere la ricorrenza ed anzi favorisce l’apprezzamento in senso negativo.

2.5 – L’accoglimento del ricorso incidentale preclude l’esame delle censure proposte con il principale, e concernenti l’entità della liquidazione, in quanto assorbite.

2.6 – In considerazione di quanto esposto la decisione impugnata deve essere cassata. Ricorrono per altro i presupposti per una decisione nel merito, non essendo necessarie nuove acquisizione ed essendo evidente, per quanto sopra esposto, che la domanda di equa riparazione debba essere rigettata.

2.7 – Le spese del grado di merito e del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi. Rigetta il primo motivo del ricorso incidentale, accoglie il secondo e il terzo, assorbito il ricorso principale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di equo riparazione.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali del grado di merito, liquidate in Euro 500,00 per onorari e del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 600,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

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