Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9259 del 06/04/2021

Cassazione civile sez. I, 06/04/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 06/04/2021), n.9259

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina Anna R. – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16190/2019 proposto da:

M.K., elettivamente domiciliato in Isernia, Via XXIV Maggio,

n. 33, presso lo studio dell’avv. Paolo Sassi, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

4/4/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/10/2020 dal Cons. Dott. GIUSEPPINA ANNA ROSARIA PACILLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto in data 28 marzo 2019 il tribunale di Campobasso ha rigettato il ricorso proposto da M.K. avverso il provvedimento, emesso dalla locale Commissione territoriale, di diniego della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 o del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. In particolare, il tribunale ha rilevato che il richiedente aveva dichiarato di essere sostenitore del partito (OMISSIS) e di avere partecipato, in tale veste, nell'(OMISSIS), ad una protesta per la liberazione di S.S., all’epoca leader di tale partito di opposizione, da poco arrestato. Nell’occorso, i poliziotti intervenuti non avevano esitato a picchiare ed arrestare i manifestanti. Il ricorrente aveva aggiunto che il 18 aprile 2016 egli aveva deciso di lasciare il paese di origine alla volta della Libia, da cui poi era partito per l’Italia, paese in cui intendeva restare, non avendo futuro in quello di sua provenienza. Il tribunale ha rilevato che i timori del ricorrente erano infondati e che nel (OMISSIS) non era in atto una violenza indiscriminata e diffusa, rilevante D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14; di conseguenza, ha rigettato le domande proposte, revocando nel contempo l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

2. M.K. ricorre per cassazione avverso questa pronuncia mentre il Ministero dell’Interno ha depositato una nota con cui ha dichiarato di essersi costituito oltre i termini di legge, al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo il ricorrente lamenta congiuntamente la violazione di plurimi articoli del D.Lgs. n. 25 del 2008 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, l’omesso esame di fatto decisivo “in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente e della situazione, esistente in (OMISSIS), sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria” e la “mancanza totale di motivazione” con riguardo allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria. Secondo il ricorrente, il tribunale avrebbe dovuto disporre la sua audizione, al fine di avere una giustificazione sull’asserita non credibilità e genericità, e avrebbe violato l’obbligo di cooperazione istruttoria. Il medesimo tribunale, inoltre, avrebbe omesso qualsivoglia valutazione in merito ai presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, trascurando di considerare l’attuale sussistenza della violenza indiscriminata e diffusa, che coinvolge il (OMISSIS).

Le doglianze sono inammissibili.

Il ricorrente non ha colto la ratio decidendi, posta a base del provvedimento impugnato. Difatti, il tribunale, dopo avere ricordato le dichiarazioni del migrante, ha rigettato la domanda di protezione internazionale, non avendo ritenuto fondato il pericolo paventato, in quanto le elezioni del (OMISSIS) avevano visto il rovesciamento dell’ultraventennale regime dittatoriale di Y.J. e l’affermazione del partito opposto – appunto l'(OMISSIS) sotto la guida di B.A..

Così declinato il rigetto, perdono rilievo le censure relative alla mancata audizione del ricorrente, che sarebbe stata sollecitata al fine di vagliarne la credibilità, che invero il tribunale non ha posto in discussione.

Le residue censure, invece, si risolvono nella sollecitazione a rinnovare il sindacato esperito motivatamente dal decidente di merito, in tal modo esponendosi alla declaratoria di inammissibilità. Alla stregua di quanto precede risulta evidente che il provvedimento impugnato, nella parte in cui ha denegato il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non si presta a censure di sorta.

3.1 Deve poi aggiungersi che il tribunale molisano – con indicazione delle fonti di conoscenza (cfr. pagina 4 del decreto impugnato) – ha esaminato la situazione del Paese di origine del ricorrente e ha escluso una situazione di conflitto armato, a cui astrattamente riconnettere l’ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.

Ne consegue che il provvedimento impugnato sfugge ad ogni rilievo censorio nella parte in cui ha denegato il riconoscimento della protezione internazionale mentre le critiche del ricorrente risultano astratte e generiche, risolvendosi formalmente nella trascrizione di altre decisioni di merito e sostanzialmente nella mancata condivisione delle valutazioni di merito del tribunale.

4. Le doglianze relative al diniego della protezione umanitaria sono parimenti inammissibili, perchè generiche e tese a sollecitare una diversa valutazione del merito della vicenda. Ciò a fronte di un provvedimento impugnato con cui è stato motivatamente escluso il pericolo di danno prospettato dal ricorrente.

5. Inammissibile è anche la terza censura, con cui si lamenta la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2, in uno al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28-bis, comma 2, lett. a), poichè per giurisprudenza costante di questa Corte “la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 non comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 medesimo D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con sentenza, sia per ciò solo impugnabile immediatamente con ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 113 D.P.R. citato” (Cass., 29 settembre 2019, n. 24405; ivi pure il richiamo di numerosi altri precedenti).

6. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile. Non deve essere assunta alcuna statuizione sulle spese processuali, non essendosi il Ministero dell’Interno costituito ritualmente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di legittimità. Sussistono i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore contributo, così come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2021

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