Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9258 del 11/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 11/04/2017, (ud. 24/01/2017, dep.11/04/2017),  n. 9258

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14182-2014 proposto da:

V.I., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA COLA DI RIENZO 92,

presso lo studio dell’avvocato ELISABETTA NARDONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE LA SPINA giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

E.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 635/2013 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 19/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/01/2017 dal Consigliere Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La presente controversia trae origine da un incidente stradale verificatosi tra il minore V.I., con il suo ciclomotore, l’autovettura di E.F. ed una terza auto rimasta sconosciuta. Pertanto, nel 2005 i genitori del minore convennero in giudizio Assitalia Ass.ni Spa, il proprietario dell’autovettura e Sara Ass.ni, quest’ultima quale impresa designata per l’Umbria dal Fondo di Garanzia per le vittime della strada per ottenere il risarcimento del danno.

Il Tribunale di Spoleto, con la sentenza numero 215/2010, rigettò la domanda attrice.

2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Perugia, con sentenza n. 635 del 19 dicembre 2013.

3. Avverso tale pronunzia V.I. propone ricorso per cassazione sulla base di 3 motivi, illustrati da memoria.

3.1 Resistono con controricorsi autonomi, Generali Italia s.p.a. (già Ina Assitalia) e Sara Assicurazioni.

4. Il collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la “violazione degli artt. 101, 156, 161, 189, 190, 281 sexies e 352 c.p.c., art. 360 bis c.p.c., n. 2, artt. 24 e 111 Cost. e art. 6 Cedu (violazione dei principi regolatori del giusto ed equo processo) in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3) e 4)”.

Si duole che nonostante la Corte d’Appello avesse fissato per la precisazione delle conclusioni e la discussione, ex art. 281 sexies c.p.c., l’udienza del 19 dicembre 2013, la causa sarebbe stata, invece, decisa il giorno prima come si evincerebbe dalla data della sentenza, 18 dicembre 2013. Ciò determinerebbe la nullità della sentenza in quanto emessa in violazione del principio del contraddittorio e dei principi regolatori del giusto ed equo processo.

Il motivo è inammissibile.

Emerge dalla sentenza che la decisione è stata depositata in udienza il 19 dicembre data in cui si è tenuta l’udienza risultando quindi palese il mero errore materiale. Tra l’altro il ricorrente, non solo non nega che l’udienza ex 281 sexies per conclusioni e discussione risulta essere stata tenuta nella data prefissata ma neanche denuncia quali parti delle conclusioni o della discussione tenute in sede di udienza ex. art. 281 sexies non sarebbero state prese in considerazione e conseguentemente valutate dal giudice.

5.2. Con il secondo motivo, denuncia la “violazione degli artt. 2054, 2697 e 2736 c.c., degli artt. 157 e 158 C.d.S., dell’art. 41 c.p., dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3) 4) e 5).”.

Il ricorrente sostiene che la Corte d’Appello non avrebbe valutato correttamente le risultanze istruttorie ed in particolare la documentazione fotografica che attesterebbe che l’autovettura dell’ E. si trovava in divieto di sosta e le dichiarazioni del fratello dell’attore che confermerebbero che il sinistro sarebbe stato determinato dalla autovettura anzidetta. Censura anche la parte della sentenza che ha disatteso la richiesta di giuramento suppletorio.

Anche tale motivo è inammissibile.

Il ricorrente pur denunciando, apparentemente, violazione di legge chiede in realtà a questa Corte di pronunciarsi ed interpretare questioni di mero fatto non censurabili in questa sede mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto dei fatti storici quanto le valutazioni di quei fatti espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone alle proprie aspettative (Cass. n. 21381/2006). E’ principio consolidato di questa Corte che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente. (Cass. 7921/2011). Come appunto nel caso di specie.

5.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la “violazione degli artt. 91, 112 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3), 4) e 5)”.

Si lamenta il ricorrente che il giudice di merito avrebbe omesso di pronunciarsi circa il motivo di gravame avverso la liquidazione delle spese di lite effettuate dal tribunale.

Anche tale motivo è inammissibile.

La Corte d’Appello non è incorsa in nessuna violazione. Ha deciso secondo il principio della soccombenza. Una volta rigettato l’appello risulta implicita la condanna alle spese. E’ principio consolidato di questa Corte che non è configurabile il vizio di omessa pronuncia quando una domanda, pur non espressamente esaminata, debba ritenersi – anche con pronuncia implicita – rigettata perchè indissolubilmente avvinta ad altra domanda, che ne costituisce il presupposto e il necessario antecedente logico – giuridico, decisa e rigettata dal giudice (Cass. n. 17580/2014).

Il motivo è anche generico. Nel giudizio di legittimità è onere del ricorrente indicare con specificità e completezza quale sia il vizio da cui si assume essere affetta la sentenza impugnata. Sono inammissibili quei motivi che non precisano in alcuna maniera in che cosa consiste la violazione di legge che avrebbe portato alla pronuncia di merito che si sostiene errata, o che si limitano ad una affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione (Cass. 15263/2007).

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore di ciascuna controricorrente che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2017

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