Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9256 del 03/04/2019

Cassazione civile sez. trib., 03/04/2019, (ud. 20/03/2019, dep. 03/04/2019), n.9256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8621/13 R.G., proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

TRIX & CO. s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t.,

rappresentata e difesa, giusta mandato in margine al ricorso,

dall’Avv. Carmela De Franciscis, presso il quale è elettivamente

domiciliato in Caserta, alla via Roma, Parco Europa;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 46/17/12 della Commissione Tributaria

Regionale della Campania, depositata in data 10.2.2012, non

notificata;

Udita la relazione svolta dal Consigliere d’Angiolella Rosita nella

camera di consiglio del 20 marzo 2019.

Fatto

RITENUTO

che:

La Commissione Tributaria Regionale della Campania, (di seguito, per brevità, CTR), rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta (di seguito per brevità, CTP) con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla società TRIX & CO. s.r.l., avverso l’avviso di accertamento per Irpeg, Iva e Irap, per l’anno di imposta 2003, emesso nei confronti del legale rappresentante di detta società, con il quale l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione maggiori ricavi riguardanti l’attività di commercio al dettaglio di capi di abbigliamento, per complessivi Euro 128.252,00 a fronte del reddito dichiarato di Euro 37.950,00.

La CTR della Campania, con la pronuncia in epigrafe, respingeva ogni doglianza dell’Agenzia delle Entrate con la seguente motivazione: “All’udienza dell’11/11/2011 erano presenti le parti che rimandavano ai loro atti di causa. In camera di consiglio la Commissione Tributaria Regionale della Campania, sez. 17, visti e letti gli atti ritiene l’appello dell’Ufficio non meritevole di accoglienza punto una serie di rilievi formulati davanti giudice di prime cure sono stati abbandonati dall’ufficio nell’appello, così come la doglianza dell’ufficio dei debiti erano esposti in forma sintetica compare solo nell’appello. Nel merito, le argomentazioni prodotte dalla società contribuente sulle altre doglianze sono ben giustificate, e quindi, condivisibili. Inoltre lo stesso Ufficio definisce formalmente regolare impianto contabile.”.

L’agenzia delle Entrate ha, dunque, proposto ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe, affidandosi a due motivi. TRIX & CO. s.r.l. resiste con controricorso e presenta memorie ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso è fondato.

Con il primo motivo di ricorso, si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nn. 3 e 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dovendo considerarsi nulla la sentenza del giudice tributario che annulli l’avviso di accertamento in assenza di qualsiasi esposizione dei motivi di fatto e di diritto che lo hanno indotto ad adottare la decisione.

E’ orientamento consolidato di questa Corte che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione ogni qual volta la laconicità della motivazione adottata, non lasci comprendere le ragioni attraverso le quali si è arrivati alla decisione ovvero manchi o comunque sia totalmente incerto, l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi gravame nonchè l’esame e l’adeguata considerazione delle allegazioni difensive e degli elementi di prova posti a base dei motivi di appello (cfr. Cass., Sez. U., 07/04/2014 n. 8053 e 03/11/2016n. 22232). Si è soggiunto, in caso speculare a quello all’esame, che la sentenza motivata per relationem, mediante mera adesione acritica all’atto d’impugnazione, senza indicazione nè della tesi in esso sostenuta, nè delle ragioni di condivisione, è affetta da nullità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto corredata da motivazione solo apparente (cfr. Cass., 14/10/2015 n. 20648). Si è affermato, nel rimarcare la correlazione tra obbligo di motivazione e funzione dell’appello, come motivazioni di tal fatta svuotano di contenuto la funzione dell’appello che, quale revisio prioris istantiae, è finalizzato ad esaminare, in modo specifico e adeguato a detta essenziale funzione, le censure proposte dalle parti alla sentenza di primo grado (cfr. Cass., 10/01/2003 n. 196). Nella specie, dalla lettura della parte motiva della gravata sentenza, sopra riportata per intero, non v’è chi non veda come la sentenza della CTR è vuota di contenuto, sia fattuale che giuridico, lasciando completamente oscure le ragioni del rigetto delle doglianze dell’appellante e dell’integrale conferma della sentenza di primo grado.

Rimane inevincibile il thema decidendum – con la pretesa dell’Ufficio e le correlative difese del contribuente – nonchè la ratio decidendi, non comprendendosi rispetto a quale fattispecie ed a quale disciplina è stata compiuta la valutazione probatoria che ha visto vittoriosa la contribuente.

Tutto ciò, senza considerare le genericità delle argomentazioni relative al fatto che “una serie di rilievi formulati davanti ai giudici di prime cure sono stati abbandonati dall’Ufficio nell’appello”, non indicandosi quali domande l’Ufficio avrebbe abbondonato, lasciandosi completamente oscuro l’oggetto del petitum abbandonato e/o deciso, con evidente violazione dei principi costituzionali in materia di diritto difesa, oltre che dei principi processual-civilistici riguardanti l’effetto devolutivo dell’appello, in relazione al quale la CTR era tenuta ad esaminare i fatti e le questioni di diritto poste a base dell’accertamento.

In conclusione, la sentenza qui impugnata non tiene in alcun conto le allegazioni difensive poste a base degli specifici motivi di gravame (evincibili dall’esposizione dei fatti di cui al ricorso), non giustifica la valutazione espressa su essi e non indica la ragione giuridica o fattuale che, come emergente dall’oggetto del giudizio innanzi alla CTP, abbia ritenuto di condividere, incorrendo, così, nella violazione denunciata.

Il primo motivo di ricorso va, pertanto, accolto dichiarandosi assorbito il secondo, proposto in via subordinata per denunciare la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Considerata la specifica eccezione d’inammissibilità sollevata dalla società TRIX & CO s.r.l., va evidenziato che il ricorso all’esame riporta specificamente le statuizioni di cui alla sentenza della Commissione Provinciale e le censure mosse alla stessa con ricorso in appello, così soddisfacendo i requisiti di specificità ed autosufficienza quali delineati dalla Sezioni Unite di questa Corte secondo cui “in tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata in relazione alla pronuncia di primo grado al fine di ritenere assolto l’onere ex art. 366 c.p.c., n. 6, occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello nonchè le critiche ad esso mosse con l’atto di gravame che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali” (così, Cass., Sez. U., 20/03/2017 n. 7074). La sentenza impugnata va, dunque, cassata con rinvio alla medesima Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2019

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