Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9254 del 06/04/2021

Cassazione civile sez. III, 06/04/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 06/04/2021), n.9254

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29009/2018 proposto da:

V.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE

114, presso lo studio dell’avvocato LUIGI PARENTI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ORONZO VALENTINO MAGGIULLI;

– ricorrente –

contro

BANCO BPM SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, V. DEGLI SCIPIONI

157, presso lo studio dell’avvocato ENRICO DE CRESCENZO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MONTE ASOLONE 8, presso lo studio dell’avvocato MILENA

LIUZZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. FABIOLA

LIUZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3307/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 09/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/12/2020 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

V.N., titolare dell’omonima impresa agricola, esponendo di avere subito il danneggiamento dei beni oggetto di due contratti di leasing stipulati con Banca Italease s.p.a. e contestualmente assicurati con polizza stipulata fra la concedente e Società Reale Mutua di Assicurazioni cui il V. aveva aderito, convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Milano Società Reale Mutua di Assicurazioni e Banca Italease s.p.a. (poi Banco Popolare Società Cooperativa) chiedendo la condanna della prima al pagamento in favore della seconda dell’indennizzo pari ad Euro 178.500,00, nonchè la condanna della concedente alla restituzione in favore del V. dei canoni già versati per il complessivo importo di Euro 71.685,08, oltre il risarcimento del danno per il ritardo nell’indennizzo pari ad Euro 50.000,00 e gli interessi legali. Banca Italease propose domanda riconvenzionale di condanna al pagamento della somma di Euro 108.024,08 a titolo di canoni residui. Il Tribunale adito rigettò la domanda principale ed accolse quella riconvenzionale. Avverso detta sentenza propose appello il V.. Con sentenza di data 9 luglio 2018 la Corte d’appello di Milano rigettò l’appello.

Premise la corte territoriale che le condizioni generali di assicurazione prevedevano l’obbligo del contraente di dichiarare l’esistenza di altre assicurazioni contro gli stessi danni, ovvero di dare avviso della conclusione di altre assicurazioni del medesimo tipo, nonchè l’obbligo in caso di sinistro di comunicare le altre assicurazioni per gli stessi rischi pena la decadenza dal diritto al risarcimento, e che quindici giorni prima dell’evento di danneggiamento il V. aveva stipulato polizza assicurativa con Fondiaria Sai. Osservò quindi la corte che il giudice di primo grado, ritenendo la coincidenza dei beni assicurati con le due assicurazioni e l’identità di rischio, correttamente aveva rilevato, in relazione al richiamo attoreo alla previsione nella polizza Fondiaria di responsabilità solo per la parte di danno eccedente l’assicurazione stipulata per il medesimo rischio con altra impresa assicurativa, l’inconferenza rispetto all’obbligo di avviso previsto sia dalle condizioni generali che dall’art. 1910 c.c., comma 1, tant’è che lo stesso attore aveva proposto immediatamente altro giudizio nei confronti di Fondiaria Sai per l’indennizzo di Euro 660.400,00. Aggiunse che i documenti prodotti dall’appellante per dimostrare la non identità di beni e rischi erano inammissibili e irrilevanti perchè, in quanto antecedenti l’introduzione del giudizio di primo grado, avrebbe dovuto essere prodotti in quest’ultimo, nè era stata dimostrata la rilevanza e l’impossibilità di produrli in primo grado per causa non imputabile. Osservò ancora che l’appellante non aveva provato di avere comunicato, in via preventiva o contestualmente alla denuncia del sinistro, a Reale Mutua l’altra polizza e che il primo giudice aveva rilevato che contraddittoriamente l’attore, mentre in sede di interrogatorio formale aveva dichiarato che la polizza Fondiaria assicurava altri eventi, aveva prodotto una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, che sarebbe stata allegata alla denuncia di sinistro, nella quale risultava che vi era altra copertura assicurativa aggiuntiva sui beni. Aggiunge che condivisibile era il rilievo del Tribunale secondo cui, quantunque Reale Mutua avesse dichiarato di non avere mai ricevuto tale dichiarazione sostitutiva, quest’ultima valeva come ammissione che la polizza Fondiaria copriva il medesimo rischio della polizza Reale Mutua. Osservò infine che dimostrato era il carattere doloso dell’omissione dell’obbligo di avviso di cui all’art. 1910, comma 2.

Ha proposto ricorso per cassazione V.N. sulla base di quattro motivi e resistono con distinti controricorsi Società Reale Mutua di Assicurazioni e Banco BPM s.p.a.. E’ stato fissato il ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che, a fronte della contestazione del V. del carattere di secondo rischio della polizza Fondiaria, era onere di Reale Mutua provare l’identità dei beni oggetto delle due assicurazioni.

Il motivo è inammissibile. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di improcedibilità sollevata da Società Reale Mutua di Assicurazioni in quanto risulta depositato con il ricorso il decreto di concessione del gratuito patrocinio.

La censura ha ad oggetto la violazione delle regole di riparto dell’onere della prova. Va rammentato che tali regole assumono rilievo solo nel caso di causa rimasta ignota. Si tratta quindi della regola residuale di giudizio grazie alla quale la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all’accertamento, anche in via presuntiva, della sussistenza o insussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione rispettivamente dei relativi fatti costitutivi o di quelli modificativi o estintivi (Cass. 16 giugno 1998, n. 5980; 16 giugno 2000, n. 8195; 7 agosto 2002, n. 11911; 21 marzo 2003, n. 4126). Nel caso di specie la circostanza di fatto rilevante non è rimasta ignota in quanto la corte territoriale ha condiviso il giudizio del primo giudice di identità dei rischi coperti dalle due assicurazioni.

Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3 e art. 115 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che il V. aveva fornito in appello la prova della diversità dei beni coperti dalle due polizze mediante i documenti che il giudice di appello ha erroneamente dichiarato inutilizzabili, nonostante che la produzione in appello fosse consentita dall’applicabilità dell’art. 345, comma 3, nella formulazione previgente al D.L. n. 83 del 2012. Aggiunge che il contenuto di tali documenti trova riscontro nella testimonianza di D.S..

Il motivo è infondato. La censura è basata sull’applicabilità dell’art. 345 c.p.c., comma 3, secondo la previgente disposizione che contemplava anche l’ammissibilità della produzione di nuovi documenti reputati indispensabili ai fini della decisione della causa. Avuto riguardo all’epoca di pubblicazione della sentenza di primo grado (2017), tale disposizione non è applicabile. La modifica, in senso restrittivo rispetto alla produzione documentale in appello, dell’art. 345 c.p.c., comma 3, operata dal D.L. n. 83 del 2012, trova infatti applicazione, mancando una disciplina transitoria e dovendosi ricorrere al principio “tempus regit actum”, se la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della L. n. 134 del 2012, di conv. del D.L. n. 83 cit. e cioè dal giorno 11 settembre 2012 (Cass. n. 6590 del 2017, n. 26522 del 2017).

Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1370 e 1910 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che la clausola delle condizioni generali, come riportata nella decisione impugnata, non fa scaturire dalla omissione della comunicazione della conclusione di altra assicurazione alcuna sanzione preclusiva dell’indennizzo, la quale è invece prevista dal secondo capoverso per l’ipotesi di omessa comunicazione della pluralità di assicurazioni in caso di sinistro e che la lettura formalistica effettuata dal giudice di appello non è consentita dall’art. 1370, che prevede che le clausole dubbie siano interpretate a favore del non predisponente. Aggiunge che comunque con le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, allegate alla denuncia di sinistro, il V. ha assolto l’onere di comunicazione di altra polizza sui medesimi beni, e che peraltro, non essendovi forme sacramentali o una specifica tempistica per la comunicazione, è da reputare sufficiente che Reale Mutua fosse stata comunque informata dell’altra polizza. Precisa al proposito che nella lettera del perito liquidatore sia di Reale Mutua che di Fondiaria Sai, trasmessa al V. prima dell’invio della denuncia del sinistro, erano indicati gli estremi delle due polizze sicchè, sulla base di tale documento dichiarato inutilizzabile dal giudice di appello, doveva ritenersi che Reale Mutua, per il tramite del comune perito liquidatore, doveva essere a conoscenza dell’altra polizza.

Il motivo, in realtà composto da due sub-motivi, è inammissibile. Con un primo sub-motivo si denuncia la violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, ma la censura è inammissibile sotto un duplice profilo. In primo luogo, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il ricorrente omette di trascrivere il contenuto integrale della clausola di cui lamenta l’interpretazione in violazione delle regole legali, limitandosi a riportarne la trascrizione contenuta nella decisione impugnata, la quale è tuttavia una trascrizione incompleta per la presenza di puntini di sospensione. In secondo luogo, la censura investe il risultato interpretativo che è profilo non sindacabile in sede di legittimità (fra le tante Cass. n. 2465 del 2015), senza peraltro indicare il modo in cui il giudice di merito si sarebbe discostato dall’unico parametro indicato nell’articolazione del motivo, e cioè l’art. 1370 (cfr. fra le tante Cass. n. 17168 del 2012).

Il secondo sub-motivo attiene all’assolvimento dell’onere della prova della comunicazione prescritta all’impresa assicurativa, profilo anch’esso, in quanto relativo al giudizio di fatto, non sindacabile in sede di legittimità. Le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà sono ricadute nel giudizio di fatto del giudice di merito, ma al solo scopo dell’accertamento dell’identità di rischi assicurati dalle due polizze. Peraltro il motivo è formulato anche mediante il riferimento a documento rimasto estraneo al giudizio stante la valutazione di inammissibilità del giudice di appello.

Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1370 e 1910 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che, costituendo la polizza Fondiaria Sai un’assicurazione complementare o a secondo rischio, non si verte nell’ipotesi di assicurazione plurima, per cui non sono applicabili e nè l’art. 1910, e nè la previsione in questione delle condizioni generali. Aggiunge che, costituendo l’obbligo di comunicazione un aggravio di responsabilità e dunque una clausola vessatoria, un’analoga previsione nel caso dell’assicurazione a secondo rischio avrebbe richiesto la specifica approvazione per iscritto.

Il motivo è inammissibile. La censura muove da un presupposto di fatto, la natura di assicurazione a secondo rischio della polizza Fondiaria Sai, non accertato dal giudice di merito, il quale non ha svolto un’indagine in ordine al fatto storico, ma si è limitato ad affermare che l’argomento dell’assicurazione a secondo rischio è privo di rilevanza alla luce dell’obbligo di comunicazione, previsto sia dall’art. 1910, che dalle condizioni generali. Lo scrutinio del motivo presuppone così un’indagine di merito preclusa nella presente sede di legittimità. Ove si intenda che la censura contenga in realtà una denuncia di vizio motivazionale, a parte il mancato rispetto dei requisiti richiamati da Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014, un motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, sarebbe comunque inammissibile per la presenza di doppia conforme ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c..

Il ricorso viene conclusivamente rigettato. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Il giudice dell’impugnazione che emetta una delle pronunce previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, è tenuto a dare atto della sussistenza del presupposto processuale per il versamento dell’importo ulteriore del contributo unificato (c.d. doppio contributo) anche quando esso non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venire meno come nel caso, ricorrente nella specie, di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato, potendo invece esimersi dal rendere detta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo (Cass. Sez. U. n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore di Società Reale Mutua di Assicurazioni, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore di Banco BPM s.p.a., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA