Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9250 del 03/04/2019

Cassazione civile sez. trib., 03/04/2019, (ud. 27/02/2019, dep. 03/04/2019), n.9250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. BILLI Stefania – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15651-2013 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE REGINA

MARGHERITA 192, presso lo studio dell’avvocato MELE ROCCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato NORMANNO ROBERTO;

– ricorrente –

contro

CONFITEX JEANS SRL, elettivamente domiciliato in ROMA V.LE REGINA

MARGHERITA 262, presso lo studio dell’avvocato MARSICO LUIGI,

rappresentato e difeso dall’avvocato STASI ALESSANDRA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 66/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

FOGGIA, depositata il 16/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/02/2019 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società Equitalia Sud spa chiede sulla base di quattro motivi la cassazione della sentenza n. 66/27/12 con la quale la Commissione tributaria regionale della Puglia rigettava l’appello incidentale volto alla remissione della causa al primo giudice al quale aveva rivolto istanza di chiamare in causa l’ente impositore, ritenuto legittimato passivo rispetto a questioni attinenti al merito della controversia, accogliendo l’appello principale della contribuente in ordine al capo della pronuncia relativa alla compensazione delle spese di lite.

Si costituisce la contribuente con controricorso.

Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo, la concessionaria denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, dell’art. 106 c.p.c. e dell’art. 262c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, per avere i giudici di secondo grado escluso la legittimità dell’istanza della chiamata in causa dell’Agenzia, contenuta nella comparsa di risposta, sul presupposto che la società di riscossione avrebbe dovuto provvedere direttamente alla chiamata in causa dell’amministrazione finanziaria, escludendo la necessità dell’intervento del giudice in ipotesi, come quella in esame, in cui non si configura una ipotesi di litisconsorzio necessario.

Deduce al riguardo che l’art. 23, citato in rubrica è chiaro nel prescrivere le modalità con cui il resistente può chiedere di essere autorizzato a chiamare in causa il terzo, adducendo che, con l’appello incidentale aveva censurato la prima decisione nella parte in cui aveva affermato erroneamente la tardività della costituzione della società di riscossione, con la conseguente esclusione della chiamata in causa e che, invece, la CTR aveva omesso di decidere su detto motivo di appello, affermando che era onere dell’appellante incidentale chiamare in primo grado direttamente l’Agenzia delle Entrate senza chiedere l’autorizzazione della Commissione.

3. Con il secondo mezzo, si duole della violazione dell’art. 102 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, ritenendo che, al contrario di quanto affermato dal decidente, la concessionaria è sostituto processuale ai sensi dell’art. 81 c.p.c. dell’ente creditore, con la conseguenza che l’Equitalia e l’Agenzia sono da reputarsi litisconsorti necessari.

4. Con il terzo motivo, si lamenta violazione del giudicato interno, per avere i giudici territoriali trascurato di considerare che la CTP aveva correttamente affermato che la chiamata in causa dovesse essere richiesta con le forme osservate dall’Equitalia, ma che nel caso di specie, la sua tardiva costituzione ne aveva determinato la decadenza, errando nel computo dei termini di sessanta giorni dalla data della notifica del ricorso.

Questa decisione – corretta istanza di chiamata in causa nelle controdeduzioni – non essendo stata attinta da alcuna delle parti, se non dalla medesima concessionaria per il solo erroneo computo dei termini di costituzione, era ormai passata in giudicato, impedendo alla CTR di affermare il principio contrario non censurato.

5. Con la quarta censura, la ricorrente lamenta l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo il decidente esaminato la doglianza proposta con l’appello incidentale secondo la quale la decisione concernente l’intempestività della costituzione era stata assunta sulla base di un errore di calcolo dei termini.

6. La seconda censura, da esaminarsi per priorità logica, va disattesa.

Va premesso che – a seguito di Cass. SS.UU. 16412/07 – è andato consolidandosi l’indirizzo interpretativo di legittimità secondo il quale il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche alla invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell’ente impositore quanto del concessionario; senza che sia tra i due soggetti configurabile alcun litisconsorzio necessario. Resta peraltro fermo, in presenza di contestazioni involgenti il merito della pretesa impositiva, l’onere per l’agente della riscossione di chiamare in giudizio l’ente impositore, D.Lgs. n. 112 del 1999, ex art. 39; così da andare indenne dalle eventuali conseguenze negative della lite.

In applicazione di tale orientamento, si è affermato che (Cass. ord. 10528/17) “in tema di contenzioso tributario, il contribuente, qualora impugni una cartella esattoriale emessa dall’agente della riscossione deducendo la mancata notifica dei prodromici atti impositivi, può agire indifferentemente nei confronti dell’ente impositore o dell’agente della riscossione, senza che sia configurabile alcun litisconsorzio necessario, costituendo l’omessa notifica dell’atto presupposto vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto successivo ed essendo rimessa all’agente della riscossione la facoltà di chiamare in giudizio l’ente impositore”; e, inoltre, che (Cass. 9762/14): “in tema di disciplina della riscossione delle imposte mediante iscrizione nei ruoli, nell’ipotesi di giudizio relativo a vizi dell’atto afferenti il procedimento di notifica della cartella, non sussiste litisconsorzio necessario tra l’Amministrazione Finanziaria ed il Concessionario alla riscossione, nè dal lato passivo, spettando la relativa legittimazione all’ente titolare del credito tributario con onere del concessionario, ove destinatario dell’impugnazione, di chiamare in giudizio il primo se non voglia rispondere delle conseguenze della lite, nè da quello attivo, dovendosi, peraltro, riconoscere ad entrambi il diritto all’impugnazione nei diversi gradi del processo tributario (v. Cass. n. 8295/2018; n. 9216/2018; Cass. n. 14125/2016).

Deve dunque escludersi la configurabilità di un litisconsorzio necessario qualora, come nella specie, il giudizio sia promosso dal concessionario o nei confronti dello stesso, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la circostanza che la domanda abbia ad oggetto l’esistenza del credito, anzichè la regolarità o la validità degli atti esecutivi, dal momento che l’eventuale difetto del potere di agire o resistere in ordine all’accertamento del credito non determina la necessità di procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti del soggetto che ne risulti effettivamente titolare, ma comporta esclusivamente l’insorgenza di una questione di ‘legittimazione, per la cui soluzione non è indispensabile la partecipazione al giudizio dell’ente creditore.

Tuttavia, “Se l’azione del contribuente per la contestazione della pretesa tributaria a mezzo dell’impugnazione dell’avviso di mora è svolta direttamente nei confronti dell’ente creditore, il concessionario è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa (v. Cass. n. 21222 del 2006); se la medesima azione è svolta nei confronti del concessionario, questi, se non vuole rispondere dell’esito eventualmente sfavorevole della lite, deve chiamare in causa l’ente titolare del diritto di credito. In ogni caso l’aver il contribuente individuato nell’uno o nell’altro il legittimato passivo nei cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore nell’ipotesi di azione svolta avverso il concessionario, onere che, tuttavia, grava su quest’ultimo, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio” (conformi, fra varie, Cass. 3 ottobre 2007 n. 22939, Cass. ord. 2 febbraio 2012 n. 1532, Cass. 29 maggio 2013 n. 13331).

7.La prima e la terza censura- che, in quanto intimamente connesse attenendo alla medesima questione, possono essere congiuntamente esaminate – meritano accoglimento, assorbita la quarta.

Dalla lettura del citato art. 23, emerge con tutta evidenza che la parte deve proporre istanza per la chiamata in causa del terzo, al fine di essere tenuto indenne, proposizione che esclude il potere-dovere della resistente (sia essa la concessionaria, sia essa l’ente impositore) di chiamare in causa il terzo direttamente e senza il provvedimento autorizzatorio del giudice. In tema di contenzioso tributario, la costituzione in giudizio della parte resistente deve avvenire, ai sensi del D.Lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 23, entro sessanta giorni dalla notifica del ricorso, a pena di decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio e di fare istanza per la chiamata di terzi (Sez. 5, n. 6734 del 02/04/2015)

Nella specie, come dà atto la stessa CTR, la concessionaria nel suo atto introduttivo, aveva richiesto la chiamata in causa dell’ente creditore: tale istanza non era stata però disattesa dai primi giudici che avevano ritenuto tardiva la costituzione dell’ente.

Il giudice di secondo grado, presumibilmente ritenendo tempestivo il

– ricorso, ha affermato che l’omessa autorizzazione poteva essere superata attraverso la chiamata diretta da parte del concessionario (Sez. 1, n. 21101 del 19/10/2015).

8. Se, pertanto, non si può addebitare all’odierna ricorrente un adempimento che non avrebbe legittimamente potuto effettuare, si deve altresì prendere atto che la CTR ha falsamente interpretato il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 23,comma 3, impedendo la partecipazione al contraddittorio anche dell’ente impositore, fra l’altro in grado “in base ai dati indicati nella cartella di pagamento, di … efficacemente contrastare l’eccezione sollevata dal contribuente in merito alla mancata comunicazione dell’esito della liquidazione” (Cass. n. 3668/2017).

9. Nè rileva al riguardo il D.L. 112 del 1999, art. 39, che regola solo il dovere (sostanziale) del concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, di chiamare in causa l’ente creditore interessato, rispondendo, in mancanza, delle conseguenze della lite. Appare evidente che il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39, non contempla una fattispecie processuale sussumibile nella previsione dell’art. 106 c.p.c., bensì una ipotesi di semplice denuncia della lite ovvero di litis denuntiatio, istituto, di natura meramente sostanziale, già previsto in specifiche disposizioni di legge, che ha lo scopo di mettere il terzo in condizioni di potere intervenire.

Conferma quanto sopra esposto la stessa collocazione topografica della norma, inserita nel provvedimento normativo che disciplina proprio il rapporto (squisitamente di natura sostanziale) tra agente della riscossione ed ente creditore, in relazione all’affidamento al primo del servizio di riscossione delle entrate tributarie, nonché la circostanza per cui l’omessa chiamata in causa dell’ente creditore determina conseguenze solo sul piano meramente sostanziale (obbligo di risarcimento del danno), mentre non incide minimamente sul rapporto processuale già instaurato tra contribuente ed agente della riscossione, come confermato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la pronuncia del 25.07.2007 n. 16412.

Dalla natura meramente sostanziale della litis denuntiatio consegue che la chiamata in causa dell’ente creditore, D.Lgs. n. 112 del 1999, ex art. 39, può avvenire con qualunque modalità (raccomandata a.r.; notifica tramite ufficiale giudiziario, ecc.), liberamente scelta dall’agente della riscossione, idoneo a portare a conoscenza dell’ente l’esistenza della lite.

10. Detta norma, tuttavia, non ha modificato le norme del processo tributario, di guisa che l’onere di chiamare in causa l’ente creditore deve essere effettuato nelle forme prescritte dal citato art. 23, che richiama, implicitamente, il dettato dell’art. 269 c.p.c..

Detta interpretazione trova conferma in quelle pronunce con le quali questa Corte ha affermato che, in tema di chiamata in causa di un terzo su istanza di parte, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario di cui all’art. 102 c.p.c., è discrezionale il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione del terzo, chiesta tempestivamente dal convenuto ai sensi dell’art. 269 c.p.c., come modificato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353; conseguentemente, qualora sia stata chiesta dal convenuto la chiamata in causa del terzo, in manleva o in regresso, il giudice può rifiutare di fissare

– una nuova prima udienza per la costituzione del terzo, motivando la propria scelta sulla base di esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo (Cass. 28 marzo 2014; n. 7406; n. 1112/2015). Trattandosi di un potere discrezionale, il relativo esercizio, in senso positivo o negativo, non può essere oggetto di censura con il mezzo dell’appello o del ricorso per cassazione.

11. Nella fattispecie, invece, il rifiuto all’autorizzazione della chiamata in causa è stato motivato dai giudici di appello non sulla base di esigenze processuali e ragionevole durata del processo che potrebbero essere prevalenti rispetto alle esigenze della Concessionaria di essere tenuta indenne dalle conseguenze della decisione della lite, o sulla base di una scelta puramente discrezionale, bensì sulla base di una erronea interpretazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23.

Non sussiste al contrario il giudicato interno sulla interpretazione giuridica del citato art. 23 offerta dai giudici di primo grado, avendo la società Confitex jeans srl proposto appello incidentale avverso detto capo della sentenza, sostenendo la tesi che la società di riscossione dovesse chiamare direttamente in causa l’Agenzia delle Entrate nel termine di 60 giorni dalla notifica del ricorso.

Conclusivamente, il ricorso va accolto con riferimento al primo ed al terzo motivo, respinto il secondo ed assorbito il quarto, in quanto l’omessa autorizzazione alla chiamata in causa ha esposto la concessionaria alla refusione delle spese di lite, con rinvio per nuova valutazione alla CTR Puglia, in diversa composizione, che si atterrà ai principi sopra esposti e provvederà altresì alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, limitatamente al primo ed al terzo motivo, respinto il secondo ed assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Puglia CTR in altra composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente grado del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, il 27 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2019

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