Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9249 del 06/04/2021

Cassazione civile sez. III, 06/04/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 06/04/2021), n.9249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34460/2019 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Bari, via Abate Gimma 1,

presso lo studio dell’avv. LOREDANA LISO, che lo rappresenta e

difende per procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE CORTE CASSAZIONE, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA

CORTE APPELLO BARI;

– intimati –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– resistente –

avverso la sentenza n. 1411/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 24/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/11/2020 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1- S.M. propone ricorso notificato l’11.11.2019 ed articolato in cinque motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari, n. 1411/2019, pubblicata il 4.6. 2019.

Il ricorrente, proveniente dal (OMISSIS), dal territorio di Casamance, riferisce la propria vicenda giudiziaria e personale, dichiarando di essere giunto in Italia per sottrarsi ad uno scontro di etnie tra il suo villaggio ed il villaggio vicino, ed in particolare tra etnie mandingo e polar, per la proprietà di un terreno. Dopo il suo arrivo in Italia, il padre veniva ucciso a causa di questo conflitto.

2- Il ricorrente impugnava innanzi al Tribunale di Bari il provvedimento di diniego delle forme protezione internazionale da lui richieste (status di rifugiato, o, in subordine, protezione sussidiaria ovvero umanitaria) emesso dalla Commissione territoriale. Il Tribunale rigettava integralmente il ricorso, ritenendo la vicenda narrata irrilevante ai fini della concessione di una delle forme di protezione internazionale.

3- La corte d’appello confermava la valutazione del primo giudice, rilevando che l’appellante tentasse di far passare per conflitti etnici meri conflitti privati tra soggetti appartenenti a villaggi vicini legati al controllo della terra.

4. – Il Ministero dell’Interno, intimato, ha depositato atto con il quale comunica la sua disponibilità a partecipare alla discussione orale.

La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.

Diritto

RITENUTO

che:

con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) ed f) e artt. 7 e 8. Con le riferite censure si assume non tenuto in conto il requisito essenziale per ricevere la protezione consistente nel riconoscimento dello status di rifugiato, integrato dal fondato timore di una persecuzione personale e diretta nei propri confronti: sostiene di aver messo a disposizione del giudicante, con il proprio racconto, elementi idonei.

Senza ulteriormente confrontarsi con il provvedimento impugnato, riproduce pagine e pagine di dottrina e giurisprudenza sulla nozione di atti persecutori.

Con il secondo motivo, lamenta la violazione e o falsa applicazione del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g) ed h) ed art. 14, lett. b).

Assume che gli scontri tra etnie esistenti in Senegal costituiscono una grave violazione della dignità umana, atti a costituire quel trattamento degradante che integra il danno grave alla persona richiesto per il riconoscimento della protezione internazionale. Sostiene che a nulla rileva che le minacce provengano da privati quando, come nel caso di specie, le minacce provengano dalle stesse autorità pubbliche, o comunque lo Stato non voglia o non possa fornire una protezione adeguata al privato. Riferisce poi varie informazioni, tratte dal sito “(OMISSIS)” in ordine alla mancanza di sicurezza del Senegal.

Con il terzo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 19, comma 8, affermando che esso conferisce ampi poteri officiosi al giudice in materia di protezione internazionale.

Con il quarto motivo, denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e l’omesso esame di un fatto decisivo, consistente nella mancata acquisizione d’ufficio di elementi per valutare la credibilità del ricorrente, ritenuto inattendibile sulla base di una semplice valutazione soggettiva, oltretutto appiattita sulle considerazioni già svolte dalla Commissione, tralatiziamente riprese prima dal tribunale e poi anche dalla corte d’appello.

Infine, con il quinto motivo, denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, sostenendo che, col negare il suo diritto al riconoscimento della protezione umanitaria, la corte d’appello lo avrebbe posto in una condizione di estrema vulnerabilità.

Il ricorso è complessivamente inammissibile perchè, pur criticando il rigetto di tute le domande proposte, con autonomi motivi di ricorso, non si confronta affatto con la motivazione della pronuncia impugnata. Al contrario, si limita a riproporre le proprie argomentazioni e a svilupparle in fatto, quasi a sollecitare la Corte ad un’inammissibile rinnovazione del giudizio di merito, sostenendo del tutto apoditticamente che i suoi diritti alla protezione internazionale non siano stati adeguatamente tutelati, in maniera del tutto astratta, senza cioè confrontarsi con i singoli passi della sentenza in relazione ad ogni censura e con le ragioni della decisione.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività processuale in questa sede.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e il ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravato dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis e comma 1 quater, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2021

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