Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9244 del 17/04/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9244 Anno 2013
Presidente: CARLEO GIOVANNI
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso 13069-2007 proposto da:
FIRS ITALIANA DI ASSICURAZIONI S.P.A. IN L.C.A. in
persona del Commissario Liquidatore Dott. MARIO
PERRONE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C.
MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato CONSOLO
GIUSEPPE, che la rappresenta e difende giusta delega
2012

in atti;
– ricorrente –

1686

contro

FONDIARIA SAI S.P.A. , CARDONI SILVESTRO, CARDONI
EUSEPIO;

1

Data pubblicazione: 17/04/2013

- intimati avverso la sentenza n. 439/2006 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositata il 12/10/2006, R.G.N.
321/1996;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato GIANFRANCO RUGGIERI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha cocluso per il
rigetto del ricorso;

2

udienza del 25/10/2012 dal Consigliere Dott. GIACOMO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’ottobre del 1985 Eusepio Cardoni convenne in giudizio,
dinanzi al tribunale di Terni, il fratello Silvestro,
chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti nel
corso di una battuta di caccia, in conseguenza di un colpo di

Il convenuto, riconosciuta la propria responsabilità, chiese
ed ottenne di chiamare in giudizio la Firs italiana
assicurazioni, che, nel costituirsi, eccepì la inoperatività
della polizza,

non essendo garantita alcuna copertura

assicurativa per i fratelli.
Il giudice di primo grado respinse la domanda.
La corte di appello di Perugia, investita del gravame proposto
dall’attore, preso atto dell’intervento volontario spiegato
(in applicazione analogica dell’art. 25 della legge 990/69)
dalla Fondiaria-Sai quale impresa designata per il Fondo di
garanzia vittime della caccia, lo accolse, condannando
Silvestro Cardoni al pagamento, in favore del fratello
Eusepio, della somma di E. 126.610, condanna rispetto alla
quale la Firs venne obbligata alla manleva in favore
dell’appellato nei limiti del massimale di polizza (circa 10
mila euro).
La

sentenza

è

stata

impugnata

dalla

Firs

italiana

assicurazioni in 1.c.a. con ricorso per cassazione articolato
in 2 in motivi.
Le parti intimate non hanno svolto attività difensiva.

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fucile da quegli involontariamente esploso al suo indirizzo.

moTrvI

DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.
Con

primo motivo,

si denuncia

violazione e/o errata

applicazione del’art. 2909 c.c. in relazione agli artt. 292,
332,343 c.p.c; omessa e/o errata motivazione su punto decisivo

Il motivo è corredato dal seguente quesito di diritto (ex art.
366 bis c.p.c. nel vigore del D.lgs. 40/2006):
Dica la corte se, controvertendosi su due diversi rapporti
giuridici (di responsabilità extracontrattuale

e di indennizzo

assicurativo) non avendo l’assicurato – rimasto soccombente
nel giudizio di primo grado riproposto ritualmente la
domanda di garanzia nei confronti della propria compagna
assicuratrice, non sia intervento giudicato interno in merito
alla statuizione contenuta nella sentenza di primo grado che
ha,in quanto assorbita, respinto la domanda di indennizzo
assicurativo.
La censura – prima ancora che infondata nel merito, avendo la
corte territoriale correttamente applicato, nella specie, il
disposto dell’art. 346 c.p.c., qualificando, altrettanto
correttamente, le conclusioni della parte non come appello
incidentale, ma come (legittima) riproposizione di domanda,
non soggetta all’onere della notifica ex art. 292 c.p.c alla
compagnia rimasta contumace in appello deve essere
dichiarata inammissibile in rito, per patente inadeguatezza
del quesito così come formulato, e per indebita

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ella controversia.

sovrapposizione delle ragioni della (pretesa) censurabilità
della sentenza sotto il concorrente profilo della violazione
di legge e del difetto motivazionale.
Questo giudice di legittimità ha già avuto più volte modo di
affermare che il quesito di diritto deve essere formulato, ai

sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da
costituire una sintesi logico-giuridica unitaria della
questione, onde consentire alla corte di cassazione
l’enunciazione di una

regula iuris

suscettibile di ricevere

applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso
dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile il
motivo di ricorso tanto se sorretto da un quesito la cui
formulazione sia del tutto inidonea ad assumere rilevanza ai
fini della decisione del motivo e a chiarire l’errore di
diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla
concreta controversia (Cass. 25-3-2009, n. 7197), quanto che
sia destinato a risolversi (Cass. 19-2-2009, n. 4044) nella
generica richiesta (quale quelle di specie) rivolta al giudice
di legittimità di stabilire se sia stata o meno violata una
certa norma, nemmeno nel caso in cui il ricorrente intenda
dolersi dell’omessa applicazione di tale norma da parte del
giudice di merito. Esso deve, di converso, investire la
decidendi

ratio

della sentenza impugnata, proponendone una

alternativa di segno opposto: e le stesse sezioni unite di
questa corte hanno chiaramente specificato (Cass. ss. uu. 212-2008, n. 28536) che deve ritenersi inammissibile per///7

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violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ. il ricorso per
cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi sia
accompagnata dalla formulazione di un quesito di diritto che
si risolve in una tautologia o in un interrogativo circolare,
che già presupponga la risposta (ovvero la cui risposta non

La corretta formulazione del quesito esige, in definitiva
(Cass. 19892/09), che il ricorrente
la fattispecie concreta, poi

dapprima indichi in esso

la rapporti ad uno schema

normativo tipico, infine formuli, in forma interrogativa e non
assertiva, il principio giuridico di cui chiede
l’affermazione; onde, va ribadito (Cass. 19892/2007)
l’inammissibilità del motivo di ricorso il cui quesito si
risolva (come nella specie) in una generica istanza di
decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata
nel motivo.
Sulla sintesi espositiva necessaria per l’esame del denunciato
vizio di motivazione della sentenza impugnata (sintesi, nella
specie, del tutto omessa), ancora le sezioni unite di questa
corte hanno specificato (Cass. ss.uu. 20603/07) l’esatta
portata del sintagma “chiara indicazione del fatto
controverso” in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la
dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a
giustificare la decisione: la relativa censura deve contenere,
cioè, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto)

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consenta di risolvere il caso sub iudice).

che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non
ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di
valutazione della sua ammissibilità. (la Corte ha ritenuto che
il motivo non fosse stato correttamente formulato in quanto,
esattamente come nel caso che oggi occupa il collegio, la

diversi della decisione, non sempre collegabili tra di loro e
comunque non collegati dal ricorrente).
Violando patentemente tali principi, il motivo deve essere
dichiarato inammissibile.
Con il secondo motivo,

si denuncia

violazione e/o errata

applicazione degli artt. 1418 e 1419 c.c. in relazione alla
clausola di cui all’art. 2 delle condizioni generali della
polizza n.

986057 stipulata con la Firs italiana di

assicurazioni s.p.a.; errata e/o insufficiente motivazione su
punto decisivo della controversia (artt. 360 n. 3 e 5 c.p.c).
La censura è corredata dal seguente quesito:
Dica la corte se la clausola n. 2 delle condizioni generali di
assicurazione, nell’escludere la garanzia assicurativa nel
caso che il terzo danneggiato sia “il coniuge, i genitori, i
figli e i fratelli dell’assicurato” sia valida ed efficace
perché non contrasta con alcuna norma imperativa e
specificamente con quella portata dal’art. 8 comma sesto della
legge 968/77, che fa obbligo a chi esercita la caccia di
munirsi di una assicurazione per la responsabilità civile

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contraddittorietà imputata alla motivazione riguardava punti

verso terzi e, quindi, non può essere sanzionata di nullità ai
sensi degli artt. 1418 e 1419 c.c.
La doglianza è palesemente infondata.
Con motivazione congrua, esaustiva e scevra da vizi logicogiuridici (che questa corte interamente condivide), il giudice

della clausola de qua,

in consonanza con quanto affermato da

questo giudice di legittimità, in fattispecie consimile, con
la sentenza n. 2544 del 1990, ed in applicazione,
mutandis,

mutatis

della regula iuris scaturente dall’intervento della

Corte costituzionale (sentenza n. 188 del 1991) sull’analogo
tema della (illegittima) esclusione della garanzia per i
congiunti dell’assicurato ex art.4 lett. b) della legge
990/1969 in tema di circolazione dei veicoli.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Nessun provvedimento va adottato in tema di spese del presente
giudizio, non avendo le parti intimate svolto alcuna attività
difensiva.
P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, li 25.10.2012

territoriale ha dato conto e ragione della ritenuta nullità

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