Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9243 del 07/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9243 Anno 2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: RUBINO LINA

SENTENZA

sul ricorso 6021-2013 proposto da:
GENNARO PELLEGRINO GNNPLG61T21A783H, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 4, presso
A

2015
335

lo

studio

SIMONA

dell’avvocato

MARTINELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PELLEGRINO
CAVUOTO giusta procura speciale in calce al
ricorso;
– ricorrente contro

1

Data pubblicazione: 07/05/2015

CARRINO VETRARIA SNC, in persona del suo legale
rappresentante pro-tempore, sig. SALVATORE CARRINO,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PASUBIO 4,
presso lo studio dell’avvocato LUCILIA FORTE,
rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO MINIERO

– controricorrente nonchè contro

IAZEOLLA FRANCESCO, DE SANTIS ANGELA, DE SANTIS
PELLEGRINO, DE SANTIS SABRINA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 3423/2012 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 24/10/2012,
R.G.N. 2991/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 05/02/2015 dal Consigliere
Dott. LINA RUBINO;
udito l’Avvocato CAVUOTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

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giusta procura speciale in calce al controricorso;

R.G. 6021 2013
I FATTI

La Carrino Vetraria s.n.c., creditrice di Raffaele de Santis in forza di un decreto
ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, procedette nel 1993 a pignoramento presso il

canoni di locazione commerciale. Lo Iazeolla dichiarò di aver già pagato in unica
soluzione i canoni per tutto il 1993, e di aver preso visione di una cessione del contratto
di locazione anteriore al pignoramento in favore di tale Pellegrino Gennaro, in
considerazione della quale si era impegnato per il futuro a corrispondere il canone di
locazione al Pellegrino anziché al de Santis.
Si procedette al giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, all’esito del quale nel
2008 il giudice di primo grado dichiarò lo Iazeolla debitore del De Santis.
Proponeva appello il Pellegrino Gennaro, intervenuto nel corso del giudizio di primo
grado, deducendo tra l’altro che lo stesso immobile oggetto del contratto di locazione
era stato sottoposto, fin dal 1989, ad esecuzione immobiliare; chiedeva dichiararsi la
nullità della sentenza di primo grado per violazione dell’art. 2912 c.c. ovvero in
subordine la nullità del pignoramento e dell’azione di accertamento, che sarebbe stata
eventualmente di competenza del custode nominato nella procedura esecutiva
immobiliare; in via ulteriormente subordinata, chiedeva dichiararsi che l’atto di cessione
in suo favore fosse stato stipulato anteriormente alla notifica del pignoramento.
La Carrino Vetraria s.n.c. proponeva appello incidentale, lamentando che non fossero
state quantificate le somme delle quali lo Iazeolla era stato dichiarato debitore del de
Santis, ed eccepiva la novità delle eccezioni proposte dall’appellante.
La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza impugnata, dichiarava inammissibile e
rigettava l’appello principale, e accoglieva l’appello incidentale dichiarando lo Iazeolla
debitore del de Santis degli importi dovuti in virtù del contratto di locazione dalla
notifica del pignoramento (28.10.1993) fino alla scadenza del contratto ( febbraio 1999).

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terzo Iazeolla Francesco, pignorando le somme da questi dovute al de Santis a titolo di

La corte territoriale dichiarava inammissibile l’appello del Pellegrino in quanto carente di
interesse a far valere che l’immobile dei cui canoni di locazione si discuteva fosse stato
assoggettato a pignoramento da data precedente all’inizio dell’esecuzione presso terzi.
Dichiarava inammissibile anche il motivo di appello del Pellegrino volto a far valere
l’anteriorità della cessione contrattuale in suo favore rispetto al pignoramento, non
essendo mai stato prodotto in atti, nonostante le reiterate richieste, l’originale del

notarile di conformità del documento in fotocopia all’originale datata 27.10.1993.
Pellegrino Gennaro propone ricorso articolato in cinque motivi per la cassazione della
sentenza n. 3423 del 2012 della Corte d’Appello di Napoli, notificata il 13.12.2012,
regolarmente depositata, nei confronti di Carrino Vetraria s.n.c., Iazeolla Francesco, De
Santis Angela, Pellegrino e Sabrina, quali eredi di Raffaele de Santis.
Resiste con controricorso la Carrino Vetraria s.n.c.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il Pellegrino, assumendo di essere il cessionario del
contratto di locazione, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 65 e 100
c.p.c. e degli artt. 2912 e 2919 c.c., nonché l’insufficienza e contraddittorietà della
motivazione, laddove la corte d’appello ha ritenuto inammissibile il suo appello in
quanto carente di interesse a dimostrare che esisteva un pignoramento immobiliare
sull’immobile i cui canoni erano oggetto del pignoramento presso terzi, precedente al
pignoramento e sulla carenza di legittimazione del creditore ad effettuare il
pignoramento in quanto, dopo il pignoramento, unico legittimato sarebbe stato il
custode in quanto il pignoramento si estendeva anche ai canoni, frutti civili del bene.
Aggiunge che il bene immobile è stato nel frattempo venduto all’asta e trasferito ai terzi
aggiudicatari.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.
548 c.p.c. in ordine al difetto di legittimazione attiva del creditore ed alla sua rilevabilità
d’ufficio. Sostiene infatti che, stante l’esistenza di anni precedente di un pignoramento
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contratto di cessione della locazione ma solo una fotocopia che recava a tergo una firma

immobiliare sull’immobile i cui canoni erano stati pignorati dalla Carrino Vetraria s.n.c.,
il giudice avrebbe dovuto dichiarare anche d’ufficio il difetto di legittimazione attiva in
capo al creditore procedente, unico legittimato ad intraprendere azioni pendente il
pignoramento essendo il custode del bene pignorato.
Con il terzo motivo di ricorso il Pellegrino Gennaro deduce la violazione e falsa
applicazione dell’art. 102 c.p.c. nonchè l’omessa motivazione sulla lesione del

Sostiene che il debitore pignorato, de Santis, era solo il nudo proprietario dell’immobile,
mentre usufruttuari erano i figli e che quindi legittimati passivi nel pignoramento
sarebbero stati anche i figli del de Santis. Lamenta che di questa questione la sentenza
non si sia occupata.
Con il quarto motivo, allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 112 e 345
c.p.c. nonché l’omessa motivazione sulla cessazione della materia del contendere.
Sostiene di aver dedotto in appello che era pendente altra controversia in cui sia la
Carrino Vetraria che altra creditrice avevano fatto opposizione al riparto in altra
esecuzione nei confronti del de Santis, che la opposizione della Carrino Vetraria era
stata accolta con sentenza prodotta dal Pellegrino in appello, n. 1873 del 2008 del
Tribunale di Benevento, e che le era stata attribuita una somma pienamente satisfattiva
del suo credito. Per questo motivo nella parallela opposizione all’esecuzione proposta
dall’altra creditrice Raucci era stata dichiarata la cessazione della materia del contendere,
mentre nel presente giudizio la sua richiesta volta ad ottenere la dichiarazione della
cessazione della materia del contendere non era stata presa in considerazione.
Con il quinto motivo, infine, il ricorrente deduce la contraddittorietà della motivazione
circa la data di stipula della cessione di credito, che egli ha sostenuto essere anteriore al
pignoramento avendo prodotto in giudizio la copia fotostatica del contratto di cessione,
recante sul retro l’attestazione notarile di conformità all’originale datata 27.10.1993,
ovvero il giorno precedente al pignoramento.
L’esame di questo motivo è preliminare all’esame dei precedenti, in quanto la corte
d’appello ha ritenuto che egli non abbia mai efficacemente provato di essere cessionario
del contratto di locazione e di conseguenza ha ritenuto inammissibili alcuni motivi di
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contraddittorio.

appello, sul presupposto che egli mancasse di legittimazione. In particolare, la corte ha
ritenuto non provato che il contratto di locazione fosse stato ceduto al Pellegrino con
atto di data certa anteriore al pignoramento in quanto, atteso il disconoscimento di
conformità della fotocopia prodotta all’originale del contratto di cessione, e atteso che,
nonostante il ripetuto invito a produrre l’originale, il Pellegrino non ha mai provveduto

ritenendolo cessionario del contratto di locazione per atto di data certa anteriore al
pignoramento, non ha mai preso in considerazione le sue deduzioni dichiarando
inammissibili numerosi motivi di appello, che il Pellegrino riproduce con i precedenti
motivi di ricorso.
Il quinto motivo di ricorso, limitato alla censura di contraddittorietà della motivazione, è
inammissibile.
Preliminarmente è opportuno evidenziare che, poiché la sentenza gravata è stata
depositata il 24 ottobre 2012, nel presente giudizio risulta applicabile il testo dell’art. 360
c.p.c., comma 1, n. 5 come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito
con la L. 7 agosto 2012, n. 134. Tale testo – in forza della quale le sentenze ricorribili per
cassazione possono essere impugnate “per omesso esame circa un fatto decisivo per il
giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” – si applica infatti, per il disposto
del suddetto art. 54, comma 3 ai ricorsi per cassazione avverso sentenze pubblicate
dall’I 1 settembre 2012, trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di
conversione del D.L. n. 83 del 2012.
Tanto premesso, il motivo di ricorso è inammissibile perché il nuovo testo dell’art. 360
c.p.c., n. 5, esclude l’autonoma rilevanza del vizio di contraddittorietà della motivazione
(v. anche Cass. n.16300 del 2014).
La nuova e più circoscritta area di rilevanza, all’interno del sindacato di legittimità, del
vizio di motivazione, in riferimento alle sentenze pubblicate dall’I 1 settembre 2012 in
poi, va intesa, in applicazione dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 disp. prel. cod.
civ., tenendo conto della prospettiva della novella, mirata ad evitare l’abuso dei ricorsi
basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali,
supportando la generale funzione nomofilattica della Corte di cassazione. Ne consegue
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a depositare il documento in originale. La corte d’appello di conseguenza, non

che, come già affermato da questa Corte : a) l'”omesso esame” non può intendersi che
“omessa motivazione”, perché l’accertamento se l’esame del fatto è avvenuto o è stato
omesso non può che risultare dalla motivazione; b) i fatti decisivi e oggetto di
discussione, la cui omessa valutazione è deducibile come vizio della sentenza impugnata,
sono non solo quelli principali ma anche quelli secondari; c) è deducibile come vizio
della sentenza soltanto l’omissione e non più l’insufficienza o la contraddittorietà della

non idonee a rivelare la “ratio decidendi”, si risolvano in una sostanziale mancanza di
motivazione ( v. Cass. n. 7983 del 2014).
Nel caso di specie il ricorrente non ipotizza neppure una sostanziale mancanza di
motivazione , del resto da escludersi atteso che la sentenza impugnata non contesta in
assoluto che la attestazione di conformità apposta dal notaio e datata avrebbe potuto
essere idonea a superare la mancanza dell’originale del documento : essa afferma, con
motivazione sul punto circostanziata, che per come era stato materialmente apposto, il
visto di conformità non era idoneo a svolgere quella funzione probatoria che il
Pellegrino intendeva attribuirvi : infatti essa ribadisce, come già osservato dal giudice di
prime cure ( rimarcando che sul punto il Pellegrino nulla ha detto in appello limitandosi
a riprodurre la sua linea difensiva senza replicare alle osservazioni del primo giudice o
tentare di mostrare le lacune del ragionamento motivazionale) che la copia fotostatica del
contratto, depositata in atti, recava un timbro indecifrabile non sul retro del testo ma sul
retro di un foglio bianco e in tal modo non garantiva alcuna continuità, né con la
scrittura precedente, né ai fini dell’autenticazione delle firme.
Riprendendo ora in esame i primi motivi articolati dal ricorrente, all’inammissibilità del
quinto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente attaccava inefficacemente il punto
centrale della sentenza impugnata, laddove essa gli ha negato la titolarità di una posizione
contrattuale di data certa opponibile al pignoramento, consegue il rigetto del primo
motivo, con cui egli contesta che sia stato dichiarato inammissibile il suo appello in
quanto carente di legittimazione a dimostrare che esisteva un precedente pignoramento
immobiliare sull’immobile i cui canoni erano stati oggetto del pignoramento presso terzi.
Il presupposto in base al quale la corte d’appello lo ha ritenuto carente di interesse a far
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motivazione, salvo che tali aspetti, consistendo nell’estrinsecazione di argomentazioni

valere tale motivo di appello — ovvero la mancanza di prova di una cessione contrattuale
in suo favore — non è stato toccato da questa pronuncia ed anzi esce confermato dalla
declaratoria di inammissibilità del quinto motivo. Ne consegue il rigetto del primo
motivo del ricorso.
I motivi secondo, terzo e quarto devono essere dichiarati inammissibili..
Il secondo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto l’esame della

difetto di legittimazione attiva in capo al creditore ove rilevato da un soggetto non
legitittirnato, è precluso dalla mancanza di una puntuale indicazione o riproduzione del
precedente pignoramento immobiliare caduto sullo stesso bene dei cui canoni di
locazione si discute, che è il presupposto in fatto necessario per poter prendere in
considerazione la questione proposta dal ricorrente.
I motivi terzo e quarto possono essere trattati congiuntamente perché caratterizzati dalla
stessa, carente, tecnica redazionale, e sono inammissibili.
Il ricorrente non deduce, in violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c., in quale atto del giudizio
di appello avrebbe sollevato le due eccezioni oggetto dei due motivi e se esse siano state
riprodotte nelle conclusioni né indica se l’atto che le conteneva sia stato ridepositato in
cassazione. Se la questione fosse stata dedotta in appello e non esaminata sarebbe poi
se del caso ipotizzabile un vizio di omessa pronuncia, non denunciato.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio
2013, ed in ragione della soccombenza del ricorrente, la Corte, ai sensi dell’art. 13
comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 , dà atto della sussistenza dei presupposti per
il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello
stesso art. 13.

P.Q.M.

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questione relativa alla rilevabilità ex officio da parte del giudice della esistenza di un

La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico del ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla
controricorrente, che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui 200,00 per spese, oltre
contributo spese generali ed accessori.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale.

Il Consigliere estensore

Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 5 febbraio 2015

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