Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 924 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/01/2020, (ud. 18/09/2019, dep. 17/01/2020), n.924

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10115-2014 proposto da:

VIAREGGIO SUPERYACHTS SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA

CAPOROSSI, rappresentato e difeso dall’avvocato CARDENA’ CLAUDIA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 106/2013 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 10/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/09/2019 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.

Fatto

RITENUTO

CHE:

La società Viareggio Superyachts srl esponeva di avere ricevuto avviso di accertamento con il quale, per l’anno 2005, veniva recuperato a tassazione, ai fini Ires ed Irap, un maggior reddito imponibile di Euro 155.034,75 derivante dal mancato riconoscimento della deduzione di un costo, rappresentato dal pagamento di due fatture della società consortile Polo Nautico Viareggio spa, in quanto non inerente, ed applicata la sanzione di Euro 57.751.

Lo stesso, infatti, si riferiva all’acquisto di una immobilizzazione materiale per uso pluriennale, ed avrebbe dovuto essere dedotto in quote annuali.

La società impugnava l’avviso davanti alla CTP di Lucca che accoglieva il ricorso, ma la CTR della Toscana, su appello dell’ufficio, accoglieva in gran parte i motivi di quest’ultimo, confermando la ripresa a tassazione del costo, e riducendo soltanto la sanzione ad Euro 10.000.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre la società sulla base di un motivo. Si costituisce l’ufficio con controricorso e ricorso incidentale.

In vista dell’udienza del 18.9.2019 la società ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con l’unico motivo la società deduce violazione del tuir, art. 109, e art. 2697 c.c.; in subordine dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La CTR ha errato laddove ha ritenuto il costo – riguardante l’acquisto di un immobile non inerente all’anno in questione, perchè relativo all’acquisto di un bene pluriennale.

L’ufficio ha in primo luogo eccepito l’inammissibilità del motivo perchè, sebbene rubricato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in realtà censura vizi motivazionali della sentenza, che dovrebbero essere denunciati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ma non sono più ammissibili ai sensi della nuova formulazione di quest’ultima norma.

Con il motivo di ricorso incidentale l’ufficio deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 1, comma 2, e del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 19.

La CTR ha errato nel ridurre le sanzioni, non sussistendone i presupposti.

Il motivo di ricorso principale è fondato.

Lo stesso, innanzi tutto, non è viziato da inammissibilità, come eccepito dall’ufficio, tendendo a censurare non la motivazione della sentenza in sè, ma l’interpretazione che la sentenza ha dato del concetto di inerenza.

Nel merito, sul concetto di inerenza questa Corte si è espressa numerose volte nel corso degli ultimi anni; questo collegio ritiene di aderire alla nozione espressa, tra le altre, di recente, da sez. V n. 15856 del 2018, secondo cui

la nozione di inerenza che connota i costi deducibili, fondata sul richiamo al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 5, esprime la riferibilità dei costi sostenuti, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, all’attività d’impresa propriamente detta, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea a tale attività, e secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la nozione di inerenza implica quella di congruità, sicchè deve escludersi la deducibilità di costi sproporzionati o eccessivi, in quanto non inerenti.

Un costo, pertanto, non è deducibile se non è funzionale all’attività della impresa, ed è inerente nella misura in cui può dirsi congruo.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l’inerenza all’attività d’impresa delle singole spese e dei costi affrontati, indispensabile per ottenerne la deduzione del D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 75, (ora art. 109), va definita come una relazione tra due concetti – la spesa (o il costo) e l’impresa -, sicchè il costo (o la spesa) assume rilevanza ai fini della qualificazione della base imponibile non tanto per la sua esplicita e diretta connessione ad una precisa componente di reddito, bensì in virtù della sua correlazione con un’attività potenzialmente idonea a produrre utili (v. Cass. n. 20049/2017, n. 4041/2015, n. 1465/2009).

In questo senso, il concetto che appare emergere dalla sentenza, secondo cui la spesa in questione si riferisce all’acquisizione di spazi immobiliari, e quindi non a prestazioni di servizi da parte del consorzio alla società nello specifico anno di imposta in discussione – e, in tal senso, non è inerente – appare eccessivamente restrittivo, posto che non è contestato in atti (e questo con riflessi anche sulle considerazioni in ordine all’onere della prova) che l’acquisizione dei suddetto spazio immobiliare fosse strumentale all’esercizio dell’attività di impresa, nè la congruità del costo in sè (e questo con riflessi sul concetto “quantitativo” di inerenza).

Va anche detto, peraltro, sempre ai fini della valutazione sulla corretta interpretazione delle norme, che i fatti di causa non emergono in maniera così chiara dalla sentenza, la quale in apertura di motivazione esclude che il consorzio abbia reso un servizio alla società ricorrente nell’anno di riferimento, ma poi, nella seconda parte, qualifica i costi di cui alle fatture come “costi di gestione” dell’area assegnata alla ricorrente, e non potendosi, allo stato, interpretare la situazione se non nel senso che la gestione suddetta fosse svolta da parte del consorzio, evidentemente nell’interesse della ricorrente e per lo svolgimento dell’attività di impresa.

La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata, con rinvio del procedimento alla CTR della Toscana.

In sede di rinvio, occorrerà, quindi, per prima cosa chiarire esattamente i fatti, e cioè la situazione di fatto che intercorreva tra consorzio e società ricorrente, ed il rapporto tra i due soggetti, attesa la varietà di situazioni che si possono presentare (Sez. Un. 12190 e 12191 del 2016, ma anche sez. V, n. 13360 del 2019), ed alla luce di questi valutare se nel caso concreto la spesa possa ritenersi inerente, tenendo, però, conto della definizione sopra esposta di tale concetto. Infine occorrerrà valutare, a seconda della qualificazione del costo, i criteri di eventuale deducibilità.

L’accoglimento del ricorso principale determina l’assorbimento del ricorso incidentale, atteso che la analisi della fondatezza o meno dell’accertamento è preliminare rispetto a quella delle sanzioni.

P.Q.M.

Accoglie il motivo del ricorso principale.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla CTR della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Dichiara assorbito il motivo del ricorso incidentale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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