Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 924 del 17/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 924 Anno 2014
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: CAMPANILE PIETRO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI FOGGIA
Elettivamente domiciliato in Roma, via G. Bettolo,
n. 6, nello studio dell’avv. Patrizia Titone (telefax 0881.771906; giannicerisano@studiocerisano.it );
rappresentato e difeso dall’avv. Gianni Cerisano,
giusta procura speciale a margine del ricorso.
ricorrente
contro

Data pubblicazione: 17/01/2014

IMPERIO ROSA
Elettivamente domiciliata in Roma, Via Padova, n.

sentata e difesa, giusta procura speciale in calce
al controricorso dall’avv. Vincenzo D’Isidoro (e
mail: studiodisidoro@tiscali.it).
-controricorrenteavverso la sentenza n. 282 della Corte di appello
di Bari, depositata in data 28 marzo 2006;
sentita la relazione all’udienza del 6 giugno 2013

al f-~ 3911.

Dt5 tt.

Pietr Campanneí

Udite le richieste del Procuratore Generale, in
persona del sostituto dott. Pasquale Fimiani, il
quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
l – Con atto di citazione ritualmente notificato
la signora Rosa Imperio conveniva in giudizio il
Comune di Foggia davanti alla Corte di appello di
Bari, chiedendo la determinazione della giusta indennità in relazione all’occupazione temporanea e
all’espropriazione di un’area di terreno ubicata
nel rione Diaz del Comune di Foggia.
1.1 – Instauratosi il contraddittorio, veniva disposta ed attuata consulenza tecnica d’ufficio :

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l, nello studio dell’avv. Antonio Dastoli; rappre-

l’esperto nominato, dato atto che nell’area era
stato realizzato, in conformità alla propria destinazione, un edificio scolastico, nella propria re-

applicazione del criterio “sintetico-comparativo”
(e traendo, a tal fine, elementi di valutazione da
“compravendite effettivamente avvenute”), sulla base di un parametro unitario pari a lire 135.000
per metro quadrato.
1.2 – La corte di appello, ritenute fondate le critiche avanzate nei confronti di detta relazione,
per non aver il consulente indicato le fonti utilizzate per la stima secondo il criterio sinteticocomparativo, riferendosi, anche dopo essere stato
invitato a fornire chiarimenti, a non meglio precisate indagini di mercato, affermava tuttavia che
tale valutazione potesse essere utilizzata come
“dato di partenza” per la determinazione
dell’indennità, cui perveniva attribuendo al terreno oggetto di espropriazione, sulla base di una valutazione equitativa, un valore, per metro quadro,
di lire 60.000.
1.3 – Per la cassazione di tale decisione il Comune
di Foggia propone ricorso, affidato a due motivi,
cui la parte intimata resiste con controricorso.

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lazione determinava il valore del suolo, facendo

Motivi della decisione

2 – Preliminarmente deve rilevarsi l’infondatezza
dell’eccezione di inammissibilità del ricorso, sol-

mancanza di una delibera dell’organo dell’ente territoriale in merito all’impugnazione della sentenza
della Corte di appello e all’ affidamento del relativo incarico professionale. Infatti, nel nuovo
quadro delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l’autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario
ai fini della proposizione o della resistenza
all’azione, salva restando la possibilità – nella
specie neppure allegata – per lo statuto comunale
– competente a stabilire i modi di esercizio della
rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio,
ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. 18 agosto 2000, n.
267 – di prevedere l’autorizzazione della giunta
stessa (Cass., 21 novembre 2011, n. 24433; Cass.
Sez. un., 16 maggio 2005, n.1289).
2.1 – Del tutto generica e priva di pertinenza è,
poi, l’eccezione fondata sulla carenza del requisito richiesto dall’art. 366, primo comma, n. 6
c.p.c., in quanto il ricorso, incentrato su vizi

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levata dalla controricorrente sulla base della

intrinseci della decisione impugnata, non si fonda
su alcun documento.
2.2 – Sempre in via preliminare, osserva la Corte

lità del ricorso, in quanto inerente a questioni di
merito, venendo al contrario in considerazione, come si dirà, rimarchevoli difetti motivazionali ed
errores in iudicando.
3.1 – Con il primo motivo, denunciando omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e
violazione dell’art. 19 della l. n. 865 del 1971,
l’ente territoriale sostiene che la corte di appello, omettendo di indicare i parametri utilizzati
per la determinazione dell’indennità, abbia violato
i relativi criteri normativi, senza fornire, per
altro, alcuna motivazione.
3.2 – Con il secondo mezzo si deduce violazione degli artt. 32 e 37 del D.P.R. n. 327 del 2001, nonché dell’art. 5 bis della 1. n. 359 del 1992, in
quanto la destinazione dell’area ad edilizia scolastica non avrebbe consentito di affermarne la natura edificatoria.
4 – Le censure, corredate da validi quesiti formulati ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.,

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possono

come non colga nel segno il rilievo di inammissibi-

essere congiuntamente esaminate in considerazione
della loro intima connessione.
Esse risultano fondate per le seguenti ragioni.

sate ragioni equitative in merito al valore
dell’area ablata, si è sottratta al compito di determinare la giusta indennità, applicando i criteri
normativi di riferimento e fornendo idonea giustificazione.
4.1 – Il giudice del merito, infatti, si è discostato dalla valutazione del consulente tecnico
d’ufficio, a causa dell’applicazione abnorme del
sistema sintetico-comparativo (l’esperto aveva affermato, in sede di chiarimenti, di aver svolto non
meglio specificate indagini di mercato prescindendo
consapevolmente da atti di trasferimento di suoli
aventi analoghe caratteristiche), per poi, in maniera illogica e contraddittoria, utilizzarla come
“dato di partenza”, determinando “equamente” il valore del suolo attraverso un non altrimenti giustificato abbattimento del valore unitario considerato
dell’ausiliario, e così pervenendo a un risultato
non meno arbitrario.
Di certo, non può attribuirsi efficacia decisiva come sembra essere avvenuto, sia pure attraverso

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La corte territoriale, invocando non meglio preci-

l’impropria utilizzazione del citato elaborato peritale, alla natura dei suoli limitrofi, così prescindendo da una ricognizione legale, sulla base

della natura del terreno oggetto del procedimento:
in tal modo, come rileva la ricorrente in via incidentale, si viene a introdurre, in maniera surrettizia, una nozione di edificabilità di fatto che
prescinde dalla classificazione urbanistica dell’area in considerazione, in netto contrasto con il
consolidato orientamento di questa Corte (Cass. 28
marzo 1996, n. 2856; 11 dicembre 1996, n. 1037; 5
giugno 1997, n. 5111; 14 gennaio 1998, n. 259; 10
aprile 1998, n. 3717; 12 giugno 1998, n. 5893; 3
luglio 1998, n. 6522; 29 agosto 1998, n. 8634; 17
aprile 1999, n. 3839; 29 aprile 1999, n. 4300; 12
luglio 1999, n. 5806; Cass., Sez. Un. 23.4.2001, n.
172). Deve, quindi, ribadirsi la prevalenza attribuita al parametro della edificabilità legale, rivestendo l’edificabilità di fatto un carattere solo
suppletivo e complementare (utilizzabile, ad esempio, in assenza di pianificazione urbanistica:
Cass. 17 settembre 1997, n. 9242; 2 settembre 1998,
n. 8702; o come apprezzamento delle specifiche ca-

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delle previsioni specifiche del piano regolatore,

ratteristiche dell’area legalmente edificabile:
Cass. 29 agosto 1998, n. 8648).
4.2 – Si imponeva, e si impone, dopo le note deci-

n. 181 del 2011, l’applicazione del principio generale secondo cui l’indennizzo deve essere pari al
valore venale del bene, fissato dalla L. 25 giugno
1865, n. 2359, art. 39 che è l’unico criterio ancora vigente rinvenibile nell’ordinamento, anche per
la sua corrispondenza con la riparazione integrale
in rapporto ragionevole con il valore venale del
bene garantita dall’art. 1 del Protocollo allegato
alla Convenzione europea, nell’interpretazione offerta dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
4.2 – Nella misura in cui detta determinazione presuppone la ricognizione giuridica della natura
deve,

dell’area espropriata,

poi,

richiamarsi

l’orientamento di questa Corte, ormai consolidato,
secondo cui ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio la destinazione di aree a edilizia scolastica, nell’ambito della pianificazione
urbanistica comunale, ne determina il carattere non
edificabile, avendo l’effetto di configurare un tipico vincolo conformativo, come destinazione ad un
servizio che trascende le necessità di zone circo-

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sioni della Corte costituzionale n. 348 del 2007 e

scritte ed è concepibile solo nella complessiva sistemazione del territorio, nel quadro della ripartizione zonale in base a criteri generali ed

l’edificabilità, sotto il profilo di una realizzabilità della destinazione ad iniziativa privata o
promiscua pubblico-privata, giacché l’edilizia scolastica è riconducibile ad un servizio strettamente
pubblicistico, connesso al perseguimento di un fine
proprio ed istituzionale dello Stato, su cui non
interferisce la parità assicurata all’insegnamento
privato (Cass., 26 maggio 2010, n. 12862; Cass., 23
giugno 2008, n. 17015; Cass., 12 luglio 2007, n.
15616; Cass., 9 dicembre 2004, n. 23028).
4.3 – Nell’ambito di una accertata non edificabilità dell’area dovranno trovare applicazione i principi elaborati in seguito alla citata pronuncia di
incostituzionalità del criterio fondato sui valori
agricolo medi. Dovrà quindi essere consentito al
proprietario espropriato di ottenere la valutazione
in base al valore agricolo effettivo del fondo ove
coltivato, ovvero, in alternativa, di dimostrare sempre all’interno della categoria suoli/inedificabili, anche attraverso rigorose indagini tecniche e specializzate – che il valore agrico-

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astratti. Né può esserne ritenuta per altro verso

lo sia mutato e/o aumentato in conseguenza di una
diversa destinazione del bene egualmente compatibile con la sua ormai accertata non edificatorietà e

(cfr., per tutte, la recente Cass., 30 maggio
2013, n. 13651).
5-La decisione impugnata, che all’evidenza non si è
conformata agli orientamenti sopra richiamati, deve
essere cassata, con rinvio alla Corte di appello di
Bari che, in diversa composizione, procederà – nel
rispetto del divieto della

reformatio in peius nei

confronti della parte impugnante (Cass., 28 gennaio
2005, n. 1823; Cass., 14 luglio 2003, n. 10996;
Cass., 6 luglio 2002, n. 9843) – alla determinazione dell’indennità in base ai suindicati principi,
facendo anche applicazione dello

ius superveniens

rappresentato dall’eliminazione, per illegittimità
costituzionale, dei criteri riduttivi previsti dalla citata L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, anche in
combinato disposto con gli artt. 15, primo comma,
secondo periodo, e 16, commi quinto e sesto, della
legge 22 ottobre 1971, n. 865, provvedendo, altresì, in merito alle spese processuali relative al
presente giudizio di legittimità.

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con i vincoli imposti all’interno della riserva

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza im-

appello di Rari, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 6 giugno 2013.

pugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di

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