Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9238 del 06/04/2021
Cassazione civile sez. lav., 06/04/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 06/04/2021), n.9238
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23112/2015 proposto da:
S.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. BERTOLONI
31, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLA RAPONE, rappresentata e
difesa dall’avvocato TERESA NOTARO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
– intimato –
e contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,
CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 795/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,
depositata il 28/05/2015 R.G.N. 858/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
15/12/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 28.5.2015, la Corte d’appello di Messina ha confermato, per quanto rileva in questa sede, la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di S.A. volta a conseguire la pensione d’inabilità civile;
che avverso tale pronuncia S.A. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura; che l’INPS ha depositato delega in calce al ricorso notificatogli.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (i.e.: del D.L. n. 76 del 2013, art. 10, commi 5-6, conv. con L. n. 99 del 2013) per avere la Corte di merito ritenuto che, nella determinazione del reddito familiare relativo all’anno 2013, dovesse farsi riferimento al “reddito dell’anno”, laddove, applicando correttamente la norma invocata, avrebbe dovuto escludere, nella determinazione dei redditi relativi al 2013, tutti i redditi percepiti dal coniuge o, quanto meno, quelli prodotti successivamente al 28.6.2013;
che, al riguardo, questa Corte ha ormai chiarito che il requisito reddituale previsto per l’attribuzione della pensione di inabilità, L. n. 118 del 1971, ex art. 12, va accertato tenendo conto non solo del reddito personale percepito dall’invalido, ma anche di quello eventuale del coniuge solo fino alla data di entrata in vigore del D.L. n. 76 del 2013 cit., art. 10, che ha dato rilievo, ai fini del riconoscimento del diritto a tale prestazione assistenziale (e a decorrere dall’anzidetta data, vale a dire dal 28.6.2013) al solo reddito del soggetto interessato, con esclusione di quello percepito da altri componenti del suo nucleo familiare (cfr. da ult. Cass. nn. 9142 del 2017 e 6067 del 2018);
che, viceversa, per quanto concerne il periodo anteriore alla entrata in vigore della disposizione dianzi cit., l’orientamento di questa Corte è altrettanto consolidato nel ritenere che assuma rilievo non solamente il reddito personale dell’invalido, ma anche quello (eventuale) del coniuge del medesimo, onde il beneficio va negato quando l’importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato dalla legge (cfr. tra le tante Cass. nn. 16363 del 2002, 12266 del 2003, 14126 del 2006, 13261 del 2007, 5003 del 2011, 19658 del 2012 e 22150 del 2014);
che la sentenza impugnata si è solo in parte attenuta a tali principi, avendo ritenuto che, nel calcolo del limite reddituale relativo all’anno 2013, occorresse “fare riferimento al reddito dell’anno” prodotto dal coniuge dell’odierna ricorrente e non soltanto a quello da lui “conseguito nei primi sei mesi dell’anno 2013” (così la sentenza impugnata, pag. 3);
che, pertanto, la sentenza impugnata va cassata per quanto di ragione e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Catania, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catania, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2021