Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9237 del 06/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 06/04/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 06/04/2021), n.9237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21757/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA

PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO;

– ricorrente –

contro

P.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE TRASTEVERE

173 SC. E, presso lo studio dell’avvocato MARIA PIA IONATA,

rappresentata e difesa dall’avvocato PASQUALE MANTELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 215/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 09/03/2015 R.G.N. 2422/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 9.3.2015, la Corte d’appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’INPS avverso la pronuncia di primo grado che l’aveva condannato al ripristino dell’indennità di accompagnamento in favore di P.D., giudicando illegittima la sua sottoposizione a visita di revisione;

che avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura; che P.D. ha resistito con controricorso, successivamente illustrato con memoria, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’impugnazione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo e il secondo motivo, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione, rispettivamente, della L. n. 118 del 1971, art. 1 e della L. n. 18 del 1980, art. 1, nonchè del D.L. n. 112 del 2008, art. 80 (conv. con L. n. 133 del 2008), in relazione al D.M. 29 gennaio 2009, art. 1, comma 6 e della L. n. 388 del 2000, art. 97, comma 2, per avere la Corte di merito ritenuto l’illegittimità della revoca della prestazione assistenziale in relazione alla presunta non sottoponibilità a revisione dell’odierna controricorrente, invece di verificare se ella si trovasse o meno nelle condizioni sanitarie per poterne ulteriormente beneficiare, ed altresì per averla ritenuta appartenente alle categorie per le quali la revisione era esclusa;

che, al riguardo, va rilevato che la Corte territoriale, dopo aver esposto i motivi di doglianza proposti dall’INPS con il gravame, che concernevano l’estraneità delle patologie da cui è affetta l’odierna controricorrente da quelle per cui era esclusa la visita di revisione, ne ha rilevato l’inammissibilità per essere state “tali motivazioni (…) per la prima volta sottoposte al vaglio del giudice solo con l’atto di appello” (così la sentenza impugnata, pag. 2);

che, non essendosi censurata in ricorso tale statuizione pregiudiziale d’inammissibilità del gravame e risultando pertanto i motivi estranei alla ratio decidendi della pronuncia, non può che darsi continuità al principio secondo cui la proposizione con il ricorso per cassazione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso stesso, non potendo quest’ultimo essere configurato quale impugnazione rispettosa del canone di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4 (Cass. n. 17125 del 2007; nello stesso senso, più recentemente, Cass. nn. 11637 del 2016 e 24765 del 2017);

che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2021

 

 

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