Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9235 del 06/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 06/04/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 06/04/2021), n.9235

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13398/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA

CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI;

– ricorrente –

contro

M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIA

COLONNA 32, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE LO PINTO,

rappresentata e difesa dall’avvocato SANTO LO PINTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 79/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 09/03/2015 R.G.N. 732/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE

Alberto, ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Palermo, in riforma della sentenza del Tribunale di Termini Imerese, ha accolto la domanda di M.R. volta ad ottenere l’indennità di accompagnamento.

La Corte ha ritenuto che, una volta trasmesso dalla ASL alla competente commissione medica periferica il verbale che aveva accertato la sussistenza del requisito sanitario senza che l’Inps avesse chiesto, nel termine di 60 giorni dalla trasmissione di detto verbale, la sospensione dello stesso, l’accertamento era diventato definitivo in quanto, in base alla L. n. 295 del 1990, art. 1, comma 7, si era formato il silenzio assenso sulla domanda presentata in data 24/9/2012.

La Corte territoriale ha ritenuto perentorio il termine di 60 giorni di cui alla L. n. 295 del 1990, art. 1, comma 7, che determina, se non interrotto dalla richiesta di sospensione da parte dell’Inps, la definitività dell’accertamento del requisito sanitario, fatti salvi gli ulteriori accertamenti di tipo amministrativo. Ha osservato che tale interpretazione non era in contrasto con la L. n. 102 del 2009, art. 20, comma 1, che attribuiva all’Inps l’accertamento definitivo in quanto la L. n. 295 citata, art. 7, non sottraeva la competenza all’Inps cui spettava la facoltà di sospendere il procedimento.

La Corte ha, quindi, concluso che non avendo l’Inps disposto la sospensione nel termine di 60 giorni, l’accertamento contenuto nel verbale era definitivo e, non essendo necessari ulteriori accertamenti,ha riconosciuto l’indennità di accompagnamento.

2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps con un unico articolato motivo. Resiste la M.. La Procura generale ha depositato conclusioni scritte.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. L’Inps denuncia violazione della L. n. 295 del 1990, art. 1, comma 7; D.L. n. 78 del 2009, art. 20 b, comma 1, conv. in L. n. 102 del 2009; D.P.R. n. 698 del 1994, art. 1; art. 147 disp. att. c.p.c..

Osserva che dal complesso delle norme di cui sopra conseguiva che il decorso del termine di 60 giorni di cui alla L. n. 295 del 1990, art. 1, comma 7, senza che l’Inps avesse disposto la sospensione del verbale ASL, non integrava un’ ipotesi di silenzio assenso e che l’Istituto, anche dopo 60 giorni, non consumava il potere di sospendere l’accertamento sanitario effettuato dalla commissione istituita presso l’ASL e di chiamare l’istante a nuova visita medica.

4. Il motivo è fondato dovendosi escludere nella fattispecie che si sia formato un silenzio assenso.

L’affermazione della Corte territoriale secondo cui il termine di 60 giorni di cui alla L. n. 295 del 1990, art. 1, comma 7, sia perentorio, per cui decorso inutilmente tale termine senza che l’Inps abbia sospeso il verbale, questo diverrebbe definitivo, non trova riscontro nella norma citata ed anzi tale interpretazione si porrebbe in contrasto con la disposizione di cui al D.P.R. n. 698 del 1994, che fissa la durata del procedimento per l’accertamento dello stato sanitario in nove mesi, e non già in 60 giorni, pur prevedendo detta disposizione il permanere della possibilità per l’istituto di sospendere l’accertamento in base alla previgente normativa.

5. Va, altresì, richiamato la L. n. 102 del 2009, art. 20, comma 1, u.p., in tema di contrasto alle frodi in materia di invalidità civile, secondo cui “in ogni caso l’accertamento definitivo è effettuato dall’INPS” con la conseguenza che non risulta neppure concettualmente compatibile con una durata di soli 60 giorni, valutata la finalità della norma di cui alla L. n. 102 citata, tesa al contrasto delle frodi.

6. Deve, infine, richiamarsi, a definitiva confutazione dell’interpretazione accolta dalla Corte territoriale, l’art. 147 disp. att. c.p.c., secondo cui nelle controversie in materia di previdenza e di assistenza sono privi di qualsiasi efficacia vincolante sostanziale e processuale, le collegiali mediche, permanendo quindi in capo all’Inps il potere di modificare un giudizio precedentemente espresso dalla collegiale.

Questa Corte ha, a riguardo, affermato (cfr. Cass. 16569/2015) che “nelle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatoria, le collegiali mediche sono prive, ai sensi dell’art. 147 disp. att. c.p.c., comma 1, di qualsiasi efficacia vincolante, sostanziale e processuale, dovendosi ritenere, anche alla luce della L. n. 295 del 1990, art. 1 (nel testo applicabile “ratione temporis”) la natura non provvedimentale degli accertamenti sanitari, in quanto strumentali e preordinati all’adozione del provvedimento di attribuzione della prestazione, in corrispondenza di funzioni di certazione assegnate alle indicate commissioni (nello stesso senso Cass. n. 7548/2006).

7. Alla luce dei suddetti principi deve riconoscersi all’Inps il potere di effettuare un accertamento anche oltre il termine di 60 giorni entro il quale avrebbe potuto disporre la sospensione.

8. Il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2021

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