Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9233 del 10/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/04/2017, (ud. 09/03/2017, dep.10/04/2017),  n. 9233

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8531/2015 proposto da:

SECO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTL 103,

presso lo studio dell’avvocato SIMONA SCATOLA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LUCA MIGLIORE;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA NAPOLETANA DEI CHIERICI REGOLARI POVERI DELLA MADRE DI DIO

DELLE SCUOLE PIE;

– intimata –

Nonchè da:

PROVINCIA NAPOLETANA DEI CHIERICI REGOLARI POVERI DELLA MADRE DI DIO

DELLE SCUOLE PIE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo

studio dell’avvocato ANDREA DIANZI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIOVANNI CARUSO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

SECO SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 10037/2013 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 09/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/03/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. La s.r.l. Seco ha proposto ricorso per cassazione contro la Provincia Napoletana dei Chierici regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie, sia avverso l’ordinanza ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., del 26 settembre 2014, con cui la Corte d’Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’appello da essa deduce proposto contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Napoli nel settembre del 2013, sia contro quest’ultima sentenza.

2. L’intimata ha resistito con controricorso, nel quale ha anche svolto ricorso incidentale condizionato.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta inammissibilità del ricorso principale e di assorbimento dell’incidentale. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati notificati agli avvocati delle parti.

4. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Considerato che:

1. Il Collegio condivide le valutazioni della proposta del relatore nel senso dell’inammissibilità per tardività.

Dalla documentazione inviata, su richiesta della Cancelleria di questa Corte, dalla Cancelleria della Corte d’Appello di Napoli, emerge che l’ordinanza impugnata venne comunicata lo stesso giorno della sua pronuncia e, pertanto, la comunicazione fece decorrere il termine breve di sessanta giorni, previsto dall’art. 348 ter c.p.c., comma 3, ed operante sia per la sua impugnazione, nei limiti in cui è consentita da Cass. sez. un. n. 1914 del 2016, sia per quella della sentenza di primo grado (in termini, Cass. (ord.) n. 18827 del 2015, secondo cui: “qualora risulti ricorribile per cassazione, l’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c., dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello, va impugnata con lo stesso ricorso proposto avverso la sentenza di primo grado e nei termini prescritti dall’art. 348 ter, comma 3, c.p.c., sia perchè è logicamente prioritario l’esame dell’impugnazione dell’ordinanza rispetto alla sentenza, sia perchè, applicando all’ordinanza il termine lungo dalla comunicazione ex art. 327 c.p.c., il decorso di distinti termini per impugnare i due provvedimenti comporterebbe il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, rendendo incomprensibile la ricorribilità avverso l’ordinanza.”; in senso conforme: Cass. (ord.) n. 25456 del 2016).

Il ricorso principale è stato, invece, proposto ben oltre quel termine.

Ne consegue la declaratoria della sua inammissibilità per tardività, riguardo alla quale, del resto, parte ricorrente non ha sollevato rilievi.

2. Il ricorso incidentale condizionato resta assorbito.

3. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

Nella memoria parte ricorrente ha chiesto disporsi la compensazione delle spese, adducendo che il testo dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, sarebbe equivoco, là dove non indicava la durata del termine decorrente dalla comunicazione o dalla notificazione e, quindi, evocava il termine di cui all’art. 327, in quanto compatibile.

Ora, a prescindere dalla fondatezza di tale prospettazione, il Collegio rileva che il potere di compensazione è nella specie regolato, tenuto conto della data di inizio del giudizio, dal testo del secondo comma dell’art. 92 cod. proc. civ. sostituito dalla L. n. 69 del 2009, che lo ancorava all’esistenza di “gravi ed eccezionali ragioni”.

Poichè già con Cass. (ord.) n. 10723 del 2014 questa Corte aveva risolto il preteso dubbio esegetico, nel caso di specie, in ragione della data di proposizione del ricorso, quell’esistenza non ricorre.

4. Le spese del giudizio di cassazione seguono, dunque, la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, peraltro con esercizio del potere di liquidarle con riduzione al minimo dello scaglione di riferimento quoad valore, tenuto conto che la questione della tardività non era stata sollevata dalla resistente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito l’incidentale condizionato. Condanna la ricorrente principale alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro duemilaottocento, oltre duecento per esborsi, ed oltre alle spese generali al 15% e agli accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 3 Civile, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2017

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