Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 923 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. I, 20/01/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 20/01/2021), n.923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 07530/2019 R.G. proposto da:

Y.D., rappresentato e difeso giusta delega in atti dall’avv.

Roberto Maiorana, (PEC roberto.maioranaaavvocato.pe.it) e con

domicilio eletto presso il ridetto difensore in Roma viale Angelico

n. 38;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con

domicilio in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato (PEC ags.rm.amailcert.avvocaturastato.it);

– resistente –

avverso il la sentenza della Corte di appello di Perugia n. 635/2018

depositata il 25/08/2018;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

09/12/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Succio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con il provvedimento di cui sopra la Corte Territoriale ha respinto l’appello del ricorrente;

– avverso tal sentenza si propone ricorso per cassazione con atto affidato a cinque motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo denuncia nullità della sentenza di appello per omessa motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte perugina motivato in modo solo apparente;

il secondo motivo si incentra sull’omesso esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e ribadite in giudizio, relative alla condizione personale del ricorrente anche a fronte della situazione del paese di origine;

– il terzo motivo nuovamente denuncia altro omesso esame circa fatto decisivo del giudizio, consistente nella situazione di pericolosità e di violenza generalizzata del Ghana e omessa consultazione e valutazione delle fonti informative;

– il quarto motivo censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per non avere il giudice dell’appello concesso la protezione c.d. “sussidiaria” alla luce delle condizioni del paese di origine e per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14, anche sotto il profilo di omesso esame delle fonti informative che si trascrivono a pagg. 19 – 22 del ricorso per cassazione;

– il quinto motivo denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere la Corte errato nel non concedere il permesso di soggiorno D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, protezione c.d. “umanitaria”, sussistendo per il ricorrente in caso di rimpatrio, rischi di persecuzione;

– tutti i motivi sono infondati;

– infatti, come si evince dalla lettura della stessa, la pronuncia della Corte d’appello si fonda sull’avvenuto accertamento delle ragioni di allontanamento dal paese di origine, derivanti da vicende che vanno inquadrate nell’ambito della “giustizia ordinaria” (pag. 2 primo capoverso della sentenza impugnata); e da “motivazioni economiche o comunque relative al rischio di incarcerazione per vicenda minimale” (pag. 2 terzultimo periodo sentenza impugnata);

– sono quindi vicende private (pag. 2 penultimo capoverso) quelle che hanno indotto il richiedente a lasciare il Ghana, secondo la Corte d’appello: poichè tal statuizione non risulta censurata dai motivi ridetti, di fronte ad essi la stessa resiste rimanendone immune;

– in ogni caso poi, poichè in motivazione si pone l’accento sul movente economico della emigrazione, tale ultima osservazione è sufficiente ad escludere in radice la possibilità di concedere la protezione c.d. “umanitaria” – così come della protezione internazionale – in quanto i c.d. “migranti economici” possono avere ingresso nel nostro Paese attraverso l’applicazione della diversa disciplina basata sulla periodica regolamentazione dei flussi migratori (vedi, per tutte: Cass. 17 maggio 2019, n. 13444); infatti, la protezione umanitaria, nel regime applicabile nella specie “ratione temporis”, tutela situazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute – da riferire ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente, mentre non è ipotizzabile porre a fondamento di tale forma di protezione l’impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass. 7 febbraio 2019, n. 3681);

– pertanto, il ricorso è rigettato;

– non vi è luogo a provvedere sulle spese stante la mancata costituzione del Ministero dell’Interno;

– si dà atto della sussistenza, nei confronti del ricorrente principale, dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, ove il versamento ivi previsto risulti dovuto.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

 

 

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