Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 923 del 17/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 17/01/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 17/01/2011), n.923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6788/2007 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato CITTADINO GIUSEPPE,

rappresentata e difesa dall’avvocato CITTADINO Antonio, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

CASCARDO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA VESCOVIO 21, presso lo

studio dell’avvocato MANFEROCE TOMMASO, rappresentata e difesa

dall’avvocato MANES Santo, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 176/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 28/02/2006 R.G.N. 524/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/11/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato TORRIERO CLAUDIO per delega CITTADINO ANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 16-1-2003 il Giudice del lavoro del Tribunale di Paola rigettava la domanda proposta da M.A. nei confronti della Cascardo Teresa s.r.l., finalizzata al riconoscimento del diritto al pagamento di varie somme, a titolo di differenze retributive e TFR e a vedere condannare la convenuta a regolarizzare la posizione assicurativa della attrice.

Con ricorso del 21-3-2003 la M. proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con l’accoglimento della domanda.

In particolare l’appellante deduceva che le deposizioni testimoniali, così come la documentazione prodotta (bolle di consegna), contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, dimostravano senza alcun dubbio che ella, assunta regolarmente in data 15-1-1994 con un contratto part-time fino al 30-6-1995 ed in data 1-9-95 con contratto di lavoro a tempo indeterminato fino al 11-1-97, aveva svolto continuativamente dal 1992 al 1997 le mansioni di segretaria a tempo pieno, senza mai godere delle ferie.

La società appellata si costituiva resistendo al gravame e chiedendo la conferma dell’impugnata sentenza.

La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 28/2/2006, rigettava l’appello e compensava le spese, rilevando che la prova testimoniale non consentiva di affermare quanto dedotto dall’appellante e che le bolle di accompagnamento non rivestivano alcun particolare valore, a fronte delle risultanze della prova testimoniale.

Per la cassazione di tale sentenza la M. ha proposto ricorso con un unico motivo.

La Cascardo s.r.l., già Cascardo Teresa s.r.l., ha resistito con controricorso.

Infine la M. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente osserva il Collegio che, trattandosi di ricorso avverso sentenza depositata il 28-2-2006, nella fattispecie non trova applicazione ratione temporis l’art. 366 bis c.p.c. (introdotto con il D.Lgs. n. 40 del 2006 ed ora abrogato con la L. n. 69 del 2009).

Con l’unico motivo, denunciando violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 421 c.p.c., comma 2, e art. 2697 c.c., nonchè vizio di motivazione, la M. in sostanza, censurando la valutazione delle prove espressa dalla Corte d’Appello, ribadisce che dalle risultanze della prova testimoniale sarebbe emerso “senza ombra di dubbio” che essa ricorrente “ha lavorato ininterrottamente alle dipendenze della società Cascardo dal 1992 al 1997” e lamenta che la Corte territoriale non avrebbe attentamente valutato le dichiarazioni testimoniali, le quali, a suo dire, non erano affatto inerenti a circostanze apprese de relato, ma al contrario erano relative a fatti di cui i testi erano a conoscenza diretta.

Tali dichiarazioni testimoniali, inoltre, secondo la ricorrente, smentivano la tesi della società (circa lo svolgimento nel periodo 1992/gennaio 1994 di mansioni di pulizie dei locali della società per due giorni alla settimana) e risultavano confermate da quanto risultava documentato nelle bolle di consegna depositate agli atti, dalle quali emergeva che essa M. aveva il potere di ricevere per conto della società la merce in arrivo, anche in giorni coincidenti col sabato e nel mese di agosto.

Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

Innanzitutto va ribadito l’indirizzo consolidato in base al quale “la valutazione delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (v. Cass. 9/4/2001 n. 5231, Cass. 15-4-2004 n. 7201, Cass. 7-8-2003 n. 11933, Cass. 5-10-2006 n. 21412). Del resto è stato anche più volte affermato che “il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., n. 5, non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità; ne consegue che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Suprema Corte di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso la autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa”, (v., fra le altre, da ultimo Cass. 7- 6-2005 n. 1 1789, Cass. 6-3-2006 n. 4766).

Peraltro, come pure è stato precisato, “in tema di valutazione delle risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5), e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità” (v. fra le altre Cass. sez. 1^, 20-6-2006 n. 14267).

Orbene nella fattispecie la Corte d’Appello ha attentamente valutato sia le risultanze della prova testimoniale sia le bolle di accompagnamento prodotte ed ha affermato in conclusione che non poteva ritenersi provato l’assunto secondo cui la appellante avrebbe lavorato alle dipendenze dell’appellata in qualità di segretaria a tempo pieno dal 1992 al 1997.

In particolare la Corte di merito ha rilevato che “le deposizioni per un verso appaiono generiche e per nulla rilevanti con riferimento a quelle circostanze oggetto di conoscenza diretta del teste; per altro verso non appaiono da sole sufficienti a fondare l’assunto della M., con riferimento alle circostanze apprese dal teste de relato, ossia in occasione di colloqui confidenziali con la stessa ricorrente” (vedi testimonianze N., M.F., C., Ca. e Ci. esaminate e valutate tutte analiticamente in motivazione) e, per quanto riguarda le bolle di accompagnamento prodotte ha affermato che esse “non rivestono alcun particolare valore” non potendo superare le risultanze della prova testimoniale.

Tale motivazione risulta congrua e resiste alle censure della ricorrente, che in sostanza ripropone una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, da un lato cercando di attribuire valore di testimonianza diretta alle deposizioni relative a circostanze riferite espressamente de relato, dall’altro sostenendo la rilevanza decisiva delle bolle di accompagnamento prodotte, che, di per sè, comunque non dimostravano affatto l’asserito svolgimento di una attività lavorativa di segretaria a tempo pieno dal 1992 al 1997.

Il ricorso va pertanto respinto e la ricorrente, in ragione della soccombenza, va condannata al pagamento delle spese in favore della società.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare alla Cascando s.r.l. le spese, liquidate in Euro 11,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011

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