Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9225 del 20/05/2020

Cassazione civile sez. II, 20/05/2020, (ud. 05/07/2019, dep. 20/05/2020), n.9225

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CRICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19042/2013 proposto da:

D.D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI

PIETRALATA 320-D, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA

RICCI, rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE CORRADO;

– ricorrente –

contro

STUDIO BIBLIOGRAFICO VECCHI LIBRI DI LAZZERINI, elettivamente

domiciliato in ROMA, V.LE B. BUOZZI 77, presso lo studio

dell’avvocato FILIPPO TORNABUONI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PAOLO MALESCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 12430/2012 del TRIBUNALE di MILANO, depositata

il 12/11/2012; e l’ord. Corte Appello Milano del 6/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2019 dal Dott. Consigliere ROSSANA GIANNACCARI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento 12-13 motivo,

assorbiti i restanti motivi del ricorso;

udito l’Avvocato MALESCI Paolo, difensore del resistente che si

riporta agli atti depositati.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 28.7.2006 lo “Studio Bibliografico Vecchi Libri” s.a.s. convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Firenze, D.D.M. per sentir dichiarare la validità e l’efficacia del contratto di compravendita intercorso tra le parti, avente ad oggetto il compendio di circa 120 volumi provenienti dalla biblioteca storica della famiglia toscana ” T.B.” e l’illegittimità della pretesa del D.D. di ottenere, nella qualità di acquirente, il rimborso della somma di Euro 10.000,00 in relazione al volume ” C.A.”, datato 1650, che il D.D. assumeva non essere originale quanto all’autore ed alla data di edizione.

1.1. Il giudizio si concluse con sentenza del Tribunale di Firenze.

2. La sentenza del Tribunale fiorentino, in accoglimento del ricorso per regolamento di competenza proposto dal D.D., fu cassata da questa Suprema Corte, che dichiarò la competenza del Tribunale di Milano, dinanzi al quale rimise le parti.

3. Il giudizio venne riassunto, innanzi al Tribunale di Milano, prima dalla “Vecchi Libri” s.a.s. e poi dal D.D.. Quest’ultimo, con l’atto di riassunzione, chiese che lo “Studio Bibliografico Vecchi Libri” s.a.s. fosse condannato a consegnargli una quota pari al 50% della biblioteca ” T.B.” e fosse, altresì, condannato al risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa.

Il Tribunale di Milano riunì i due giudizi e, con sentenza del 12.11.2012, accertò la validità e l’efficacia del contratto di compravendita intercorso tra le parti, dichiarò infondata la pretesa del D.D. di ottenere il rimborso della somma di Euro 10.000,00 in relazione al volume ” C.A.” e dichiarò, infine, inammissibili le domande riconvenzionali proposte dal D.D. nel giudizio di riassunzione.

Il Tribunale ritenne, innanzitutto, che la nullità della notifica dell’atto di riassunzione nei confronti del D.D. (effettuata presso un indirizzo diverso da quello di residenza) era sanata per l’avvenuta costituzione in giudizio dello stesso. Secondo il primo giudice, poi, la riassunzione era stata correttamente effettuata con ricorso, e non con citazione, ai sensi dell’art. 50 c.p.c., risultando, conseguentemente, infondata l’eccezione di nullità della citazione. Ritenne inoltre il Tribunale che le nuove domande proposte dal D.D. con l’atto di riassunzione erano inammissibili, essendo divenute definitive le preclusioni maturate nel giudizio svoltosi innanzi al Tribunale di Firenze. Infine, secondo il giudice di primo grado, la domanda riconvenzionale proposta dal D.D. innanzi al Tribunale di Firenze non poteva essere delibata, perchè non riproposta.

Nel merito, il Tribunale di Milano ritenne che, avendo la vendita ad oggetto una universalità di beni mobili (comprendente circa 120 volumi), non poteva configurarsi una risoluzione parziale del contratto con la restituzione della somma di Euro 10.000,00 (pari al valore dell’opera del C., risultata non originale).

Compensò per metà le spese di lite del giudizio di cassazione e regolò le spese relative ai giudizi di merito secondo il principio della soccombenza.

4. Sul gravame proposto dal D.D. e resistito dalla Studio Bibliografico Vecchi Libri s.a.s., la Corte d’Appello di Milano, con ordinanza ex art. 348 bis c.p.c., dichiarò l’appello inammissibile.

5. Per la cassazione della sentenza di primo grado nonchè dell’ordinanza emessa dalla Corte di Appello ha proposto ricorso D.D.M. sulla base di venti motivi.

5.1. Ha resistito con controricorso lo “Studio Bibliografico Vecchi Libri” s.a.s..

5.2. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

5.3. Con ordinanza interlocutoria del 6.3.2018 è stata disposta, a cura della cancelleria, l’acquisizione del fascicolo d’ufficio.

5.4. Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Lucio Capasso, ha chiesto l’accoglimento del dodicesimo e tredicesimo motivo di ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, D.D.M. censura la decisione del Tribunale di Milano per violazione degli artt. 392,163 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere il primo giudice dichiarato inammissibili le domande nuove o diverse rispetto a quelle proposte originariamente innanzi al Tribunale di Firenze mentre nel giudizio di rinvio, a seguito di dichiarazione di incompetenza, non sarebbero applicabili le preclusioni previste dall’art. 394 c.p.c..

La medesima censura è riproposta, con l’ottavo motivo di ricorso, in relazione alla domanda riconvenzionale proposta dal ricorrente nel giudizio di rinvio, a seguito di riassunzione da parte dello Studio Bibliografico Vecchi Libri s.a.s..

2.Con il secondo e nono motivo di ricorso, si deduce, in relazione ad entrambe le cause riassunte innanzi al Tribunale di Milano, la nullità della sentenza del Tribunale di Milano per violazione degli artt. 273 c.p.c. e 274 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere il giudice di primo grado disposto la riunione delle cause sull’errato presupposto che si trattasse di cause identiche, mentre non sussisterebbe tale identità.

3.Con il terzo e decimo motivo, svolti autonomamente in relazione alle cause riunite, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il giudice di merito liquidato le spese di lite relative al giudizio svoltosi innanzi al Tribunale di Firenze, in violazione del giudicato della sentenza di questa Suprema Corte regolatrice della competenza, che aveva rimesso al giudice del rinvio la liquidazione delle spese delle precedenti fasi; nell’ambito dello stesso motivo, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, poichè il Tribunale di Milano non avrebbe correttamente applicato il principio della soccombenza in relazione alle spese relative al giudizio di cassazione per regolamento della competenza, che aveva compensato per metà, nonostante egli fosse vittorioso ed avrebbe rimesso al giudice del rinvio soltanto la determinazione del quantum. Il ricorrente deduce, inoltre, l’erroneità della sentenza del Tribunale per avere applicato, quanto al regime delle spese, il D.M. n. 140 del 2012, mentre, in relazione al giudizio svolto innanzi al Tribunale di Firenze, troverebbe applicazione D.M. n. 127 del 2004, trattandosi di prestazioni esaurite nella vigenza di detto decreto.

4. Con il quarto motivo di ricorso, deducendo la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., art. 167 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorrente deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda di adempimento formulata con l’atto di riassunzione.

5. Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 392 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto, poichè il ricorso per riassunzione da parte della Vecchi Libri s.a.s. non sarebbe stato notificato nel suo luogo di residenza; poichè dalla relata di notifica risultava che egli era stato cancellato dalle liste dei residenti del Comune di Milano sin dal 2000, mancherebbe ogni collegamento con la sua residenza, nè la sua costituzione in giudizio, avvenuta con atto di intervento e non comparsa di costituzione, sarebbe idonea alla sanatoria della nullità della notifica.

6. Con il sesto motivo di ricorso, deducendo la nullità della sentenza per violazione dell’art. 163 c.p.c., nn. 3 e 4, il ricorrente sostiene che il giudizio di rinvio, a norma dell’art. 392 c.p.c., non avrebbe dovuto essere introdotto con ricorso ma con citazione, contenente l’esposizione sommaria dei fatti e le conclusioni.

7. Con il settimo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto il Tribunale di Milano avrebbe omesso di pronunciarsi sulla sua domanda, proposta in via subordinata, in caso di rigetto dell’eccezione di incompetenza, con cui si chiedeva “l’accertamento della congruità del 50% della quota di prezzo e del valore dei libri del convenuto; in ogni caso risarcimento del danno da quantificarsi in corso di causa o equitativamente d’ufficio”.

9.Con l’undicesimo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e art. 167 c.p.c., in quanto il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata di adempimento nel giudizio instaurato dalla Vecchi Libri s.a.s..

10. I motivi, che vanno esaminati congiuntamente per la loro connessione, in quanto aventi ad oggetto la sentenza di primo grado, sono inammissibili.

10.1. Questa Corte, con orientamento consolidato, al quale il collegio intende dare continuità, ha affermato che nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, proponibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, l’atto d’appello, dichiarato inammissibile, e la relativa ordinanza, pronunciata ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., costituiscono requisiti processuali speciali di ammissibilità, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3, è necessario che nel ricorso per cassazione sia fatta espressa analitica menzione almeno dei motivi di appello, se non pure della motivazione dell’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c., al fine di evidenziare l’insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame (Cassazione civile sez. VI, 15/05/2014 n. 10722; Cassazione civile sez. VI, 18/03/2015; Cass. Sez. Un., 27 maggio 2015, n. 10876; Cass. Civ., Sez VI, 22.9.2016 n. 19060; Cass. Civ., Sez VI, 22.9.2016 n. 18623; Cass. Civ, Sez I, 27.9.2018 n. 23320).

10.2. L’onere di specificazione dei motivi, richiesto dall’art. 366, comma 1, n. 4, deve essere assolto riportando, quanto meno in via riassuntiva, il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata di primo grado e tale specificazione è necessaria anche nelle ipotesi in cui venga dedotta una violazione di carattere processuale, in relazione alla quale la Corte è anche “giudice del fatto”, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito; anche in tale ipotesi, la parte ricorrente deve indicare in modo puntuale gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame (cfr. Cass. Civ., Sez. 5, 23/01/2004, n. 1170; Cass. Civ., Sez III del 04/05/2005 n. 9275; Cass. Civ., Sez III del 04/05/2005 n. 16245 del 03/08/2005; Cass. Civ. Sez III, del 16/10/2007 n. 21621, Cass. Civ., Sezioni Unite del 22/05/2012 n. 8077).

10.3.Tale requisito deve essere assolto necessariamente con il ricorso e non può essere ricavato da altri atti, quali la sentenza impugnata o il controricorso, perchè la causa di inammissibilità non può essere trattata come una causa di nullità cui applicare il criterio del raggiungimento dello scopo (Cass. Civ., sez. VI, 22/09/2016, n. 18623).

10.4. Nella specie, il ricorso per cassazione non soddisfa i requisiti di ammissibilità individuati dalla giurisprudenza di questa Corte.

10.5. Il ricorrente si limita a richiamare genericamente “l’atto d’appello”, senza riportare, neppur riassuntivamente, il contenuto del motivo in relazione alla sentenza di primo grado, in modo da consentire alla corte di cogliere l’ambito e la portata delle censure.

L’indicazione delle pagine dell’atto d’appello non è sufficiente ai fini della specificità del ricorso avverso l’ordinanza ex art. 238 ter c.p.c., in quanto sposta sul giudice di legittimità l’onere di verificare, in primo luogo se il motivo era stato proposto in sede di gravame e, in caso positivo di confrontare il contenuto del motivo d’appello con il motivo di ricorso.

10.6. Tale onere grava sulla parte ricorrente, sia ai sensi dell’art. 366 c.p.c., sia in ragione della ratio dell’art. 348 ter c.p.c., che impone al ricorrente la compiuta indicazione dei motivi d’appello, al fine di identificare l’ambito del giudicato interno con la puntuale indicazione dei motivi di appello,

11. Il dodicesimo e tredicesimo motivo – che vanno esaminati congiuntamente perchè attengono all’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c., per vizi suoi propri, consistenti nella violazione della normativa processuale – sono inammissibili.

11.1. Con il dodicesimo motivo di ricorso, il ricorrente censura l’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., deducendone la nullità ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perchè la Corte d’appello avrebbe omesso di “sentire le parti” sulla questione dell’inammissibilità dell’appello.

11.2. Con il tredicesimo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 348 ter c.p.c., in quanto la corte territoriale, omettendo la relazione del Presidente o del giudice relatore, avrebbe pronunciato l’ordinanza di inammissibilità dell’appello, quando era già iniziata la trattazione e le parti avevano formulato le richieste istruttorie. In particolare, la corte territoriale avrebbe pronunciato l’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., sciogliendo la riserva sulle richieste istruttorie e non invece ” prima di procedere alla trattazione” ed avrebbe omesso di concedere un termine per lo scambio delle memorie.

11.3. Le censure sollevate dalla ricorrente attengono evidentemente a due distinti profili processuali: da un lato, si pone il problema dell’obbligo del giudice d’appello di stimolare il contraddittorio sulla possibilità di emettere l’ordinanza di inammissibilità dell’appello; sotto altro profilo, si pone la questione del momento processuale in cui deve essere emanata l’ordinanza di inammissibilità dell’appello.

11.4. Fra queste, la prima che viene in rilievo è quella secondo cui l’ordinanza può essere pronunciata solo all’udienza di cui all’art. 350 c.p.c., prima di procedere alla trattazione, sicchè tale facoltà è preclusa ove siano stati svolti gli adempimenti di cui al del medesimo art. 350, comma 2, quali l’aver dato atto della presenza delle parti, della costituzione della parte appellata e dell’avvenuto scambio della relativa comparsa, con rinvio “per la trattazione” ad un’udienza successiva.

11.5. Tale orientamento è espressamente affermato in diverse pronunce di questa Corte; tra le più recenti, si richiama Cassazione civile sez. VI, 20/07/2018, n. 19333 che ha cassato con rinvio l’ordinanza della corte territoriale che aveva dichiarato inammissibile l’appello dopo essere pervenuta alla fase della trattazione della causa, quando le parti avevano dibattuto sull’ammissibilità delle richieste istruttorie e sulla sospensione della provvisoria esecutività della sentenza impugnata (in senso conforme Cassazione civile, sez. III, 19/07/2016, n. 14696).

11.6. Nella specie, la corte distrettuale ha rispettato le scansioni processuali prevista dall’art. 348 bis c.p.c., in quanto l’ordinanza venne adottata prima che fosse iniziata la trattazione, essendosi la corte riservata alla prima udienza, dopo aver svolto gli adempimenti di cui all’art. 350 c.p.c., comma 2.

11.7. Non è altresì fondata la doglianza del ricorrente relativa alla mancata concessione di un termine per lo scambio di memorie, non essendo previsto da nessuna norma di legge, oltre che contraria alla ratio dell’art. 348ter c.p.c., che, secondo le intenzioni del legislatore, costituisce uno strumento di semplificazione e di accelerazione inteso alla riduzione dei tempi necessari per la definizione delle cause civili.

11.8. Non è, infine, prevista, alcuna relazione da parte del giudice relatore e del presidente, sicchè la censura è priva di fondamento anche in relazione a tali profili.

12. Quanto all’obbligo di “sentire le parti”, le Sezioni Unite, con la sentenza 2 febbraio 2016, n. 1914, nella parte motiva, esaminando i vizi processuali che legittimano l’impugnazione dell’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., hanno affermato che la pronuncia dell’ordinanza senza aver sentito le parti, costituisce error in procedendo.

12.1. La tesi, secondo cui il giudice ha l’obbligo di “sentire le parti” prima di pronunciare l’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., stimolando il contraddittorio su tale evenienza processuale, è stata condivisa dalle sezioni semplici; in particolare Cassazione civile sez. VI, 04/09/2017, n. 20758 ha cassato con rinvio l’ordinanza della corte territoriale, che, dopo aver disposto un rinvio puro e semplice della prima udienza, aveva dichiarato inammissibile l’appello senza procedere a sentire specificamente le parti sull’applicabilità dell’art. 348 bis c.p.c..

12.2. Nel caso di specie, non è ravvisabile la violazione di cui all’art. 348 ter c.p.c..

12.3. Rileva il collegio che la questione relativa all’inammissibilità dell’appello per la ragionevole possibilità che esso non potesse essere accolto era stata sottoposta alle parti ed aveva costituito un argomento di discussione all’udienza di cui all’art. 350 c.p.c..

12.4. Lo Studio Bibliografico Vecchi Libri s.p.a., già con la comparsa di costituzione, depositata a seguito dell’atto di riassunzione da parte del D.D., aveva chiesto dichiararsi l’inammissibilità dell’appello;

successivamente, all’udienza del 23.4.2013, celebrata innanzi alla Corte d’appello di Milano, il difensore dello Studio Bibliografico Vecchi Libri s.p.a. aveva insistito per la dichiarazione di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. ed era seguita la replica del difensore del D.D., il quale aveva testualmente sostenuto ” l’insussistenza dei presupposti per la dichiarazione di cui all’art. 348 bis c.p.c.” (verbale d’udienza del 23.4.2013).

12.5. Ne deriva che il tema della manifesta infondatezza dell’appello era stato dibattuto dalle parti, a seguito di precisa richiesta di dichiarazione di inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c., formulata dallo Studio Bibliografico Vecchi libri s.a.s., alla quale la difesa del ricorrente aveva regolarmente replicato.

13. Vanno quindi esaminati congiuntamente i motivi da quattordici a diciannove, attinenti alla motivazione dell’ordinanza di inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c..

13.1. Con il quattordicesimo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 348 ter c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sotto il profilo dell’omessa motivazione in ordine ai motivi di nullità della sentenza di primo grado, proposti nell’atto d’appello.

13.2.Con il quindicesimo motivo, si deduce la nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda riconvenzionale proposta nel giudizio riassunto dallo Studio Bibliografico Vecchi Libri; il motivo ripropone le medesime ragioni poste a fondamento dell’impugnazione della sentenza di primo grado.

13.3.Con il sedicesimo motivo di ricorso, si denuncia la violazione degli artt. 392 e 163 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., per avere l’ordinanza impugnata dichiarato l’inammissibilità delle domande nuove, proposte nel giudizio di riassunzione, a seguito dell’accoglimento del regolamento facoltativo di competenza.

13.4. Con il diciassettesimo motivo di ricorso, viene dedotta la nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perchè la corte di merito, in assenza di eccezione, avrebbe ritenuto che il contratto avesse ad oggetto una universalità di beni mobili, in tal modo escludendo la risoluzione del contratto per la presunta falsità di una sola opera.

13.5. Con il diciottesimo motivo, deducendo la violazione degli artt. 385 e 91 c.p.c., il ricorrente si duole dell’omessa liquidazione delle spese relative al giudizio di cassazione, a seguito della proposizione del regolamento di competenza, rimesse al giudice del rinvio.

13.6. Con il diciannovesimo motivo di ricorso, si censura la nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 348 ter c.p.c., per omessa specificazione degli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa ed il riferimento a precedenti conformi, che renderebbe la motivazione del tutto apparente e generica.

13.7. Detti motivi sono inammissibili.

13.8. Le Sezioni Unite, nella sentenza del 2.2.2016 n1914, soffermandosi sul vizio di omessa pronuncia, hanno ribadito la distinzione tra omessa pronuncia e mancanza di motivazione, chiarendo che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, e dovendo pertanto escludersi il suddetto vizio quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pure in assenza di una specifica argomentazione (v. tra le altre Cass. nn. 21612 del 2013; 20311 del 2011; 10696 del 2007 e 10636 del 2007). Nell’ipotesi di ordinanza ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., poichè non è possibile una pronuncia di inammissibilità dell’impugnazione per mancanza di ragionevole probabilità di accoglimento se non in relazione a tutti i motivi d’appello, non risulta pertanto neppure configurabile una omessa pronuncia riguardo a singoli motivi di appello, potendo eventualmente porsi soltanto un problema di motivazione della decisione della sentenza di primo grado.

L’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348 ter c.p.c., non è, pertanto, ricorribile per cassazione, nemmeno ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, ove si denunci l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, attesa la natura complessiva del giudizio “prognostico” che la caratterizza, necessariamente esteso a tutte le impugnazioni relative alla medesima sentenza ed a tutti i motivi di ciascuna di queste.

14. Con il ventesimo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione dell’art. 168 bis c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per il mancato rispetto delle previsioni tabellari all’interno della Corte d’appello, in quanto i contratti di compravendita sarebbero di competenza della quarta sezione civile e non della terza sezione; deduce inoltre, che l’assegnazione competerebbe al Presidente della Corte e non al Consigliere, come avvenuto nel caso di specie.

14.1. Il motivo è inammissibile.

14.2. Esso, da un lato, difetta di specificità in quanto non allega le tabelle di organizzazione della Corte d’appello di Milano al momento dell’assegnazione del procedimento, dal quale evincere che non sussisteva il potere di delega del Presidente della Corte d’appello al singolo Consigliere. Per altro verso, la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che l’inosservanza dei criteri di ripartizione degli affari all’interno degli uffici giudiziari non determina l’invalidità dei provvedimenti adottati ma può costituire, ricorrendo talune condizioni, fonte di responsabilità disciplinare per il capo dell’ufficio (ex multis Cassazione civile sez. I, 02/10/2019, n. 24585).

13. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

14. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

15. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 5 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2020

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