Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9224 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/04/2011, (ud. 21/02/2011, dep. 21/04/2011), n.9224

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

P.M., A.M. DECEDUTO E PER ESSO EREDE DI

P.M., elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEGLI

SCIPIONI 267 presso lo studio dell’avvocato CARNEVALI RICCARDO, che

li rappresenta e difende, giusta delega in calce;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 40/2005 della COMM. TRIB. REG. di ANCONA,

depositata il 13/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/02/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN PAOLA MARIA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato COLUCCI ANGELO per delega Avv.

CARNEVALI RICCARDO, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della 9A sez. della CTR di Ancona in data 13.10.2005 con la quale, in riforma della sentenza della CTP di Ascoli Piceno n. 224/4/2002 che aveva rigettato il ricorso del contribuente A. M. avverso il ruolo e la cartella di pagamento avente ad oggetto la liquidazione della imposta IRPEF su redditi soggetti a tassazione separata relativa all’anno 1995, era stato accollo il motivo di appello del contribuente ed era stata annullata la cartella per omessa indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto della pretesa tributaria, non essendo stato previamente notificato al contribuente alcun avviso di accertamento.

La Agenzia delle Entrate affida il ricorso ad un unico motivo di impugnazione deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 nel testo sostituito dal D.Lgs n. 46 del 1999, art. 11 ed attuato dal D.M. 28 giugno 1999.

Resiste con controricorso l’intimata P.M. n.q. di erede di A.M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. la notifica del controricorso e stata eseguita nei confronti della “Agenzia delle Entrate di Fermo in persona del legale rapp.te p.t. il direttore, domiciliato elettivamente presso l’Avvocatura Generale dello Stato in Roma via dei Portoghesi n. 12” e risulta ricevuta in data 3.1.2007 a mani dell’incaricato ricezione atti.

Pur essendo errata la indicazione del soggetto destinatario della notifica (Ufficio di Fermo, privo di legittimazione processuale nel giudizio di legittimità, anzichè Agenzia delle Entrate ricorrente per cassazione), tuttavia la notifica non può ritenersi inesistente nè nulla, in considerazione dello stretto collegamento istituito, in virtù della attribuita rappresentanza processuale facoltativa, tra l’Agenzia delle Entrate ricorrente – ente di diritto pubblico nella cui articolazione organizzativa periferica è ricompreso l’Ufficio di Fermo- e l’Avvocatura dello Stato -presso la cui sede è pervenuto materialmente l’atto notificato-, collegamento che legittima la presunzione che il controricorso sia stato portato a conoscenza della Agenzia ricorrente dall’ente incaricato della difesa avanti questa Corte, e che tale ente abbia potuto, comunque, esaminare le deduzioni in fatto e diritto della parte resistente ed apprestare quindi la propria difesa.

A tale conclusione deve pervenirsi sia per il carattere unitario dell’Agenzia delle Entrale, sia per il principio di effettività della tutela giurisdizionale che impone di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità (cfr. con riferimento alla notifica dell’atto di impugnazione (cfr. Corte cass. 5^ sez. 17.12.2008 n. 17465; id. 3.7.009 n. 15718; id. 25.10.2006 n. 22889 “per i giudizi di cassazione, nei quali la legittimazione era riconosciuta esclusivamente al Ministero delle finanze, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11 la nuova realtà ordinamentale, caratterizzata dal conferimento della capacità di stare in giudizio agli uffici periferici dell’Agenzia, in via concorrente ed alternativa rispetto al direttore, consente di ritenere che la notifica della sentenza di merito, ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, e quella del ricorso possano essere effettuate, alternativamente, presso la sede centrale dell’Agenzia o presso i suoi uffici periferici, in tal senso orientando l’interpretazione sia il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che impone di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità, sia il carattere impugnatorio del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte necessaria all’organo che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato”).

p. 2. La sentenza della CTR di Ancona ha motivato il rigetto dell’appello proposto dall’Ufficio di Fermo della Agenzia delle Entrate riconoscendo il vizio di nullità della iscrizione a ruolo e della relativa cartella di pagamento in quanto carenti del requisito della motivazione prescritto per tutti gli atti amministrativi dalla L. n. 241 del 1990, art. 3 non essendo stato notificato al contribuente l’atto impositivo presupposto.

I Giudici di merito, in particolare, hanno rilevato che la cartella notificata al contribuente con la quale veniva richiesto il pagamento della somma di L. 11.195.000 a titolo di IRPEF liquidata per l’anno 1995 su redditi a tassazione separata recava soltanto la indicazione “Arretrati di lavoro dipendente/1995 Redditi soggetti a tassazione separata”, e non consentiva pertanto al contribuente di esercitare il proprio di dritto di difesa, non contenendo la cartella alcun riferimento specifico 1- al reddito soggetto a tassazione; 2- al reddito complessivo netto del contribuente nel biennio 1993-94 (anteriore alla percezione del reddito) in base al quale doveva essere determinata l’aliquota; 3- alla aliquota applicata nella tassazione.

p. 3. La Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza di secondo grado deducendo che la cartella di pagamento era stata emessa a seguito di controllo automatizzato sulla dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente (mod. 740), ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, essendosi limitata la Amministrazione a liquidare l’imposta su arretrati di lavoro dipendente – assoggettati a tassazione separata – regolarmente indicati nella dichiarazione.

Pertanto ha censurato la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 11 ed attuato dal D.M. 28 giugno 1999, non avendo i Giudici di merito considerato che all’esito dei controlli dell’Ufficio sulle dichiarazioni dei redditi e delle relative correzioni di errori materiali e di calcolo non debbono essere notificati avvisi di accertamento o in rettifica potendo procedersi direttamente ad iscrizione a ruolo degli importi corretti in eccedenza. Inoltre la cartella di pagamento in quanto tale era esente da vizi inerenti il contenuto dell’atto in quanto conforme alle prescrizioni del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25.

4. La controricorrente si è limitata a ribadire gli enunciati della motivazione della sentenza emessa dalla CTR di Ancona, chiedendo il rigetto del ricorso.

5. Il ricorso deve essere accolto.

Nella specie risulta che l’Ufficio ha esercitato i poteri di controllo previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 1 lett. a).

Orbene, in tema di applicazione delle procedure di controllo automatico previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis va rilevato che, a seguito della pronuncia del Giudice delle leggi dichiarativa della manifesta infondatezza della questione di legillimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis denunziato per violazione degli arti. 3, 24, 53 e 113 Cost. in quanto consentirebbe all’Amministrazione finanziaria di rideterminare maggiori redditi imponibile senza le cautele procedimentali, specificamente l’obbligo di motivazione, previste per gli avvisi di accertamento di ufficio od in rettifica (cfr. Corte cost. ord. 7.4.1988 n. 430: la ordinanza ha dichiarato manifestamente infondata la questione, , rilevando che “la “liquidazione” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, è operata sulla base delle dichiarazioni presentate mediante un mero riscontro cartolare, nei casi eccezionali e tassativamente indicati dalla legge, vertenti su errori materiali e di calcolo immediatamente rilevabili (senza la necessità quindi di alcuna istruttoria), che l’Amministrazione finanziaria ha il potere dovere di correggere anche a vantaggio del contribuente stesso: la mancanza di ogni valutazione giuridica rende razionale la disposizione, ai sensi degli artt. 3 e 53 Cost., differenziando tale eccezionale ipotesi da quella ordinaria (che necessita di un atto di accertamento contenente esplicita motivazione). Inoltre, non sono menomati in alcun modo, in sede giurisdizionale, il diritto di difesa del contribuente o la stessa possibilità di far valere un proprio diritto o interesse legittimo”) l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte è fermo nel ritenere che detta procedura e applicabile – nei casi tassativamente previsti dalla norma – laddove venga rilevato un errore materiale o di calcolo manifestamente evidente, ovvero risultino vizi di forma nella compilazione della dichiarazione o ancora emergano indicazioni oggettivamente contraddittorie, ma tali vizi ed irregolarità debbono essere intrinseci alla dichiarazione del contribuente, non potendo l’Amministrazione avvalersi della speciale procedura desumendo aliunde i parametri della verifica, nè potendo pervenire alla “correzione” dei vizi od irregolarità riscontrate sulla base di una diversa valutazione qualitativa o quantitativa del presupposto di imposta.

Il Collegio non intende discostarsi da tali principi dovendo quindi ribadirsi che il potere attribuito agli Uffici finanziari, in base al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, è esercitabile soltanto quando l’errore sia rilevabile “ictu oculi” a seguito di mero riscontro cartolare delle dichiarazioni presentate, nei casi eccezionali e tassativamente indicati dalla legge, vertenti su errori materiali e di calcolo, non abbisognevoli di alcuna istruttoria e correggibili dall’amministrazione anche a vantaggio del contribuente. Allorchè sia, invece, necessaria un’indagine interpretativa della documentazione allegala, ovvero una valutazione giuridica della norma applicata, la menzionata disposizione non e attivabile, occorrendo in tali casi un atto d’accertamento esplicitamente motivalo, il quale soltanto è idoneo a rendere edotto il contribuente del processo logico – giuridico seguito dall’Amministrazione nella diversa determinazione dell’imponibile (con esclusione in tutto o in parte, dell’onere deducibile, della detrazione di imposta, della eccedenza o premio o contributo o del credito di imposta) ed a metterlo in condizione di potersi adeguatamente difendere (cfr. Corte cass. 1^ sez. 15.9.1999 n. 9818 ” tale strumento nn può fare ricorso l’Amministrazione ogni qual volta sia necessario procedere, al di là del mero riscontro cartolare, ad attività di valutazione giuridica ai fini della interpretazione del dato normativo, della qualificazione di fatti o di rapporti fiscalmente rilevanti, della soluzione di questioni di imponibilità o di deducibilità o relative alla applicabilità di norme di esenzione o di agevolazione”; Corte cass. 1^ sez. 23.11.1999 n. 12998, in relazione alla riduzione od eliminazione di oneri deducibili; Corte cass. 1 sez. 3.3.1998 n. 3319 che esclude la applicazione della procedura ex art. 36 bis nella ipotesi in cui l’Ufficio intenda escludere un onere deducibile collegato alla qualificazione giuridica di un contratto contenuta nella dichiarazione, in quanto l’Amministrazione in tal caso è tenuta ad esaminare il contratto ed effettuare le proprie variazioni giuridiche sulla reale natura giuridica e sugli effetti dell’atto negoziale con le garanzia previste dagli atti di accertamento fiscale;Corte cass. 5^ sez. 17.3.2000 n. 3119; id. 17.11.2000 n. 14891 secondo cui la Amministrazione non può ricorrere allo strumento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis “quando ciò implichi una revisione critica di scelte de debitore controvertibili e non manifestamente errate”; id. 14.2.2002 n. 2127; id. 2.11.2005 n. 21274 che esclude una correzione della dichiarazione operata in base a disposizioni di circolari emanate dall’Amministrazione finanziaria in quanto costituente attività di accertamento valutativo; Corte cass. 5^ sez. 10.4.2006 n. 8359; id. 16.6.2006 n. 14021; id.

19.7.2006 n 16512; id. 12.7.2006 n. 15840; id. 7.5.2007 n.10340;

Corte cass. 5^ sez. 15.6.2007 n. 14019 secondo cui il recupero degli oneri non contemplati dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 10 è consentito solo quando sia desumibile “ictu oculi”, dal controllo formale della dichiarazione e dell’allegata documentazione, che il titolo è diverso da quello previsto dalla lettera della legge, e non anche quando tale indeducibilità sia ricavabile dall’interpretazione di detta documentazione o della norma giuridica; Corte cass. 5^ sez. 29.2.2008 n 5460; id. 5.6.2008 n. 14893).

In tali casi -in cui e esclusa una diversa valutazione nell’an o nel quantum del presupposto impositivo ovvero una diversa valutazione della esistenza od ammissibilità di crediti di imposta od oneri deducibili tali da incidere sulla stessa individuazione dei componenti di reddito integranti la base imponibile indicata dal contribuente nella dichiarazione, la Amministrazione può liquidare l’eventuale maggior credito di imposta rilevato nel controllo formale ed effettuare la iscrizione a ruolo e la notifica della cartella, senza necessariamente dover emettere un previo avviso di accertamento in rettifica.

Trattasi infatti di mera attività esecutiva con la quale l’Ufficio finanziario si limita a dare attuazione alla dichiarazione sottoscritta dal contribuente, come chiaramente evidenziato nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 4 che dispone che “i dati contabili risultanti dalla liquidazione prevista dal presente articolo si considerano, a tutti gli effetti come dichiarati dal contribuente e dal sostituto di imposta”. Con l’ulteriore corollario che in mancanza di una nuova attività valutativa da parte della Amministrazione l’atto di liquidazione notificato non necessita di alcuna motivazione, essendo sufficiente che dallo stesso, come nel caso di specie (essendo individuato il dato corretto dall’Ufficio con il riferimento all’importo degli “arretrati di lavoro dipendente” indicato dal contribuente nella dichiarazione relativa ai redditi 1995, e derivando l’applicazione della aliquota direttamente delle disposizioni di legge), emerga in modo comprensibile la correzione dell’errore materiale o di calcolo o ancora l’errore formale emendato.

La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione della norma invocata dalla Agenzia ricorrente, e del contenuto precettivo della stessa come definito dalla uniforme interpretazione del Giudice di legittimità, avendo attribuito i Giudici di merito rilievo soltanto ad uno degli elementi della fattispecie concreta sottoposta al loro esame (omessa notifica di avviso di accertamento) che, nella specie, non riveste carattere dirimente ai fini della questione dedotta in giudizio (nullità della cartella di pagamento per omessa motivazione), non essendo qualificabile come atto impositivo (per il quale è richiesta la motivazione a pena di nullità: L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 1 richiamato dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1) la iscrizione a ruolo e la relativa cartella di pagamento notificata all’esito della procedura di controllo formale disciplinata dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis.

p 6. In conseguenza il ricorso va accolto e la sentenza deve essere cassala. Non essendo necessario procedere ad ulteriori accertamenti in fatto (essendo stato impugnato l’atto tributario esclusivamente in relazione al vizio di nullità per omessa motivazione) la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 con il rigetto del ricorso proposto in primo grado.

Le spese di lite vanno regolate nel seguente modo: la resistente è tenuta alla rifusione delle spese del presente giudizio che si liquidano in dispositivo, potendo compensarsi tra le parti le spese relative ad entrambi i gradi di merito.

P.Q.M.

LA CORTE – accoglie il ricorso, per l’effetto cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso proposto in primo grado;

– condanna la resistente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.000,00 per onorari oltre spese prenotate a debito, dichiarando interamente compensate le spese relative ad entrambi i gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

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