Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9221 del 20/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/05/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 20/05/2020), n.9221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24106-2018 proposto da:

GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

POSTEL SPA, in persona dell’Amministratore Delegato pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 30, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO RICCHIUTO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 11822/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 07/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

MARULLI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il garante per la protezione dei dati personali impugna l’epigrafata sentenza con il quale il Tribunale di Roma, adito da Postel per l’annullamento della cartella di pagamento notificata a seguito di un pregresso pronuciamento dello stesso giudicante che aveva annullato la sanzione comminata per la violazione del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 162, comma 2-bis, ha provveduto ad annullare il predetto titolo nella parte in cui esso aveva comportato la maggiorazione prevista dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 27, comma 6 e ne chiede la cassazione sulla base di due motivi di ricorso, ai quali replica l’intimata con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso va dichiarato previamente inammissibile, posto che la diretta ricorribilità per cassazione delle sentenze in materia – a suo tempo prevista espressamente dal D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 152, comma 13 ed ora argomentabile, alla stregua dell’inappellabilità decretata dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 10, comma 10, ex art. 111 Cost., cui soggiace la specie in giudizio – è prevista dal D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 152, comma 1, nel testo applicabile ratione temporis in relazione a “tutte le controversie che riguardano, comunque, l’applicazione delle disposizioni del presente codice”.

3. Nella specie la controversia di che trattasi non ha ad oggetto l’applicazione delle disposizioni previste dal codice a tutela della privacy, dato che materia di essa è l’applicazione della maggiorazione generalmente prevista dalla L. n. 689 del 1981, art. 27, comma 6, in relazione al ritardo con cui si procede al pagamento della somma dovuta in conseguenza di un illecito amministrativo, sicchè la violazione del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 162, comma 2-bis, è solo l’occasione di emersione della sanzione – soggetta quanto alla sua riscossione all’applicazione delle disposizioni della L. n. 689 del 1981 quale disciplina generale della responsabilità amministrativa – ma non è la causa che qualifica la relativa controversia.

Nè, nella specie, ricorre l’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 2).

4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

5. Spese alla soccombenza.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2020

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