Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9220 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/04/2011, (ud. 21/02/2011, dep. 21/04/2011), n.9220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

R.A.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA VITTORIA

COLONNA 32 presso lo studio dell’avvocato MENGHINI MARIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALICE GIANPAOLO, giusta

delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 30/2005 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 04/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/02/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN PAOLA MARIA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato ALICE GIAMPAOLO, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In data 13.12.2001 veniva notificata a R.A.M. cartella di pagamento emessa in seguito a controllo formale D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e portante la somma di L. 139.419.000 dovuta a titolo di IRPEF – tassazione ordinaria e separata -, contributo SSN e sanzioni pecuniarie relativa a redditi prodotti nell’anno 1994.

La opposizione proposta dalla contribuente avverso la cartella di pagamento ed il ruolo per ottenere, in via alternativa, il rimborso dell’importo di L. 89.100.000 versato a titolo ILOR ovvero “l’utilizzo di tale somma a riduzione dell’imponibile su cui calcolare la IRPEF a tassazione separata” – essendo stato erroneamente indicato nella dichiarazione anche il valore dell’avviamento della ditta individuale invece sottratto alla imposta locale, era dichiarata inammissibile con sentenza della CTP di Torino n. 54/2002.

L’appello della contribuente veniva, invece, accolto dalla sez. 4 della CTR di Torino che, con sentenza 4.10.2005 n. 30, dichiarava tempestiva, ai sensi dell’art. 2946 c.c., la istanza di restituzione della somma indebitamente versata a titolo ILOR proposta per la prima volta con il ricorso introduttivo “poiche’ si tratta di richiesta di restituzione di indebito e valgono per la sua proposizione i normali termini di prescrizione decennale”.

La Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di appello deducendo un unico motivo con il quale denuncia violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 e dell’art. 2946 c.c..

Ha resistito la contribuente depositando controricorso ritualmente notificato, eccependo la inammissibilita’ del ricorso in quanto notificato oltre il termine perentorio ex art. 327 c.p.c. e comunque carente del requisito previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, nonche’ per novita’ del motivo non avendo l’Agenzia delle Entrate riproposto avanti il Giudice di appello ex art. 346 c.p.c. la eccezione di decadenza D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38 non accolta in primo grado. Ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza del motivo e nel caso in cui la Corte dovesse invece ritenerlo fondato, ha chiesto che, venendo a pronunciare nel merito, fosse accolta la propria domanda subordinata proposta nei precedenti gradi di giudizio volta ad ottenere il rimborso della somma di L. 22.266.000 (pari ad Euro 11.499,43) versata in eccedenza a titolo IRPEF a tassazione separata (in conseguenza della mancata decurtazione dall’imponibile IRPEF soggetto a tassazione separata delle somme versate a titolo ILOR, come previsto dal D.P.R. n. 597 del 1973, art. 13, comma 1), oltre interessi legali ed anatocistici a far data dalla data di versamento 9.1.2002, previa rideterminazione del reddito imponibile a tassazione separata mediante detrazione della somma di L. 89.100.000 corrisposta a titolo ILOR.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Questioni pregiudiziale e preliminari.

1.1 La eccezione di inammissibilita’ del ricorso per decorrenza del termine lungo ex art. 327 c.p.c. e’ infondata.

La sentenza della sez. 4A della CTR di Torino e’ stata depositata in data 4.10.2005 e non e’ stata notificata.

Il termine per la impugnazione (ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 2, art. 51, comma 1, art. 62, comma 2) veniva pertanto a scadere il 19.10.2006.

L’assunto della resistente secondo cui la richiesta di notifica del ricorso e stata accolta dall’UNEP di Roma in data 21.11.2006 e’ smentito dall’estratto del cronologico di ricezione atti che reca il timbro protocollo datario “CRON – 008841 A UNEP 20.11.2006″ nonche’ la sigla dell’Ufficiale giudiziario C.G. apposta in calce, sul timbro datario “a mezzo dei servizio postale (OMISSIS) 21.NOV.2006”.

Non vi e’ dubbio pertanto sulla riferibilita’ all’Ufficiale giudiziario di entrambe le operazioni compiute, rispettivamente, in data 20.11.2006 (ricezione richiesta di notifica) ed in data 21.11.2006 (spedizione atto a mezzo raccomandata AR ex art. 149 c.p.c.) documentale dallo stesso atto.

Pertanto in conformita’ alla consolidata giurisprudenza del Giudice delle Leggi che ha affermato il principio – rispettoso delle diverse esigenze di difesa delle parti processuali – secondo cui il momento in cui la notifica deve considerarsi perfezionata per il notificante (in funzione della verifica della osservanza di termini perentori o di decadenza) deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario (cfr. Corte cost. n. 477/2002; Corte cost. n. 28/2004; Corte cost. ord. n. 97/2004, con riferimento all’art. 149 c.p.c. ed alla notificazione a mezzo posta), dovendosi avere riguardo, al fine della verifica della tempestivita’ della notifica del ricorso, al momento in cui la parte notificante ha esaurito tutte le attivita’ di impulso del procedimento notificatorio alla stessa richieste e che si esauriscono con la consegna delle copie de ricorso all’organo competente ad eseguire la notifica (Ufficiale giudiziario), rimanendo estranee alla sfera di controllo del notificante le attivita’ – ed i conseguenti tempi ed eventuali errori commessi – attribuite alla competenza esclusiva a detto organo.

Considerato che nella specie il termine finale veniva a scadere in giorno festivo (il 19.11.2006 era domenica), con conseguente proroga al primo giorno seguente non festivo (art. 155 c.p.c., comma 4), il ricorso, consegnato per la notifica all’Ufficiale giudiziario il giorno 20.11.2006, e’ stato pertanto tempestivamente proposto.

1.2 Del pari infondata e’ la eccezione di inammissibilita’ del ricorso per carenza del requisito previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3).

La Agenzia ricorrente ha infatti individuato i fatti indispensabili alla comprensione della questione di diritto sottoposta all’esame della Corte, essendo stati riportati in ricorso i presupposti relativi al rapporto tributario, la “ratio decidendi” espressa nella motivazione della CTR e la critica specifica mossa alla stessa in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

1.3 Palesemente infondata e’ altresi’ la eccezione di inammissibilita’ del ricorso per cassazione per essere la Agenzia delle Entrate decaduta ex art. 346 c.p.c. dal potere di eccepire la decadenza D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38 non avendo riproposta tale eccezione, non accolta dal giudice di primo grado, nella comparsa di costituzione e risposta in grado di appello. Ed infatti:

– il termine di decadenza previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38 e’ posto in funzione della certezza della pretesa tributaria e dunque attiene a materia sottratta alla disponibilita’ delle parti (art. 2968 c.c.) ed e’ rilevabile ex officio in ogni stato e grado ex art. 2969 c.c., indipendentemente dalla eccezione o riproposizione della eccezione formulata dalla parte (cfr. Corte cass. 5^ sez. 22.2.2006 n. 38976: “in tema di contenzioso tributario, ove il giudice di primo grado non si sia pronunciato sull’eccezione di decadenza del contribuente dal diritto al rimborso di un tributo indebitamente versato per intervenuta scadenza del termine previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 (poiche’ tale eccezione era rimata assorbita dal rigetto integrale del ricorso), il giudice d’appello e’ tenuto a prendere in esame l’eccezione medesima e a pronunciarsi su di essa anche se l’amministrazione finanziaria appellata, vittoriosa in prime cure, non l’ubbia riproposta, non applicandosi alle questioni rilevabili d’ufficio – quale quella in esame, dato che la decadenza verte su materia sottratta alla disponibilita’’ delle parti – la disposizione di cui all’art. 346 cod. proc. civ.”; conf. Corte cass. 5^ sez. 25.1.2008 n. 16065);

– dallo “svolgimento del processo” della sentenza della CTR di Torino risulta inequivocamente che la eccezione di decadenza, rimasta assorbita nella pronuncia pregiudiziale in rito di primo grado, e stata nuovamente proposta dalla appellata con le proprie controdeduzioni al ricorso in appello (“nel merito, riguardo al termine entro il quale il contribuente avrebbe dovuto richiedere il rimborso, lo indicava in 48 mesi e non piu’ in 18……ma affermava l’Ufficio tale proroga riguardava i termini non ancora scaduti mentre quello in esame era gia’ scaduto”).

2) Motivazione della sentenza della CTR. La laconica motivazione della sentenza impugnata cosi’ argomenta l’accoglimento del motivo di appello proposto dalla contribuente:

“per quanto riguarda il termine entro il quale e’ stata proposta la domanda di rimborso essa e’ stata posta per la prima volta nel ricorso contro l’iscrizione a ruolo. Poiche’ si tratta di richiesta di restituzione di indebito valgono per la sua proposizione i termini di prescrizione decennale”.

3) Esame e valutazione del motivo del ricorso.

Il motivo di censura e’ fondato e pertanto il ricorso deve essere accolto. Premesso che le dichiarazioni fiscali, in particolare quelle dei redditi, non sono atti negoziali o dispositivi, ne’ costituiscono titolo dell’obbligazione tributaria, ma sono dichiarazioni di scienza e, quindi, salvi casi particolari, possono essere liberamente modificate dal contribuente, anche in sede processuale; pertanto, la dichiarazione, affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione e’ – in linea di principio – emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e piu’ gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Ne discende che il contribuente che abbia versato, in via di autotassazione, una somma superiore a quella dovuta, puo’ chiedere la restituzione dell’imposta indebitamente versata, nei termini previsti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 (cfr. Corte cass. 5^ se 19.12.2008 n. 29738).

Nell’ordinamento tributano vige, infatti, per la ripetizione del pagamento indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta (in specie, per i rimborsi di versamenti diretti attinenti alle imposte sui redditi, dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38) o, comunque, in caso di rifiuto tacito dell’Amministrazione, dalle norme sul contenzioso tributario (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 1, lett. g, e art. 21, comma secondo), regime che impedisce, in linea di principio, l’applicazione della disciplina prevista per l’indebito di diritto comune (cfr.

Corte cass. 5^ sez. 12.7.2006 n. 15840).

Il termine di decadenza previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 ha portata generale, riferendosi a qualsiasi ipotesi di indebito correlato all’adempimento dell’obbligazione tributaria, qualunque sia la ragione per cui il versamento e’ in tutto o in parte non dovuto, e quindi ad errori tanto connessi ai versamenti quanto riferibili all’”an” o al “quantum” del tributo (cfr. Corte cass. 5^ sez. 22.5.2006 n. 11987).

Piu’ specificamente il procedimento ad istanza di parte di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 attiene al rimborso dei versamenti diretti, cioe’ di quei versamenti che il contribuente abbia effettuato spontaneamente, in adempimento di un ritenuto obbligo di legge, e non si applica quindi ai versamenti conseguenti alla notifica di un atto contenente una pretesa impositiva. In tal caso infatti, avendo il contribuente adempiuto alla obbligazione in conseguenza dell’avviso di accertamento notificatogli ed al solo scopo cautelativo di evitare maggiori oneri, i termini di decadenza del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 non trovano applicazione in quanto la istanza di rimborso deve intendersi implicitamente proposta con il ricorso avverso l’atto impositivo venendo ad essere precluso il rimborso delle somme versate solo a seguito della definitivita’ dell’atto di accertamento opposto (cfr. Corte cass. 5^ sez. 22.5.2006 n. 12009; cfr. anche Corte cass. SU 7.2.2007 n. 2687 che ha affermato il principio secondo cui “In tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d’imposta, non trova applicazione, ai fini del rimborso del relativo importo, il termine di decadenza previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 non occorrendo la presentazione di un’apposita istanza, in quanto l’Amministrazione, resa edotta con la dichiarazione dei conteggi effettuati dai contribuente, e’ posta in condizione di conoscere la pretesa creditoria. La relativa azione e’ pertanto sottoposta all’ordinario termine di prescrizione decennale, sulla cui decorrenza non incide ne’ il limite temporale stabilito per il controllo cd. formale o cartolare delle dichiarazioni e la liquidazione delle somme dovute, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis ne’ il limite alla proponibilita’ della relativa eccezione, posto dalla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, comma 58:

la prima disposizione e’ volta infatti ad imporre un obbligo all’Amministrazione finanziaria, senza stabilire un limite all’esercizio dei diritti del contribuente, mentre la seconda contiene un mero “invito” rivolto agli uffici, non suscettibile di applicazione diretta da parte del giudice”, conf. Corte cass. 5^ sez. 22.4.2009 n. 9524; id 10.2.2010 n. 2918).

Va inoltre aggiunto che la proponibilita’ dell’azione per il rimborso del credito d’imposta relativo ad imposte dirette e’ regolata, in conformita’ ai principi generali in tema di efficacia delle leggi nel tempo, dalla norma sulla decadenza vigente alla data in cui fu presentata la domanda di rimborso, o da quella entrata in vigore durante il decorso del termine originario. Ne consegue che la norma della L. 13 maggio 1999, n. 133, art. 1, comma 5, che amplifica il termine di decadenza gia’ stabilito per la domanda di rimborso, entrata in vigore allorche’1 il termine originario era gia’ spirato, non vale a prolungarlo, cosi’ da evitare la decadenza, non essendo dotata, espressamente o implicitamente, di efficacia retroattiva (cfr. Corte cass. 5^ sez. 30.1.2007 n. 1918).

Tanto premesso, incontestato che il contribuente ha erroneamente indicato nella dichiarazione relativa ai redditi prodotti nell’anno 1994,ai fini ILOR, anche il valore dell’avviamento della propria ditta individuale provvedendo a versare direttamente in data 31.5.1995 (cfr. controricorso pag. 16) la relativa imposta per l’importo di L. 89.100.000, ne consegue che dalla data del pagamento iniziava a decorrere il termine di decadenza di diciotto mesi (applicabile “ratione temporis”) previsto per la proposizione della istanza di rimborso D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38 a nulla rilevando che l’esito del controllo automatizzato della dichiarazione fiscale sia intervenuto soltanto nel 2001 (la cartella di pagamento risulta notificata al contribuente il 31.12.2001).

Priva di pregio e’ la lesi prospettata dalla parte resistente secondo cui il termine predetto sarebbe iniziato a decorrere dalla notifica della cartella, in quanto alla liquidazione della imposta effettuata dalla Amministrazione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis dovrebbe attribuirsi natura di atto di impositivo.

L’assunto della resistente, che prospetta l’ipotesi di un controllo formale D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 36 bis attraverso il quale la Amministrazione avrebbe, invece, esercitato un potere di accertamento in rettifica facendo valere una pretesa sostanzialmente impositiva in contrasto con quanto evidenziato dal contribuente nella dichiarazione, non trova riscontro nella sentenza della CTR di Torino ed introduce, quindi, una questione nuova che non puo’ trovare ingresso in questo giudizio, non determinando la notifica della cartella di pagamento, effettuata a seguito di controllo formale D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis una riammissione in termine del contribuente per proporre le istanze di rimborso che avrebbe dovuto tempestivamente proporre nel termine di mesi diciotto dal versamento della imposte eseguito in data 31.5.1995, andando incontro a decadenza D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38 anche la domanda proposta in via subordinata, per la prima volta con il ricorso in opposizione alla cartella di pagamento notificata in data 13.2.2001, avente ad oggetto la richiesta di rimborso della somma corrisposta in eccedenza a titolo IRPEF. La sentenza della CTR non si e’ attenuta ai principi di diritto espressi dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di rimborso di imposte sui redditi e pertanto deve essere cassata.

4) Decisione della Corte sui motivi di ricorso e sulle spese di lite.

In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata deve essere cassata.

Non occorre procedere ad ulteriori accertamenti in fatto, e pertanto la causa puo’ essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2 con il rigetto del ricorso proposto in primo grado.

Le spese di lite, relative ai gradi di merito ed al presente giudizio, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE – accoglie il ricorso, per l’effetto cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso proposto in primo grado;

– condanna la resistente alla rifusione delle spese di lite che liquida, per ciascun grado di merito, in Euro 2.000,00 per onorari ed Euro 600,00 per diritti nonche’, per il presente giudizio, in Euro 4.000,00 per onorari oltre le spese prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

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