Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9220 del 06/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 06/04/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 06/04/2021), n.9220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14363-2019 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BELLI 36,

presso lo studio dell’avvocato LUCA PARDINI, rappresentato e difeso

dall’avvocato FABRIZIO BARTOLINI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE DI LUCCA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2079/9/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA TOSCANA, depositata il 23/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

P.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza della CTR Sicilia indicata in epigrafe che ha rigettato l’impugnazione proposta dal contribuente avverso la sentenza di primo grado che aveva confermato la legittimità dell’accertamento fondato sul D.P.R. n. 600 del 1073, art. 32, per l’anno 2007. La CTR ha ritenuto che le autorizzazioni all’accesso ai conti correnti bancari erano state depositate nel corso del giudizio e che sul conto del coniuge il contribuente aveva operato un versamento e un prelevamento nell’anno 2006, sicchè doveva ritenersi che la disponibilità dello stesso conto in capo al P. fosse desumibile anche per l’anno 2007, non risultando peraltro il coniuge titolare di redditi per l’anno anzidetto.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

Il primo motivo, con il quale si prospetta la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3, in relazione alla mancata allegazione degli atti di autorizzazione all’accesso al conto corrente all’atto di accertamento, connesso al deficit di motivazione dell’atto impugnato, è destituito di fondamento.

Il ricorrente, per vero, confonde la necessità che l’atto notificato al contribuente consenta allo stesso di prospettare le difese del caso con l’accertamento della fondatezza della pretesa affidata alla sede giudiziaria.

Occorre infatti evidenziare che non sussiste alcuna norma che sancisca uno specifico obbligo di allegazione all’avviso di accertamento della autorizzazione allo svolgimento degli accertamenti bancari prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 7.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’autorizzazione gerarchica prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 7), per lo svolgimento di accertamenti bancari ad opera degli Uffici tributari costituisce un mero atto interno di tipo organizzativo che non deve essere motivato, nè esibito necessariamente al contribuente, e la cui ipotetica mancanza non costituisce causa di inutilizzabilità delle risultanze dell’accertamento bancario in assenza di previsioni specifiche, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso (inviolabilità della libertà personale o del domicilio); infatti detta autorizzazione attiene solo ai rapporti interni ed in materia tributaria non vige il principio, invece sancito dal c.p.p., dell’inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita. (Cass. n. 13353/2018; Cass. n. 10675/2010; Cass. n. 20470/2019).

Ora, la circostanza che l’autorizzazione all’accesso al conto, contestata come mancante dal contribuente nel ricorso introduttivo del giudizio – come risulta dalla pag. 2 del ricorso per cassazione – sia stata depositata nel corso del giudizio dall’amministrazione non inficia, pertanto, in alcun modo l’atto di accertamento, il cui contenuto – correlato alle movimentazioni bancarie relative al conto intestato formalmente al coniuge ma nella disponibilità del contribuente secondo la prospettiva espressa dall’amministrazione fiscale-era stato pienamente esposto nell’avviso di accertamento, come nemmeno contesta il ricorrente.

Tanto è sufficiente per ritenere infondato il motivo.

Anche il secondo motivo di ricorso, con il quale si prospetta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1 e 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3 e art. 51, nonchè violazione degli artt. 2727,2729 e 2697 c.c., è destituito di fondamento.

In sostanza, parte ricorrente deduce che la CTR avrebbe disatteso la giurisprudenza di questa Corte in tema di rilevanza delle movimentazioni bancarie risultanti da un conto corrente non riferibile al contribuente, tralasciando di considerare che la situazione di coniugio con il contribuente non giustificava l’esito al quale era giunta la CTR, non avendo detto giudice affrontato la questione relativa alla riferibilità delle movimentazioni del coniuge all’attività del marito nè l’interposizione fittizia.

Orbene, giova ricordare che in tema di imposte sui redditi, lo stretto rapporto familiare e la composizione ristretta del gruppo sociale è sufficiente a giustificare, salva la prova contraria, la riferibilità delle operazioni riscontrate sui conti correnti bancari di tali soggetti all’attività economica della società sottoposta a verifica, sicchè in assenza di prova di attività economiche svolte dagli intestatari dei conti, idonee a giustificare i versamenti e i prelievi riscontrati, ed in presenza di un contestuale rapporto di collaborazione con la società, deve ritenersi soddisfatta la prova presuntiva a sostegno della pretesa fiscale, con spostamento dell’onere della prova contraria sul contribuente – cfr. Cass. n. 428/2015 -.

Si è altresì aggiunto che l’onere del contribuente di giustificare la provenienza e la destinazione degli importi movimentati sui conti correnti intestati a soggetti per i quali è fondatamente ipotizzabile che abbiano messo il loro conto a sua disposizione non viola il principio “praesumptum de praesumpto non admittitur” (o “divieto di doppie presunzioni” o divieto di presunzioni di secondo grado o a catena) sia perchè tale principio è, in realtà, inesistente, non essendo riconducibile agli artt. 2729 e 2697 c.c. nè a qualsiasi altra norma dell’ordinamento, sia perchè, anche qualora lo si volesse considerare esistente, esso atterrebbe esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con un’altra presunzione semplice, ma non con una presunzione legale, sicchè non ricorrerebbe nel caso di specie – cfr. Cass. n. 15003/2017, Cass. n. 20748/2019 -.

Ciò posto in diritto, a tali principi si è pienamente attenuto il giudice di appello nel considerare, per l’un verso, la riferibilità delle movimentazioni bancarie al contribuente, in relazione all’assenza di redditi del coniuge per l’anno 2007 e all’attività di movimentazione in entrata e in uscita sul detto conto da parte del P. nell’anno antecedente a quello di verifica, in assenza di ulteriori elementi forniti dal suddetto.

E’ poi appena il caso di evidenziare, per altro verso, che a fronte del compendio indiziario offerto dall’ufficio, l’onere di dimostrare un quadro fattuale diverso da quello considerato dall’Ufficio incombeva sullo stesso contribuente, non essendovi traccia di ciò nella sentenza impugnata.

Il terzo motivo di ricorso, con il quale si prospetta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, rappresentati dalla circostanza che tra i coniugi P. e S. vigesse il regime patrimoniale di separazione dei beni e che si fosse interrotto il rapporto di lavoro dipendente tra la S. e il P. nel febbraio 2006, è parimenti infondato.

Ed invero, quanto alla prima circostanza che secondo il ricorrente sarebbe stata tralasciata, la stessa è carente del requisito di decisività, non incidendo in alcun modo sul tema rappresentato dalla riferibilità o meno al P. delle somme esistenti sul conto corrente intestato al di lui coniuge. Circostanza che non sarebbe stata in grado di inficiare il giudizio della CTR secondo una valutazione prognostica ex ante, attenendo a vicenda relativa ai rapporti patrimoniali fra i coniugi ma non alla riconducibilità, ai fini fiscali, delle movimentazioni del conto intestato ad un soggetto diverso da quello che ne ha la reale disponibilità.

L’ulteriore circostanza dedotta dal ricorrente non emerge sia stata in alcun modo oggetto di contestazione nel giudizio di merito, non avendo il ricorrente indicato il luogo e l’atto in cui la stessa sarebbe stata esposta.

Senza dire che anche per tali circostanze sarebbero valse le considerazioni appena espresse con riferimento alla prima parte della censura.

Sulla base di tali considerazioni il ricorso va quindi rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, dando atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro 3500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2021

 

 

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