Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 922 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/01/2020, (ud. 10/07/2019, dep. 17/01/2020), n.922

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18133/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

presso i cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n.

12;

– ricorrente –

contro

S.L. e M.M., eredi di M.B., rappresentati e

difesi dall’avv. Fabio Pace del foro di Milano, nel cui studio sito

in Milano, Corso di Porta Romana, n. 89/B, sono elettivamente

domiciliati;

– controricorrenti –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 3900/28/14 pronunciata il 17.3.2014 e depositata il 12.6.2014;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10.7.2019 dal Consigliere Dott. SAIEVA Giuseppe.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. M.B., ex dirigente ENEL, dante causa degli attuali ricorrenti S.L. e M.M., impugnava il silenzio rifiuto dell’Agenzia delle Entrate, avverso la richiesta di rimborso della maggiore IRPEF trattenuta dal sostituto d’imposta sulla liquidazione della prestazione di previdenza integrativa corrisposta in misura superiore al 12,50%, in contrasto con la disciplina di cui al T.U.I.R., art. 42, comma 4, e alla L. n. 482 del 1985, art. 6.

2. L’Ufficio finanziario contestava la pretesa del ricorrente.

3. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso, ritenendo nella specie applicabile la tassazione del 12.5% sull’imponibile determinato con i criteri di cui al T.U.I.R., art. 42, e compensava le spese di giudizio.

4. Avverso detta sentenza l’Ufficio proponeva appello, ribadendo come la struttura del rapporto previdenziale da cui scaturiva la corresponsione della somma corrisposta, avesse natura di rendita pensionistica reversibile, assimilabile a quello di lavoro dipendente, rientrante nelle disposizioni di cui al citato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. A.

5. La Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello, ritenendo che sulla parte relativa al rendimento era applicabile la tassazione del 12.5% determinata con i criteri di cui al T.U.I.R., art. 42.

6. La controversia perveniva quindi all’esame di questa Corte che con sentenza n. 2741 del 2012, nel ribadire il principio enunciato dalle Sezioni Unite con sentenza 13642/2011, accoglieva il ricorso dell’Ufficio, ritenendo necessario “stabilire l’ammontare del rendimento scaturito dall’investimento dei contributi versati da e per conto del M. a titolo di capitale e determinare indi quello dell’imposizione con il criterio sopra enunciato”.

7. In data 28.2.2013 gli eredi del contribuente, nel frattempo deceduto, riassumevano il giudizio, sostenendo l’imputabilità del rendimento netto del capitale accantonato alla gestione sul mercato da parte del fondo PIA, facendo riferimento anche a quanto certificato dall’ENEL e chiedendo il rimborso della somma di Euro 116.666,86, oltre interessi, quale maggiore imposta trattenuta dall’ente erogatore sulle somme relative al rendimento maturato fino al 31.12.2000.

8. L’Ufficio chiedeva il rigetto della domanda di rimborso avanzata dal contribuente, ed, in via subordinata, la quantificazione di quanto dovuto, sulla base di certificazioni documentative della controparte.

9. All’esito del giudizio di rinvio la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con la sentenza oggetto del presente gravame (n. 3900/28/14 pronunciata il 17.3.2014 e depositata il 17.6.2014), in accoglimento del ricorso in riassunzione degli eredi del contribuente riconosceva il diritto dei medesimi al rimborso della somma di Euro 116.666,86.

10. Avverso tale decisione l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resistono gli eredi del contribuente con controricorso.

11. Il ricorso è stato fissato nella camera di consiglio del 10.7.2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

12. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Con il primo motivo di gravame l’agenzia ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. e conseguenziale violazione dell’art. 394 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

1.2. Con il secondo motivo deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 63 e degli artt. 384,392 e 394 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.

1.3. Con il terzo motivo deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e del principio di non contestazione di cui allo stesso art. 115 c.p.c. e conseguenziale violazione dell’art. 384 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

1.4. Con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.5. Con il quinto motivo deduce, in via subordinata rispetto ai motivi precedenti, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2. Gli anzidetti motivi per evidenti ragioni di connessione possono essere esaminati unitariamente, dovendosi essenzialmente verificare se la C.T.R. con la decisione impugnata si sia uniformata al principio enunciato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 13642/2011, così come ribadito nella sentenza di rinvio.

3. La questione relativa alla disciplina impositiva applicabile in materia di prestazioni erogate in forma di capitale da fondi previdenziali integrativi (nella specie da Fondenel e PIA) è stata infatti affrontata e definita da questa Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 13642 del 22.6.2011 con l’affermazione del seguente principio di diritto: “in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cosiddetto rendimento si applica la ritenuta del 12,5% prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1^ gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17″.

3.1. Pertanto, la ritenuta fiscale più favorevole del 12,5%, propria dei redditi da capitale, è applicabile ai soli iscritti al fondo previdenziale in data antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993 e valevole per gli importi maturati sino e non oltre il 31.12.2000.

3.2. Questa Corte ha ripetutamente chiarito che il principio di diritto affermato (Sez. U., n. 13642 del 2011) implica la necessità di una ricostruzione dell’impiego delle somme sul mercato (non necessariamente finanziario, come precisato da ultimo da Cass. n. 4943 del 2018), con apposita verifica se vi sia stato “l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato” e quale sia stato “il rendimento di gestione conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,50%”; di conseguenza, gravando sul contribuente che impugni il rigetto di una istanza di rimborso – quale attore in senso sostanziale – l’onere di provare il fondamento della sua pretesa, questi è tenuto a dimostrare quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento, non senza che detto onere probatorio possa ritenersi sufficientemente assolto tramite il mero rinvio “al conteggio proveniente dall’Enel, prodotto dal contribuente, non contenente alcuna specificazione sui criteri utilizzati per la quantificazione della voce rendimento, così da chiarire se si trattasse effettivamente di incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato” (ex aliis, Cass. n. 31222 del 2017).

3.3. Nella fattispecie in esame, pertanto, a fronte della radicale contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria della pretesa restitutoria avanzata dal contribuente, l’onere probatorio su quest’ultimo gravante non può ritenersi assolto, mediante la produzione in giudizio della certificazione rilasciata dall’ENEL.

3.4. Va, poi, ribadito che è da escludere che il requisito dell’essere il rendimento imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato possa considerarsi soddisfatto dall’essere il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività ottenuta sul mercato dell’intero patrimonio dell’ENEL (rapporto tra il margine operativo lordo e il capitale investito). Tale coerenza (del rendimento ottenuto dal capitale accantonato con quello ottenuto dal patrimonio dell’ENEL) costituisce, infatti, comunque un dato estrinseco e non causale, nel senso che il primo non può comunque considerarsi frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato, come richiesto perchè abbia a configurarsi il reddito da capitale della specie richiesta, essendo al contrario esso stesso dipeso da un predeterminato calcolo di matematica attuariale (cfr. Cass. n. 4943 del 2018, cit.).

3.5. Il Collegio, in definitiva, intende dare seguito all’orientamento in base al quale il più favorevole criterio impositivo di cui si detto può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo investimento sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento. E la prova di ciò deve essere fornita dal contribuente, attore sostanziale del preteso rimborso IRPEF, anche in sede di giudizio di rinvio (cfr. Cass. n. 19424 del 2015, Cass. n. 26108 del 2018).

3.6. In tale quadro, appare evidente come la C.T.R. abbia deciso la controversia in difformità del principio di diritto desumibile dalla sentenza di rinvio, secondo cui l’aliquota del 12,50% può e deve trovare applicazione solo sul rendimento derivante dall’investimento sul libero mercato del capitale costituito dai versamenti dell’azienda e del lavoratore.

4. La C.T.R. nel caso di specie non si è conformata al principio di diritto affermato nella sentenza n. 2741 del 2012 di annullamento con rinvio che ha affermato che possono essere soggetti alla minore aliquota del 12,50% solo i rendimenti (se esistenti) provenienti dall’investimento sul mercato da parte del Fondo (senza distinzione tra PIA e Fondenel) delle somme accantonate. Non vi è stato alcun rendimento di polizza poichè, a seguito di accordo tra Enel e Federazione nazionale dei dirigenti di aziende industriali (Fndai), l’originaria polizza di assicurazione sulla vita venne sostituita con un trattamento di previdenza pensionistica integrativa, denominata PIA, “con efficacia retroattiva dal 1^ gennaio 1986”, da ciò potendosi desumere che la disposizione che prevedeva la stipula di polizze vita di fatto non venne mai applicata (Sez. 5, n. 10285 del 2017, pag.7), poichè lo stesso giudice del rinvio non indica che dal certificato Enel emerga un investimento delle somme accantonate ad opera di PIA o Fondenel sul libero mercato. Ne consegue l’assenza di prova circa l’esistenza di rendimenti assimilabili ai redimenti di capitale da tassare con l’aliquota del 12,50%.

5. Conseguentemente, il ricorso va accolto e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo dei contribuenti. Il recente formarsi della giurisprudenza, in materia, giustifica la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decide la causa nel merito rigettando il ricorso introduttivo dei contribuenti. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Cosi deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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