Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9219 del 19/04/2010

Cassazione civile sez. un., 19/04/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 19/04/2010), n.9219

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GALILEO

GALILEI 45, presso lo studio dell’avvocato LITTA PIETRO UGO,

rappresentata e difesa dall’avvocato GRECO FRANCESCO, per delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SIRACUSA, in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 88, presso lo studio

dell’avvocato D’AMICO GIOVANNI, rappresentato e difeso dall’avvocato

BIANCA SALVATORE, per delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 186/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,,

depositata il 05/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

13/04/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE PICONE;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

Domenico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. La sentenza di cui si domanda la cassazione rigetta l’appello di C.M. e conferma la decisione del Tribunale di Siracusa – giudice del lavoro – in data 23.6.2004, con la quale, pronunciando sulla domanda proposta dalla C. contro il datore di lavoro Comune di Siracusa per il pagamento di compensi relativi al lavoro domenicale prestato, oltre al risarcimento del danno, era stato dichiarato il difetto di giurisdizione ordinaria sulle pretese relative al periodo anteriore al 1^ luglio 1998 e rigettate quelle attinenti al periodo successivo.

2. La Corte di appello di Catania conferma la declaratoria di difetto di giurisdizione su parte della controversia, rilevando che gli illeciti di natura contrattuale, consistiti, secondo la prospettazione della lavoratrice, nella mancata concessione del riposo settimanale senza il pagamento dei relativi compensi o del risarcimento del danno nel periodo dall’assunzione al mese di ottobre 1999, non avevano natura permanente, essendosi esauriti con la mancata concessione del riposo compensativo nel termine previsto dal D.P.R. n. 268 del 1987, art. 17, sicchè le pretese creditorie attinenti al periodo fino al 30 giugno 1998 dovevano essere proposte in sede di giurisdizione amministrativa.

3. E’ confermata altresì la pronuncia di rigetto delle pretese attinenti al periodo di lavoro successivo al 30 giugno 1998, perchè la regolamentazione dello stesso d.p.r. e quella recata dai successivi contratti collettivi nazionali di lavoro prevedeva, in caso di orario articolato in turni (osservato dalla polizia municipale cui apparteneva la C.), soltanto una maggiorazione del 20% per le prestazioni rese nei giorni festivi ricadenti nel turno (ma sempre con concessione del riposo sostitutivo in altro giorni), Pertanto, con riferimento a tale periodo di lavoro, non sussistevano i denunciati inadempimenti del Comune.

3. Il ricorso di C.M. si articola in tre motivi (ancorchè formalmente indicati nel numero di quattro), resiste con controricorso il Comune di Siracusa.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. I primi due motivi di ricorso investono entrambi la declaratoria di difetto di giurisdizione su parte della controversia.

1.1. Con il primo motivo si sostiene – formulando in tal senso il quesito di diritto che conclude il motivo – che la mancata concessione dei riposi-recuperi di cui al D.P.R. n. 268 del 1987, art. 17, concretava un illecito permanente protrattosi oltre data del 30 giugno 1998, sicchè sussisteva la giurisdizione ordinaria ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7.

1.2. Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 268 del 1987, art. 17, unitamente a vizio della motivazione (vizio rubricato come terzo motivo), perchè la consulenza tecnica espletata aveva accertato che, nel periodo luglio 1998 – ottobre 1999, la ricorrente aveva diritto alla fruizione di complessive 49 giornate di riposo compensativo, ma queste giornate non potevano che essere imputate al periodo precedente durante il quale il diritto era stato maturato. Il quesito di diritto sembra quindi nel senso che i riposi da fruire nel periodo successivo al 30 giugno 1998 erano proprio quelli relativi al periodo precedente e non poteva perciò sussistere il dichiarato difetto di giurisdizione.

2. Esaminati congiuntamente i due motivi, che costituiscono argomenti della censura mossa alla pronuncia sulla giurisdizione, la Corte li giudica infondati.

2.1. Nel caso di specie non è ravvisabile l’ipotesi dell’illecito permanente, cioè di un fatto che perdura immutato nel tempo, bensì quella dell’illecito istantaneo.

L’atto illecito istantaneo si distingue dall’atto illecito permanente – con le relative conseguenze in ordine alla collocazione temporale rilevante ai fini del riparto delle giurisdizioni – perchè nel primo la condotta dell’agente si esaurisce prima o nel momento stesso della produzione del danno, mentre in quello permanente essa perdura oltre tale momento e continua a cagionare danno per tutto il corso della sua durata (vedi, tra le altre, Cass. 8 febbraio 1990, n. 875). In altri termini, la permanenza va intesa non già in riferimento al danno, bensì al rapporto eziologico tra il comportamento contro ius dell’agente, qualificato dal dolo o dalla colpa, e il danno.

2.2. Nel caso di specie, l’asserita violazione ad opera del Comune delle regole che obbligavano a concedere riposi sostitutivi in caso di lavoro prestato in giorno festivo (ovvero a risarcire il danno per equivalente) si è perfezionata con l’esecuzione della prestazione originante l’obbligazione, mentre il perdurante successivo inadempimento concerne soltanto le conseguenze pregiudizievoli e dunque, ai fini dell’applicazione della norma transitoria dettata dal D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 art. 69, comma 7, (per cui restano attribuite al giudice amministrativo le controversie relative a questioni attinenti al periodo di lavoro anteriore al 30 giugno 1998, mentre sono attribuite al giudice ordinario le controversie: relative a questioni attinenti al periodo di lavoro successivo a detta data), rileva l’epoca in cui si sono verificati i fatti generatori di ciascuna obbligazione (vedi Cass., sez. un., 11 maggio 2009, n. 10669; 23 aprile 2009, n. 9658; 16 aprile 2009, n. 89889).

2.3. Ne consegue l’irrilevanza, al fini del riparto delle giurisdizioni, che successivamente alla data del 30 giugno, restassero, secondo la prospettazione della C., da fruire giornate di riposo compensativo maturate nel periodo precedente e che la fruizione medesima fosse possibile, secondo le determinazioni del datore di lavoro, nel periodo successivo. Come si è già osservato, rileva esclusivamente il fatto generatore dell’obbligazione del Comune, cioè il lavoro in giorni festivi, non certo che l’inadempimento si fosse protratto nel periodo successivo e che fosse ancora possibile in forma specifica, dovendosi escludere che mancasse nel periodo precedente il requisito dell’esigibilità del credito della dipendente.

2.4. Per le considerazioni svolte, dichiarata la sussistenza della giurisdizione amministrativa esclusiva sui crediti rivendicati in relazione al periodo di lavoro fino al 30 giugno 1998, per questa parte la causa va riassunta dinanzi al tribunale amministrativo regionale competente, ai sensi delle disposizioni di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 59.

3. Con il terzo motivo di ricorso si censura la statuizione di rigetto nel merito della domanda per il periodo successivo al 30 giugno 1998. Si denunzia vizio della motivazione per avere la Corte di appello di Catania ritenuta priva di fondamento la pretesa sebbene il consulente tecnico avesse accertato il diritto a 49 giorni di riposo a fronte di 48 fruiti e quindi avrebbe dovuto riconoscere almeno il diritto in questi limiti (una giornata di recupero).

4. Il terzo motivo è inammissibile.

4.1. La sentenza impugnata perviene all’esito di rigetto della pretesa sul rilievo che si era in presenza di lavoro secondo turni, che naturalmente comprendevano anche le domeniche con riposo in altro giorno della settimana; conseguentemente, secondo la ricognizione normativa che la Corte ha il potere di compiere, trovava applicazione il D.P.R. 13 maggio 1987, n. 268, art. 13, comma 7, – Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale, per il triennio 1985-1987, relativo al comparto del personale degli enti locali -, che, per il lavoro nei giorni festivi compresi nel turno, contemplava esclusivamente il diritto alla maggiorazione della retribuzione nella misura del 20%, Conseguentemente restava esclusa l’applicazione dell’invocato citato D.P.R., art. 17, concernente la diversa ipotesi del dipendente che non usufruisce del riposo festivo settimanale per particolari esigenze di servizio e non in conseguenza della predisposizione di turni e concessione di riposo compensativo.

Con tale argomentazione della sentenza non è coerente il motivo di ricorso, che omette del tutto di censurarla.

5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di Cassazione, nella misura determinata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta i primi due motivi del ricorso e dichiara la sussistenza della giurisdizione amministrativa esclusiva sulle pretese relative al periodo fino al 30 giugno 1998, rimettendo le parti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale competente;

dichiara inammissibile il terzo motivo del ricorso: condanna la ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione, liquidate le prime in Euro 200,00 (duecento/00), oltre spese generali, iva e cpa, e i secondi in Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2010

 

 

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