Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9217 del 20/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/05/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 20/05/2020), n.9217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19809-2018 proposto da:

COMUNE DI FRANCOFONTE, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio

dell’avvocato SERGIO SPATOLA, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANGELO GAGLIANO;

– ricorrente –

contro

G.C., N.T., G.M., G.R.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ROBERTO G.;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il

15/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

MARULLI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il Comune di Francofonte impugna l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Catania ha proceduto a determinare in favore dei litisconsorti G. le indennità di esproprio e di occupazione temporanea loro dovute dal Comune ricorrente a seguito dell’ablazione di un fondo di loro proprietà da destinarsi alla realizzazione di un PIP e ne chiede la cassazione sulla base di due motivi di ricorso, illustrati pure con memoria, ai quali resistono gli intimati con controricorso e memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso – che non incorre nelle preclusioni fatte valere in punto di improcedibilità dai resistenti, l’una (omesso deposito di copia cartacea del ricorso e dei relativi allegati attestata conforme ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 1-bis) risultando smentita dalla consultazione del fascicolo di ufficio, l’altra (omesso deposito della copia notificata della sentenza impugnata munita della relativa relata), sul rilievo che la copia in parola è stata prodotta dai medesimi resistenti e che il ricorso è stato proposto nel termine breve dell’art. 325 c.p.c., dalla lettura nomofilattica invalsa riguardo l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, (Cass., Sez. U, 2/05/2017, n. 10648); e neppure è paralizzato dall’eccepita inosservanza dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, poichè, ferma la loro produzione, il richiamo ad essi emergente dal ricorso consente di delimitare esattamente il thema decidendi – allega al primo motivo la violazione del D.Lgs. 10 settembre 2011, n. 150, art. 29, poichè il decidente avrebbe erroneamente disatteso la sollevata eccezione di tardività della domanda, quantunque l’opposizione fosse stata proposta con ricorso depositato il 13.2.2017 a fronte di un decreto di esproprio notificato l’11.1.2017 e quindi oltre il decorso del termine perentorio di trenta giorni stabilito dal D.Lgs. n. 150 del 2011, cit. art. 29 ed oltre il termine dilatorio di trenta giorni decorrente “dalla comunicazione (25.6.2016) dell’avvenuto deposito dell’indennità di espropriazione presso la Cassa Depositi e Prestiti”.

3. Il motivo non ha pregio.

Questa Corte ha già chiarito che, nell’assetto attuale che la materia ha assunto a seguito di Corte Cost. 67/1990, “il termine di decadenza di trenta giorni per proporre l’opposizione alla stima – nel sistema introdotto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, nonchè in quello attuale, regolato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, comma 3, – opera solo in relazione al caso di stima definitiva dell’indennità, sicchè, ove tanto non sia avvenuto, l’azione di determinazione giudiziale dell’indennità resta proponibile finchè non decorra il termine di prescrizione decennale, a far tempo dall’emanazione del provvedimento ablatorio”. (Cass., Sez. I, 6/03/2017, n. 5517).

4. Ora, poichè nella specie la Corte d’Appello, rigettando l’analoga eccezione, ha osservato che il Comune non aveva dato prova dell’avvenuta notifica della stima definitiva ai resistenti in quanto “manca in atti la prova della notifica ai ricorrenti della stima definitiva dell’indennità di espropriazione”, del tutto legittimamente costoro hanno chiesto che la Corte d’Appello procedesse alla stima delle indennità loro dovute, a ciò non frapponendosi alcuna preclusione argomentabile in relazione al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, nè sotto il profilo della pretesa decorrenza di un termine perentorio, dato che se non vi è notifica della stima, l’espropriando, onde veder riconosciuto il proprio diritto, gode del maggior termine di prescrizione ordinaria, nè tantomeno sotto il profilo della pretesa “decorrenza” del termine dilatorio, la decorrenza di esso rendendo possibile l’iniziativa della parte e non il contrario.

5. Il secondo motivo di ricorso – mercè il quale il ricorrente lamenta in capo all’impugnata decisione un vizio motivazionale poichè essa, nel recepire le risultanze della CTU, non avrebbe tenuto conto delle osservazioni critiche di cui era stata fatta oggetto – si espone ad un preliminare rilievo di inammissibilità, posto che, in disparte dalla considerazione che, essendo state le dette osservazioni già vagliate dal CTU, la circostanza che il decidente ne abbia fatte proprie le conclusioni priva l’obiezione di consistenza, il motivo non evidenzia, alla luce del complessivo ragionamento decisorio sviluppato dalla Corte di merito, in ogni caso un’anomalia motivazionale perseguibile in guisa di errore di diritto, sicchè esso è per conseguenza estraneo al perimetro di attuale ricorribilità per cassazione del vizio denunciato, atteso che l’omesso esame del “fatto”, in cui esso ora consiste, non è ravvisabile in relazione all’omesso esame di elementi istruttori se il fatto, come appunto qui, abbia formato oggetto di disamina.

6. Il ricorso va dunque respinto.

7. Spese alla soccombenza anche con riguardo alla sospensiva. Doppio contributo se dovuto.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge e delle spese del procedimento di sospensione che liquida in Euro 400,00, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2020

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