Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 921 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/01/2020, (ud. 10/07/2019, dep. 17/01/2020), n.921

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10674/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

presso i cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n.

12;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI DICOMANO, rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Farci del

foro di Firenze, elettivamente domiciliato in Roma, Corso Vittorio

Emanuele II, n. 18, presso lo studio Grez;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Toscana n. 29/5/15 pronunciata il 30.9.2014 e depositata il

9.1.2015;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10.7.2019 dal Consigliere Dott. SAIEVA Giuseppe.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il Comune di Dicomano impugnava il silenzio rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate avverso l’istanza di rimborso dell’imposta in data 29.9.2010, relativa alle somme provvisoriamente versate a P.A. a titolo di risarcimento danni nell’ambito di una procedura espropriativa in forza di una sentenza non definitiva della Corte d’Appello a seguito della quale aveva versato in eccesso le somme trattenute in qualità di sostituto d’imposta.

2. L’Agenzia delle Entrate di Firenze si costituiva in giudizio sostenendo la tardività dell’istanza di rimborso presentata oltre il termine di decadenza di quarantotto mesi di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, dalla conclusione del giudizio tra il Comune di Dicomano e il P.; giudizio in cui la Corte d’Appello che aveva provveduto a ridurre la somma dovuta dal Comune al P. in un importo inferiore a quello stabilito con la precedente sentenza.

3. La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, con sentenza n. 97 dell’8.5.2012, rigettava il ricorso, ritenendo tardiva l’istanza presentata oltre il termine di 48 mesi stabilito dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38.

4. Il Comune appellava tale decisione sostenendo che anche sulla base della giurisprudenza della Corte di Cassazione il termine decadenziale di 48 mesi avrebbe operato nel caso di errore materiale di pagamento ovvero di duplicazioni di versamenti, mentre nel caso di una eccedenza di versamenti in acconti rispetto a quanto dovuto a saldo oppure di pagamenti aventi carattere di provvisorietà tale termine ristretto non trovava applicazione.

5. L’Ufficio ribadiva la tardività dell’istanza, ma la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con sentenza n. 29/5/15 pronunciata il 30.9.2014 e depositata il 9.1.2015 accoglieva l’appello del Comune ritenendo nella specie inapplicabile il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38.

6. Avverso tale decisione l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui resiste con controricorso il comune interessato.

7. Il ricorso è stato fissato nella camera di consiglio del 10.7.2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con un unico motivo deduce l’Agenzia ricorrente violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ed in particolare del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 37 (rectius: 38) nonchè dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assumendo che l’entità della somma dovuta dal Comune al P. e di conseguenza l’entità della somma da versare in qualità di sostituto di imposta all’erario è stata definitivamente stabilita dalla Corte d’Appello di Firenze con la sentenza 440/2003. Da tale data si era infatti avuta la certezza dell’entità della maggiore somma versata e da tale data decorreva il termine per richiederne il rimborso all’Amministrazione finanziaria.

2. Il motivo è fondato e va accolto.

3. Va affermato, infatti, che nella specie deve trovare applicazione l’ordinario strumento dell’azione di rimborso di somme indebitamente versate, di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38.

3.1. In tal senso, questa Corte ha più volte affermato che, in tema di rimborso delle imposte, il termine di decadenza di 48 mesi previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, costituendo un istituto posto a presidio del principio della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche (cfr. SU. sent. n. 13676/14) “ha portata generale, riferendosi a qualsiasi ipotesi di indebito correlato all’adempimento dell’obbligazione tributaria, qualunque sia la ragione per cui il versamento è in tutto o in parte non dovuto, e quindi ad errori tanto connessi ai versamenti, quanto riferibili all’an o al quantum del tributo” (Sez. 5, n. 11987 del 22.5.2006, Rv. 590421 – 01; Sez. 5, n. 24058 del 16.11.2011, Rv. 620182 – 01; Sez. 5, n. 16617 del 7.8.2015, Rv. 636607 – 01; cfr. anche Sez. 5, n. 25564 del 19.4.2017).

3.2. Quanto alla decorrenza dell’anzidetto termine di 48 mesi, questa Corte ha più volte affermato che (Sez. 5, n. 23716 del 21.12.2004, Rv. 578674 – 01) “in tema di rimborso delle imposte sui redditi, la decorrenza del termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso – termine previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 – non può essere fatta coincidere con la data del pagamento allorchè l’erroneità di questo derivi da un evento successivo, soltanto dal quale discenda in modo incontrovertibile tale qualificazione di erroneità e, quindi, il carattere indebito della somma percepita dall’amministrazione”. E nella specie è pacifico tra le parti che la qualificazione di erroneità dell’ammontare del tributo risale al 2003, a nulla rilevando ai fini della presente decisione le vicende processuali cui l’amministrazione finanziaria è sempre rimasta estranea.

3.3. Assolutamente corretto appare pertanto il rifiuto dell’amministrazione finanziaria di restituire al Comune di Dicomano la differenza tra la somma versata e quella minore che a seguito della sentenza definitiva della Corte di Appello n. 440 del 2003 risultava dovuta all’erario dal comune anzidetto.

4. Il ricorso va pertanto accolto. La sentenza impugnata va per l’effetto cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

5. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo; vanno viceversa compensate tra le parti quelle di entrambi i gradi del giudizio di merito in ragione dell’esito complessivo del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo la causa nel merito rigetta il ricorso introduttivo del Comune di Dicomano che condanna al rimborso delle spese del presente giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in complessivi 3.000,00 Euro, oltre spese prenotate a debito. Compensa tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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