Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 921 del 17/01/2017

Cassazione civile, sez. III, 17/01/2017, (ud. 12/10/2016, dep.17/01/2017),  n. 921

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12444/2013 proposto da:

O.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 73, presso lo studio dell’avvocato AMILCARE BUCETI, che lo

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALESSANDRIA 119,

presso lo studio dell’avvocato FRANCO CICCHIELLO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato SERGIO VIANA giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

MAGI DI G.O. & C SNC;

– intimata –

avverso la sentenza n. 67/2013 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 28/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato AMILCARE BUCETI;

udito l’Avvocato FRANCO CICCHIELLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 2000, P.L. convenne in giudizio O.L. e la società Ma.Gi. di G.O. & C. S.n.c..

Espose che, nell’ambito di rapporti di amicizia con il convenuto, socio amministratore, unitamente al padre G., della Ma.Gi. S.n.c., da marzo-aprile del 1998, insieme ad alcuni colleghi, aveva iniziato a partecipare a due sistemi settimanali del concorso Superenalotto, elaborati e predisposti dall’ O. medesimo; che, poichè il P. si trovava spesso fuori città per lavoro, nel mese di luglio del medesimo anno, O.L. si era assunto l’obbligo di provvedere al pagamento delle cedole e di tenerle in custodia fiduciaria, a disposizione per il ritiro, con l’intesa che il regolamento dei conti per le quote sarebbe avvenuto ogni 7-10 giorni, in occasione del saldo dei conti del bar. Per diverso tempo il rapporto era andato avanti senza inconvenienti, con il regolare pagamento all’esponente, da parte dell’ O., della sua quota tutte le volte che il sistema procurava una vincita. In occasione del concorso del 24 novembre 1999, nel quale il costo del sistema giocato era stato diviso in 55 quote, avevano vinto la somma di Lire 5.550.000.000 e che l’ O., pur avendo riconosciuto l’esistenza dell’accordo con l’attore davanti ad altre persone (i colleghi del P.), si era rifiutato di consegnargli la cedola, affermando che avrebbe provveduto direttamente il pagamento una volta incassato il premio e chiedendo una percentuale sulla vincita. Ma anche in seguito, l’ O. aveva rifiutato di corrispondergli la somma vinta. Chiese quindi la condanna in solido dei convenuti al pagamento dell’importo corrispondente alla somma vinta, con rivalutazione monetaria e interessi.

Si costituirono i convenuti, eccependo in via preliminare il difetto di legittimazione passiva di O.L., la decadenza da ogni eventuale diritto alla riscossione del premio per decorrenza dei termini inderogabili contenuti nel regolamento del concorso, l’incompetenza per territorio del Tribunale di Cagliari, essendo competente in via esclusiva, per ogni controversia relativa alla partecipazione al concorso, il Foro di Roma. Nel merito, contestarono la fondatezza della domanda.

Il Tribunale di Cagliari, con la sentenza n. 3788/2008, rigettò le eccezioni preliminari, nonchè le domande proposte contro la società, per difetto di legittimazione passiva. Accolse invece la domanda proposta nei confronti del signor O.L., ritenendo che, attraverso la prova testimoniale, il P. aveva dimostrato i fatti costitutivi della propria pretesa.

2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Cagliari, con sentenza n. 67/2013 del 28 gennaio 2011.

La Corte, rigettate le eccezioni preliminari di incompetenza territoriale e di decadenza, ha respinto l’appello anche nel merito, osservando che il giudice di prime cure aveva tratto la prova dell’esistenza di un accordo del tenore indicato dall’attore non dalla trascrizione della registrazione del colloquio tra le parti, ma dalle deposizioni dei testi P.P., B. e Pi.; che anche gli altri testi escussi avevano o confermato la ricostruzione o non avevano fornito elementi di segno contrario; che non assumeva rilevanza la circostanza che, nella trascrizione della registrazione de colloquio tra le parti, si facesse riferimento ad una vincita inferiore a quella richiesta in giudizio, data la genericità dell’indicazione e perchè comunque il convenuto, costituendosi, aveva negato che vi fossero state altre vincite; che il contratto tra le parti è qualificabile come contratto evidentemente atipico, la cui clausola è rappresentata nell’obbligo dell’ O. di impegnarsi all’acquisto delle quote del sistema e di custodirle per conto del P., anticipandone il costo. Ha quindi condannato O.L. al pagamento di un ulteriore importo ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, tenuto conto della manifesta infondatezza delle eccezioni preliminari e delle questioni relative all’attendibilità dei testi, all’asserito utilizzo della registrazione del colloquio (che invece non era stata mai nemmeno trascritta), nonchè del carattere manifestamente pretestuoso e dilatorio dell’impugnazione.

3. Avverso tale pronunzia, propone ricorso per cassazione O.L. sulla base di cinque motivi.

3.1. Resiste con controricorso P.L..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo ed il secondo motivo, si denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 1325 c.c., in combinato disposto con l’art. 1418 c.c., comma 2”, nonchè “violazione e falsa applicazione artt. 1322 e 1323 c.c.”, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

I Giudici del merito avrebbero qualificato d’ufficio il rapporto descritto dall’attore come contratto atipico, senza indicare la controprestazione facente capo al P. e senza porsi il problema dell’esistenza della meritevolezza degli interessi tutelati con il medesimo contratto.

Un simile contratto sarebbe in realtà privo di causa, perchè l’interesse raggiunto dal signor P. (acquisto a credito di quote di un sistema del Superenalotto) non sarebbe socialmente utile – se non addirittura illecito, ottenendo come risultato di alimentare la dipendenza dal gioco d’azzardo – e quindi non meritevole di tutela.

I due motivi sono infondati.

Com’è noto, secondo l’orientamento giurisprudenziale più recente, la causa, quale elemento essenziale del contratto ex art. 1325 c.c., identifica lo scopo pratico del negozio, la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare (c.d. causa concreta), quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato.

L’indagine circa la causa quale obiettiva funzione economico – sociale del contratto, quindi va svolta non “in astratto” ma “in concreto”, al fine di verificare – secondo il disposto degli artt. 1343 e 1344 c.c. – la conformità alla legge dell’attività negoziale posta in essere dalle parti e quindi la riconoscibilità della tutela apprestata dall’ordinamento giuridico (cfr., ex multis, Cass. n. 1898/2000; Cass. n. 3646/2009).

Una siffatta indagine non può prescindere dall’apprezzamento degli interessi che il contratto è destinato a realizzare, quali emergono dalle circostanze obiettive (pregresse, coeve e successive alla sua conclusione) secondo la valutazione, riservata al giudice del merito, del materiale probatorio acquisito. Solo laddove da tale indagine risulti che le parti abbiano utilizzato un determinato modello negoziale per realizzare una funzione obiettiva che sia non soltanto diversa da quella per la quale tale modello negoziale è previsto dalla legge, ma anche in contrasto con norme imperative, con l’ordine pubblico o con il buon costume (ciò che caratterizza l’illiceità della causa), il giudice deve negare al negozio posto in essere dalle parti la tutela apprestata dall’ordinamento (cfr. Cass. n. 15449/2012).

Occorre poi ricordare che le contrapposte obbligazioni a carico di ciascuna delle parti non soltanto escludono la gratuità del negozio, ma rendono palese la sussistenza della causa di cui agli artt. 1325 e 1343 c.c. (Cass. n. 3646/2009).

La Corte di Appello, nel caso in esame, ha mostrato di aver fatto corretta applicazione di tali principi, individuando la causa concreta del negozio nell’impegno dell’ O. ad acquistare le quote del sistema e a custodirle per conto del P., anticipandone il costo. Costo che, come era emerso dalle deposizioni testimoniali, il signor P. si era impegnato a pagare con cadenza settimanale. Il che, evidentemente, escludeva la gratuità del negozio.

Il risultato a cui le parti tendevano (l’acquisto settimanale, da parte del P., delle quote di due sistemi del Superenalotto) risulta corrispondere all’interesse di entrambe le parti ed è del tutto lecito.

Nè potrebbe dirsi che un simile contratto violi l’ordine pubblico, come sembra sostenere il ricorrente menzionando l’art. 718 c.p., preposto proprio alla tutela di tale bene giuridico.

Infatti, la funzione concretamente realizzata è quella di consentire ad un soggetto l’esercizio, peraltro attraverso soggetto a ciò espressamente autorizzato, di un gioco di azzardo, quale il Superenalotto, regolato e posto sotto il controllo dello Stato, e quindi non rientrante nell’ambito dell’art. 718 c.p.c..

4.2. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

I giudici non hanno considerato che, in base al contratto atipico ipotizzato, l’ O. conservava la proprietà della cedola relativa alla quota giocata sino al pagamento da parte del P., e che dell’avvenuto pagamento non è mai stata fornita alcuna prova.

Anche il terzo motivo è infondato.

Al di là della rubrica utilizzata, la censura deve essere ricondotta al vizio di omessa pronuncia (infatti il ricorrente afferma che “non si tratta qui di entrare nel merito dell’apprezzamento di merito… ma di un’obiettiva violazione in diritto riconnessa la mancata disamina di un motivo di appello”).

Al riguardo, è pacifico, secondo la giurisprudenza questa Corte, che il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello si configura quando questi abbia completamente omesso l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado, mentre non ricorre nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda. (cfr. ex multis Cass. n. 452/2015).

Ebbene, la sentenza impugnata fonda il rigetto dell’appello proposto dall’ O. sull’accertata esistenza tra le parti di un contratto atipico da cui derivavano gli obblighi del medesimo O. di anticipare il pagamento da parte del P. delle quote di due sistemi settimanali del Superenalotto e di custodire, per conto di quest’ultimo, le relative cedole.

Tale costruzione appare giuridicamente incompatibile con la tesi dell’appellante secondo cui le cedole delle giocate sarebbero divenute di proprietà del P. solo all’atto dell’effettivo pagamento, che invece presuppone che il ricorrente si fosse obbligato a comprare per sè le quote e successivamente a rivenderle al P..

Appare, pertanto, evidente che la Corte di Appello abbia rigettato implicitamente il motivo di appello proposto dall’odierno ricorrente.

4.3. Con il quarto motivo, si denuncia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

I giudici del merito avrebbero utilizzato la trascrizione del colloquio tra le parti depositata dal P. quale prova principale, nonostante tale trascrizione fosse stata dichiarata inutilizzabile perchè contestata dai convenuti.

In realtà, utilizzando solo le deposizioni testimoniali, si sarebbe potuto dimostrare al massimo l’asserito impegno ad acquistare e custodire, due volte a settimana, cedole nell’interesse del P., ma non si sarebbe potuta dimostrare la fondatezza della pretesa relativa alla vincita del 24.11.1989 (atteso anche che il concorso del superenalotto prevedeva tre estrazioni settimanali e l’impegno asseritamente in capo all’ O. era relativo a sole due giocate, poteva darsi che il signor P. non avesse partecipato a quella estrazione).

Il motivo è inammissibile per difetto autosufficienza.

In tema di ricorso per cassazione, il ricorrente che denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la Suprema Corte deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (Cass. n. 5984/2016).

Nel caso, l’ O. non ha provveduto alla trascrizione nel ricorso delle prove testimoniali decisive, in tesi, per dimostrare che la decisione dei Giudici del merito si sarebbe basata non su tali testimonianze, bensì sulle risultanze di un documento dichiarato inutilizzabile (la trascrizione della registrazione del colloquio tra le parti). Ma in ogni caso è la Corte d’Appello che dice che non è stato fatto un uso processuale di tali trascrizioni.

4.4. Con il quinto motivo, O.L. lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2721 c.c.” in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

L’esistenza di un rapporto negoziale tra le parti, di entità economica apprezzabile, è stata riconosciuta attraverso l’escussione di testi in violazione dell’art. 2721 c.c..

Nonostante l’opposizione dell’ O. alla prova per testi, nè il Tribunale nè la Corte di Appello avrebbero espresso alcuna considerazione al riguardo.

Il motivo è infondato.

Si ricorda che l’ammissione della prova testimoniale oltre i limiti del valore di cui all’art. 2721 c.c., comma 1, costituisce espressione di un potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio non è sindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 14457/2013; Cass. n. 13621/2004; Cass. n. 11889/2007).

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del controricorrente che liquida in complessivi Euro 10.200,00 di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2017

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