Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9209 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/04/2011, (ud. 16/02/2011, dep. 21/04/2011), n.9209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CONCA D’ORO 221

presso lo studio dell’avvocato GIULIANO FRANCESCO, rappresentato e

difeso dall’avvocato OROPALLO DOMENICO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA

(OMISSIS),

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 49/2005 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 04/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/02/2011 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito per il ricorrente l’Avvocato OROPALLO DOMENICO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In base alla L. 13 aprile 1977, n. 114, art. 17 N.R. presento’, per l’anno 1994, dichiarazione dei redditi congiuntamente al coniuge G.M.. Quanto a quest’ultimo, l’Ufficio ridetermino’ il reddito complessivo dichiarato elevandolo da zero a L. 2.926.625.000 ed in data 11 gennaio 2001 notifico’ avviso di accertamento alla N. quale primo dichiarante. Il 16 febbraio 2001 la contribuente propose istanza di annullamento in autotutela, sostenendo che era estranea alla attivita’ commerciale del marito, dal quale si era successivamente separata. Il 1 dicembre 2001 ricevette notificazione della cartella esattoriale, e la impugno’ davanti alla CTP di Roma, che accolse il ricorso. La CTR ha accolto in parte l’appello dell’Agenzia delle Entrate, confermando l’illegittimita’ della pretesa delle sanzioni irrogate con l’accertamento. La contribuente ricorre per la cassazione del capo sfavorevole di tale sentenza con quattro motivi. L’Amministrazione non si e’ difesa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 68. Si assume che l’appello proposto dall’Agenzia era inammissibile perche’ non sottoscritto dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, cui solo la legge attribuisce la legittimazione processuale, ma da un non meglio qualificato “Il funzionario”, che avrebbe firmato in modo illeggibile.

Il motivo e’ infondato.

Questa corte ha gia’ deciso che, in tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 10 e art. 11, comma 2, riconoscono la qualita’ di parte processuale e conferiscono la capacita’ di stare in giudizio all’ufficio del Ministero delle finanze (oggi ufficio locale dell’Agenzia delle entrate) nei cui confronti e’ proposto il ricorso, organicamente rappresentato dal direttore o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi con cio’ stesso delegata in via generale a sostituire il direttore nelle specifiche competenze, senza necessita’ di speciale procura; ne discende che, nel caso in cui non sia contestata la provenienza dell’atto d’appello dall’ufficio competente, questo deve ritenersi ammissibile, ancorche’ recante in calce la firma illeggibile di un funzionario che sottoscrive in luogo del direttore titolare, finche’ non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza di primo grado, dovendosi altrimenti presumere che l’atto provenga dall’ufficio e ne esprima la volonta’ (Cass. 874/2009).

Col secondo motivo si deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 sul rilievo che l’atto di appello mancava “della esposizione sommaria dei fatti, dell’oggetto della domanda e degli specifici motivi dell’impugnazione”.

La tesi sviluppata col motivo contrasta con la narrativa del ricorso per cassazione, nella quale (a pag. 2) le doglianze contenute nell’atto di appello sono efficacemente riassunte, dimostrando che erano ben comprensibili. Esse furono del resto bene intese dalla CTR, che ne offre anch’essa una efficace sintesi nella parte “in fatto” della sentenza impugnata.

Col terzo motivo si assume violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 40 e artt. 299 – 301 c.p.c. Si deduce che l’avvocato che aveva difeso la contribuente in primo grado e’ deceduto poco dopo aver ricevuto la notificazione dell’appello proposto dall’Agenzia. La parte non avrebbe saputo dell’impugnazione e non avrebbe potuto costituirsi e difendersi nel giudizio di gravame, che avrebbe dovuto interrompersi.

Anche questo motivo e’ infondato. La ricorrente riferisce che il decesso del proprio difensore avvenne (il (OMISSIS)) ben oltre sessanta giorni dopo la notificazione dell’atto di appello (avvenuta il 19 settembre 2003), quando il termine per costituirsi davanti alla CTR era gia’ inutilmente decorso. In ogni caso, ogni pregiudizio del diritto di difesa avrebbe potuto evitarsi con la costituzione tardiva e la richiesta di remissione in termini, ex art. 184 bis c.p.c., mentre non poteva dichiarasi la interruzione per un evento che aveva colpito la parte contumace.

Col quarto motivo si deduce violazione della L. n. 114 del 1977, art. 17. Si assume che la norma fonda la solidarieta’ fra i coniugi per le imposte liquidate sulla base della dichiarazione congiunta, ma non anche per quelle che conseguano ad atti di accertamento in rettifica condotti esclusivamente nei confronti di uno solo di essi; e che fonda la solidarieta’ del secondo dichiarante per i debiti tributari accertati in capo al primo ma non anche del primo dichiarante per i debiti del secondo.

Il motivo e’ infondato. L’art. 17, comma 1 pone chiaramente sullo stesso piano i coniugi che abbiano presentato dichiarazione congiunta, dichiarandoli entrambi responsabili in solido per il pagamento delle imposte. E questa corte ha ripetutamente affermato (anche sulla scorta di conformi pronunce della Corte Costituzionale:

4.98, 36.98 e 128.2000) che il principio della responsabilita’ solidale dei coniugi in caso di dichiarazione congiunta vale anche per gli accertamenti dipendenti da comportamenti non riconducibili alla sfera volitiva e cognitiva di entrambi (Cass. 5202/2003, 19896/2006).

Va dunque respinto il ricorso, senza decisione in punto spese giacche’ l’Amministrazione finanziaria non si e’ difesa.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

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