Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9207 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/04/2011, (ud. 11/02/2011, dep. 21/04/2011), n.9207

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

O.B.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 56/2005 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 30/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/02/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

Fatto

1. Con sentenza n. 56/05, depositata il 30.9.05, la Commissione Tributaria Regionale della Liguria rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Genova (OMISSIS) avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, con la quale era stato accolto il ricorso proposto da O.B.A. avverso l’avviso di accertamento, in forza del quale l’Ufficio aveva recuperato a tassazione, quali redditi di capitale non dichiarati per l’anno 1997, gli importi accreditati come rendimento del capitale versato all’intermediario finanziario M.C.. Quest’ultimo, peraltro, a seguito del dissesto che ne aveva comportata la declaratoria di fallimento, era stato sottoposto ad indagini penali, conclusesi con la richiesta di rinvio a giudizio da parte del P.M. 2. La Commissione Tributaria Regionale, condividendo le argomentazioni del giudice di’ prime cure, riteneva di applicare alla fattispecie il disposto DEL D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 1 (nel testo temporalmente applicabile alla fattispecie), ritenendo, peraltro, nella specie non provata la percezione degli interessi sul capitale suindicato, per effetto della loro mera contabilizzazione in accredito nelle schede nominative e nei tabulati meccanografici consegnati dal M. agli inquirenti.

3. Per la cassazione della sentenza della C.T.R. n. 55/05 hanno proposto ricorso il Ministero dell’Economia e Finanze e l’Agenzia delle Entrate, articolando un unico motivo. L’intimato non ha svolto attivita’ difensiva.

Diritto

1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., degli artt. 1427, 1439, 1823 e 1825 c.c. dell’art. 640 c.p., del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 41 e 42, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 27, 28 e 64 nonche’ l’omessa o insufficiente motivazione su fatti decisi vi della controversia.

1.1. L’Ufficio si duole, invero, del fatto che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto di’ applicare alla fattispecie il disposto del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 1 (nel testo temporalmente applicabile), a norma del quale “il reddito di capitale e’ costituito dall’ammontare degli interessi, utili o altri proventi percepiti nel periodo di imposta”, pervenendo, peraltro, alla conclusione – non condivisa dall’amministrazione finanziaria – di ritenere non provata, nel caso concreto, la percezione degli interessi sul capitale suindicato, per effetto della loro mera contabilizzazione in accredito nelle schede nominative e nei tabulati meccanografici consegnati dal M. agli inquirenti. Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, si sarebbero dovuti, invece, applicare nel caso concreto l’art. 41, comma 1, lett. a), a tenore del quale sono redditi di capitale “gli interessi ed altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti”, e del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 3, secondo il quale “per i contratti di conto corrente (…) si considerano percepiti anche gli interessi compensati a norma di legge o di contratto”. Sicche’ – ricorrendo nella specie, ad avviso dell’Ufficio, un’ipotesi di contratto di conto corrente, disciplinato dall’art. 1823 c.c., e segg. – i rendimenti o interessi, annotati dal M. nella scheda nominativa del contribuente, si sarebbero dovuti considerare da questi percepiti e, pertanto, legittimamente assoggettati a tassazione.

2. Premesso quanto precede, osserva tuttavia la Corte, in via pregiudiziale, che il ricorso proposto dall’amministrazione finanziaria e’ inammissibile, poiche’ tardivo.

2.1. Dall’esame della sentenza impugnata si desume, invero, che tale decisione e’ stata depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Liguria in data 30.9.05, e che la stessa – come, del resto, hanno dichiarato gli stessi ricorrenti – non e’ stata notificata. Ne deriva che deve applicarsi nel caso di specie, ai fini della verifica della tempestivita’ dell’impugnazione, il termine di un anno previsto dall’art. 327 c.p.c. (nel testo previgente, temporalmente applicabile alla fattispecie).

Al suddetto termine, che va calcolato “ex nominatione dierum”, prescindendo, cioe’, dal numero dei giorni dai quali e’ composto ogni singolo mese o anno, devono, tuttavia, aggiungersi 46 giorni, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., comma 1 e della L. n. 742 del 1969, art. 1, comma 1 non dovendosi tenere conto dei giorni tra il primo agosto ed il quindici settembre di ogni anno, per effetto della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale (cfr., tra le tante, Cass. 8850/03, 15530/04, 6748/05, S.U. 21197/09).

Va, inoltre, rilevato che, a seguito della sentenza n. 427/02 della Corte Costituzionale – secondo cui la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, per il notificante, al momento della consegna del medesimo all’ufficiale giudiziario – la tempestivita’ del ricorso per cassazione postula che la consegna della copia del ricorso, per la spedizione a mezzo posta, venga effettuata nel suindicato termine perentorio, e che l’eventuale tardivita’ della notifica possa essere imputata esclusivamente ad errori o all’inerzia dell’ufficiale giudiziario o dei suoi ausiliari, e non a responsabilita’ del notificante (Cass. S.U. 7607/10, Cass. 10693/07, 6547/08).

2.2. Tutto cio’ premesso, rileva la Corte che – nel caso di specie – l’impugnata sentenza e’ stata depositata in data 30.9.05, laddove il ricorso risulta consegnato all’ufficiale giudiziario, per la spedizione a mezzo posta, in data 16.11.06, ossia un giorno oltre la scadenza del termine perentorio suindicato, che nella specie si e’ verificata il 15.11.06 (giorno feriale).

Il ricorso in esame deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, per violazione del termine perentorio previsto dall’art. 327 c.p.c. 3. Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 11 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

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