Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9206 del 16/04/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9206 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 414-2012 proposto da:
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE —
INPS, (cf. 80078750587), in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Della
Frezza n. 17, presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, rappresentato e
difeso dagli Avv. Antonietta Coretti, Vincenzo Triolo, Emanuele De
Rose e Vincenzo Sturnpo per procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
PANARO MARIA;
– intimata avverso la sentenza n. 6465/2010 della Corte d’appello di Bari,
depositata in data 22.12.10;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
31.01.2013 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;
udito l’Avv. De Rose;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Costantino Fucci.
Ritenuto in fatto e diritto
1.- Panaro Maria, operaia agricola a tempo determinato, si
rivolse al giudice del lavoro di Bari per ottenere il ricalcolo
dell’indennità di disoccupazione agricola percepita per l’anno 2000, ai

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Data pubblicazione: 16/04/2013

2.- Rigettata la domanda e proposto appello dall’assicurata, la
Corte d’appello di Bari con sentenza del 22.12.10, dopo aver escluso la
decadenza ex art. 47, c. 3, del d.P.R. 30.04.70 n. 639, accoglieva
l’impugnazione e condannava l’INPS a riliquidare l’indennità di
disoccupazione per l’anno di riferimento, ponendo a base del calcolo il
salario fissati pro tempore dalla contrattazione collettiva provinciale,
compresa la c.d. quota di trattamento di fine rapporto, oltre accessori.
3.- Proponeva ricorso per cassazione l’INPS, mentre l’assicurata
non svolgeva attività difensiva. Il consigliere relatore ai sensi degli ara.
375 e 380 bis c.p.c. ha depositato relazione, che è stata comunicata al
Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti assieme
all’avviso di convocazione dell’adunanza.
4.- Con il ricorso l’INPS tre motivi: 1) violazione dell’art. 47, c.
3, del d.P.R. 30.04.70 n. 639 e successive modificazioni, contestando
l’assunto della Corte d’appello che la decadenza ivi prevista non si
applica nel caso di richiesta di riliquidazione di prestazioni
previdenziali; 2) violazione dell’art. 18 del d.l. n. 98 del 2011 (conv.
dalla legge n. 111 del 2001) che dà interpretazione autentica dell’art. 4
del d.lgs. n. 146 del 1997 e dell’art. 1, c. 5, del d.l. 2 del 2006 (conv.
dalla legge n. 81 del 2006); 3) violazione degli arti 44, 49 e 53 del cali
operai agricoli e florovivaisti del 10.7.98, in relazione all’art. 6, c. 4, lett.
a) del d.lgs. 2.9.97 n. 314 ed agli arti 1362 segg. e 2120 c.c., nonché 4,
c. 10 e 11, della 1. 29.5.82 n. 297, contestando la tesi della Corte
d’appello che l’emolumento denominato trattamento di fine rapporto
(t.f.r.) corrisposto agli operai agricoli a tempo determinato costituisca
una componente della retribuzione, come tale idonea a determinare la
indennità di disoccupazione, e non salario differito, escluso ai sensi del
detto art. 6, c. 4, lett a) sia dalla base imponibile dei contributi
previdenziali, sia dalla retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni
temporanee in agricoltura. Non svolge attività difensiva Panaro.

sensi dell’art. 4 del d.lgs. 16.4.97 n. 146, con riferimento alla
retribuzione fissata dalla contrattazione integrativa collettiva della
provincia, anziché in base al salario medio convenzionale rilevato
nell’anno 1995 e non più incrementato.

5.- Quanto al primo motivo ed ai limiti di applicabilità dell’art.
47 del d.P.R. n. 639 del 1970 e successive modificazioni, deve qui
richiamarsi la sentenza a Sezioni unite 29.05.09 n. 12720, per la quale la
decadenza ivi prevista non si applica nel caso di riliquidazione di
prestazioni previdenziali. Tale principio è stato recentemente ribadito
dalla sentenza 8.05.09 n. 6959 la quale, alla luce del d.l. 6.07.11 n. 98,
art. 38, c. 1, lett. d) (conv. dalla 1. 15.0711 n. 111), ha ritenuto che il
legislatore -modificando con limitata efficacia retroattiva la regola
22. INPS c. Panaro Maria (414/12 r.g.)

-2-

vi

preesistente, come consolidata per effetto della detta pronuncia delle
Sezioni unite – conferma indirettamente la corrispondenza di
quest’ultima all’originario contenuto dell’art. 47, nel testo vigente fino
alla novella del 2011, ed ha pertanto ritenuto inapplicabile le
disposizioni del citato art. 47 (prima delle integrazioni dell’art. 38 del
d.l. n. 98 del 2011) all’ipotesi di richiesta di riliquidazione di prestazioni
previdenziali riconosciute solo parzialmente, e come tali liquidate
dall’ente previdenziale.

6.- Quanto al secondo ed al terzo motivo, deve rilevarsi che
confermando quanto già ritenuto con la sentenza 9.5.07 n. 10546,
secondo cui “ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in
agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione
collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio
convenzionale ex art. 4 d.lgs. 16.4.97 n. 146 – non è comprensiva del
trattamento di fine rapporto”, questa Corte ha ulteriormente affermato
che “sulla base del suddetto principio, la voce denominata quota di
t.f.r. dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va
esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in
considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è
vietato disattendere in forza della disposizione di cui al d.l. 14.6.96 n.
318, art. 3, conv. dalla 1. 29.7.96, n. 402, a norma del quale, agli effetti
previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non
può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli
accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa
rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna
illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia
collettiva” (v. Cass. 5.1.11 n. 202 e numerose altre conformi).
7.- Tale orientamento è stato confermato dal legislatore che con
il d.l. 6.07.11 n. 98, conv. dalla 1. 15.07.11 n. 111, all’art. 18 ha previsto
che “l’articolo 4 del dIgs.16 aprile 1997 n. 146, e l’articolo 1, comma
5, del d.l. 10 gennaio 2006 n. 2, convertito, con modificazioni, dalla
legge 11 marzo 2006 n. 81, si interpretano nel senso che la
retribuzione, utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore
degli operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva della
voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla
contrattazione collettiva” (c. 18).
8.- Il secondo ed il terzo motivo, dunque, sono fondati ed il
ricorso in questi limiti deve essere accolto, con conseguente cassazione
della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti
di fatto, ai sensi dell’art. 384, c. 1, c.p.c. può provvedersi nel merito e
rigettarsi la domanda.

22. INPS c. Panaro Maria (414/12 r.g.)

3

,ét,

9.- In ragione dell’intervento della legge di interpretazione
autentica, che ha sopito ogni divergenza, sussistono giusti motivi per
procedere alla compensazione delle spese dell’intero giudizio.

La Corte rigetta il primo motivo ed accoglie il secondo ed il
terzo; cassa l’impugnata sentenza e, provvedendo nel merito, rigetta la
domanda quanto alla richiesta di computo della quota di trattamento di
fine rapporto nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione;
compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma il 14 febbraio 2013
Il Presidente

Per questi motivi

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