Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9205 del 02/04/2021

Cassazione civile sez. III, 02/04/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 02/04/2021), n.9205

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10218/2018 proposto da:

T.E., T.G., Z.C., elettivamente

domiciliati in ROMA, C.SO TRIESTE 10, presso lo studio dell’avvocato

VISSIA DE BIASE, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO

DELAINI;

– ricorrenti –

contro

CATTOLICA DI ASSICURAZIONE SCARL, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato PIERFILIPPO

COLETTI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 462/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata 28/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/12/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 27/3/2018, avverso la sentenza n. 462/2017 della Corte d’Appello di Venezia, pubblicata in data 28/2/2017 e non notificata, T.G., T.E. e Z.C. propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. Con controricorso notificato il 15/5/2018, resiste la Società Cattolica di Assicurazione Coop. a r.l..

2. I ricorrenti convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Verona, la società Cattolica Ass.ni per sentirla condannare al pagamento in loro favore dell’indennizzo di Euro 175.308,00 in forza di polizza infortuni cumulativa contratta dalla Banca Popolare di Verona, datrice di lavoro del loro congiunto T.R., deceduto a (OMISSIS) la notte del (OMISSIS) per annegamento nel (OMISSIS), in un punto pieno di scogli, deducendo che l’annegamento fosse compreso tra i rischi assicurati dalla polizza, nonchè che le indagini svolte dalla Procura a seguito del decesso non avessero consentito di ascrivere la causa della morte a suicidio. Nel costituirsi, la compagnia convenuta resisteva alla domanda, in quanto plurimi elementi convergevano per il suicidio dell’assicurato, evento non coperto dalla polizza stipulata con riferimento alle cause imputabili a dolo o colpa grave dell’assicurato.

3. Con sentenza n. 1017/2007, il Tribunale adito rigettava la domanda, ritenendo la causa attribuibile al suicidio, sulla base di alcune circostanze indiziarie che deponevano in favore di questa tesi (quale il fatto di avere lasciato un biglietto di addio alla ragazza appena lasciata e di versare in un periodo non felice della sua vita).

4. La Corte d’Appello di Venezia, investita dai ricorrenti, motivando diversamente in punto di prova del suicidio, ritenuto non sufficientemente provato, rigettava l’appello sull’assunto che, per quanto fosse rimasta incerta la causa dell’annegamento, la garanzia per gli infortuni operasse allorchè l’evento occorso fosse riferito a causa “fortuita, violenta ed esterna”; che, pertanto, il concetto di “infortunio” e di “fortuito” non comprendesse il comportamento doloso o colposo dell’assicurato; nondimeno, gli attori avrebbero dovuto dimostrare che la morte fosse riconducibile a un evento accidentale in danno dell’assicurato, mentre la causa dell’annegamento era rimasta ignota.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), rappresentato, nel caso di specie, dall’annegamento, fatto che avrebbe dovuto essere considerato costitutivo del diritto ad ottenere l’indennizzo ai sensi di polizza” sull’assunto che l’unico fatto incontrovertibile emerso dall’istruttoria sarebbe la morte per annegamento dell’assicurato, evento espressamente contemplato nella polizza.

1.1. Il motivo è infondato. La censura va delibata con riferimento al testo della norma introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, applicabile ratione temporis per l’appello instaurato nel 2007. Per integrare il paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il fatto storico deve essere “controverso” e “decisivo” per il giudizio (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17037 del 20/8/2015). Viceversa, ex actis risulta che non vi sia stata alcuna contrapposizione tra le parti in ordine all’annegamento quale causa della morte dell’assicurato, bensì alla causa accidentale o intenzionale di tale evento, al fine di valutare se lo stesso rientrasse o meno nel concetto di “infortunio” o “fortuito” coperto dalla polizza, fatto che tuttavia risulta essere stato ampiamente considerato dalla Corte di merito.

2. Con il secondo motivo si denuncia “Violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2697 c.c., in quanto il Giudice di merito non avrebbe ritenuto l’operatività della garanzia assicurativa in caso di annegamento, ancorchè contrattualmente prevista, fatto costitutivo della domanda – violazione del medesimo art. 2697 c.c., anche in riferimento all’art. 1900 c.c., per non aver ritenuto la Corte territoriale preciso onere della compagnia assicurativa dimostrare il fatto impeditivo, poichè la colpa grave dell’assicurato avrebbe dovuto essere provata dall’assicuratore, costituendo fatto impeditivo della pretesa (invoca, Cass. n. 2005/1981).

1.1. Il motivo è infondato. La Corte di merito ha correttamente ritenuto che nel caso concreto debba gravare sull’attore la prova della riconducibilità dell’evento occorso a una causa fortuita, violenta ed esterna che non può ex se coincidere con la causa naturale del decesso – annegamento – previsto tra gli eventi fatali indennizzabili, ma deve integrare il concetto di fortuito à termini della polizza assicurativa contro gli infortuni stipulata dal datore di lavoro del danneggiato (cfr. sentenza impugnata: da p. 6, penultimo cpv. a p. 7, 2 cpv.).

1.2. In generale, nel contratto di assicurazione, poichè il fatto costitutivo del diritto dell’assicurato all’indennizzo consiste in un evento o sinistro verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell’ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, è su di lui che incombe, ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’onere di dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui si reclama il ristoro (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 15630 del 14/06/2018; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 30656 del 21/12/2017). Viceversa, la colpa grave dell’assicurato o del beneficiario che a norma dell’art. 1900 c.c., esclude la garanzia assicurativa si configura come un fatto che impedisce al fatto costitutivo (evento o sinistro) di operare secondo le previsioni della fattispecie legale e quindi deve essere dimostrata dall’assicuratore (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2005 del 08/04/1981 (Rv. 412715-01); Sez. 3, Sentenza n. 14597 del 12/07/2005; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14585 del 22/06/2007). In tale solco si collocano anche le sentenze di cui a Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6548 del 14/03/2013; Sez. 3, Ordinanza n. 1558 del 23/01/2018 (Rv. 647582-01), allorchè richiamano tale principio di ordine generale.

1.3. Pur tuttavia, va sottolineato che la giurisprudenza ha da molto tempo precisato che gli oneri probatori si distribuiscono diversamente a seconda dell’oggetto del contratto di assicurazione che, in quanto tale, contiene l’esatta delimitazione dei rischi assicurati. Pertanto, mentre, nelle assicurazioni sulla vita, al fine di ottenere il pagamento dell’assicuratore, il beneficiario soddisfa il suo debito probatorio provando, oltre all’esistenza del contratto, la morte dell’assicurato, e l’impresa assicuratrice, ove voglia liberarsi dal pagamento, deve provare, a sua volta, il fatto impeditivo (quale il suicidio), nelle assicurazioni sugli infortuni, quale quella in esame, il beneficiario deve dimostrare non solo la morte dell’assicurato, ma altresì l’esistenza di tutti gli elementi che caratterizzano il fatto giuridico – infortunio inteso come fortuito – idoneo a far insorgere il diritto preteso (Sez. 1, Sentenza n. 707 del 22/04/1965; Sez. 1, Sentenza n. 707 del 22/04/1965).

1.4. Ne consegue che l’assicuratore non assume alcun onere probatorio qualora il rischio assicurato contenga precise delimitazioni contrattuali, restando a carico dell’attore l’onere di dimostrare il fatto costitutivo della domanda in tutta la sua estensione. Nè può farsi distinzione fra clausole generali e clausole speciali del contratto, dal momento che tutte ed inscindibilmente le clausole attengono alla delimitazione dell’oggetto della garanzia, il quale, se contestato, deve essere provato unicamente dall’attore che intenda giovarsi dei relativi effetti, trattandosi di fatto costitutivo della domanda ai sensi dell’art. 2697 c.c., comma 1 (fra le tante, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4234 del 16/03/2012; Cass. civ. Sez. 3, 23 febbraio 1998 n. 1946; Idem, 10 ottobre 2003 n. 16831; Idem, 20 marzo 2006 n. 6108,).

1.5. Va pertanto confermato il seguente principio di diritto: “In tema di assicurazione, qualora l’assicuratore, convenuto per l’adempimento del contratto, alleghi l’esclusione della garanzia, come delimitata alla luce dei criteri normativi di interpretazione del contratto, risolvendosi detta allegazione non nella proposizione di un’eccezione in senso proprio, ma nella mera contestazione della mancanza di prova del fatto costitutivo della domanda, egli non assume riguardo all’oggetto della copertura assicurativa alcun onere probatorio, che resta, perciò, immutato a carico dell’attore, costituendo essa una eccezione in senso lato ” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2371 del 09/07/1968; Sez. 3, Sentenza n. 16831 del 10/11/2003; Sez. 3, Sentenza n. 4234 del 16/03/2012; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 15630 del 14/06/2018).

2. Con il terzo motivo si denuncia “Violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 1372 c.c., in quanto il Giudice di merito avrebbe ritenuto di applicare la nozione di infortunio quale esclusivo requisito di operatività della polizza, la quale però prevedrebbe l’indennizzabilità in caso di annegamento, definendo espressamente tale evento sussumibile nel concetto contrattuale di infortunio indennizzabile, così come i decessi dovuti a colpa grave, negligenze, imprudenze ed imperizie anche gravi dell’assicurato”. I ricorrenti adducono la violazione dell’art. 1372 c.c., in base al quale il contratto ha forza di legge tra le parti, laddove la Corte d’Appello ha applicato la disciplina del contratto di assicurazione prevista dal codice civile e non quanto pattuito tra le parti. Nel caso di specie, deducono che la polizza prevedrebbe tra gli infortuni anche eventi quali l’annegamento, esplicitamente considerato quale fattispecie indennizzabile dalle condizioni generali del contratto, al pari degli eventi anche dovuti a colpa grave dell’assicurato.

2.1. Il motivo è inammissibile. Secondo l’orientamento costante di questa Corte, “L’interpretazione delle clausole in ordine alla portata ed all’estensione del rischio assicurato rientra tra i compiti del giudice di merito ed è incensurabile in cassazione, se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica e motivata, poichè il sindacato di legittimità può avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il medesimo giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto” (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 8810 del 12/5/2020; Sez. 3, Sentenza n. 12804 del 29/5/2006; Sez. 3, Sentenza n. 7597 del 31/3/2006; Sez. 3, Sentenza n. 24813 del 24/11/2005). Nel caso in esame, di contro, i ricorrenti si limitano a prospettare una diversa interpretazione delle clausole della polizza senza neppure indicare la violazione degli artt. 1362 c.c. e segg., al fine di dimostrare che la Corte del gravame, nello svolgimento del compito demandatogli di interpretazione del contratto, sia incorsa in vizi ermeneutici o, quantomeno motivazionali, laddove ha ritenuto che gli eventi assicurati fossero esclusivamente quelli aventi causa accidentale.

3. Conclusivamente, il ricorso va rigettato, dichiarati infondati i motivi primo e secondo, inammissibile il terzo; conseguentemente, le spese vanno poste a carico dei ricorrenti, come di seguito liquidate in base alle tariffe vigenti.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso, (dichiarati infondati i motivi primo e secondo, inammissibile il terzo); condanna i ricorrenti alle spese del giudizio, liquidate in Euro 3.800,00, oltre Euro 200,00 di spese, 15% di spese forfetarie e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2021

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