Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9203 del 10/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/04/2017, (ud. 09/03/2017, dep.10/04/2017),  n. 9203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23265-2015 proposto da:

B.I. E FIGLI S.R.L., – P.I. (OMISSIS), in persona del legali

rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE

LIEGI 42, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO GIOVANNI ALOISIO

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD S.P.A., – C.F. e P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FEDERICO CESI 21, presso lo studio dell’avvocato CARMELA PARISI che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 153/3/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CALABRIA, depositata il 23/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/03/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La B.I. e Figli srl propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di Equitalia Sud spa (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Calabria n. 22/05/2014, depositata in data 23/02/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un estratte di ruolo e della correlata cartella di pagamento, emessa per IRES ed altri tributi dovuti in relazione all’anno d’imposta 2007, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente (rilevata la tardività della costituzione del Concessionario per la riscossione e della conseguente inutilizzabilità della documentazione da detta parte prodotta).

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravarne di Equitalia Sud, hanno sostenuto che, nella specie, l’impugnazione dell’estratto di ruolo era inammissibile, in quanto non costituiva il primo atto con il quale la contribuente era venuta a conoscenza della pretesa tributaria, atteso che la cartella di pagamento risultava ritualmente notificata, stante l’irreperibilità – relativa – del destinatario presso la sede, “mediante deposito presso la Casa Comunale”, ex art. 140 c.p.c., con inoltro al contribuente della raccomandata informativa; in ordine alla produzione documentale, effettuata, al fine di provare la regolare notifica della cartella ai sensi dell’art. 140 c.p.c., da Equitalia Sud in primo grado, costituitasi tardivamente, la stessa doveva ritenersi rituale, trattandosi di posizione di mera difesa, ed in ogni caso legittimamente acquisibile agli atti del processo di appello, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; la ricorrente ha depositato memoria ed il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 111 Cost., del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19, 21, 23, 32 e 58, D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 42 e 43, artt. 166, 167 e 345 c.p.c., avendo la C.T.R. ritenuto valido il deposito tardivo di documentazione effettuato, in primo grado, da Equitalia Sud, documentazione, peraltro, non utilizzabile neppure in appello, non trattandosi di “nuovi documenti”. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, avendo la C.T.R. ritenuto inammissibile l’impugnazione di estratto di ruolo, non avvedendosi che attraverso detta impugnazione si era chiesto l’annullamento della sottesa cartella di pagamento per sua omessa notifica.

2. La prima censura è infondata.

Questa Corte, anche di recente (Cass. 22776/2015), ha ribadito che “il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58 abilita alla produzione di qualsivoglia documento in appello, senza restrizione alcuna e con disposizione autonoma rispetto a quella che – nel comma precedente – sottopone a restrizione l’accoglimento dell’istanza di ammissione di altre fonti di prova”.

La Corte ha poi chiarito che detta produzione deve avvenire “tempestivamente e ritualmente”, in sede di gravame, “entro il termine perentorio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, comma 1, di venti giorni liberi prima dell’udienza, applicabile in secondo grado stante il richiamo, operato dell’art. 61 del citato decreto, alle norme relative al giudizio di primo grado” e che possono, entro tali limiti, essere legittimamente prodotti in appello anche “documenti tardivamente prodotti in primo grado” (Cass. 3661/2015; Cass. 655/2014).

3. Anche la seconda censura è infondata, nei sensi di cui appresso.

Questa Corte a S.U. (sentenza n 19704/2014) ha affermato, in relazione alla specifica questione dell’autonoma impugnabilità del ruolo, il seguente principio di diritto: “E’ ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, u.p., posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’ invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione”.

Questa Corte, con successiva ordinanza n. 4238/2016, ha chiarito che “il ricorso del contribuente (formulato sul presupposto di avere – per il tramite dell’estratto di ruolo-interesse all’impugnazione di una cartella asseritamente non notificata) deve intendersi astrattamente ammissibile, sia sotto il profilo della impugnabilità dell’atto che ne costituisce il referente (e cíoè la cartella) sia sotto il profilo dell’esistenza dell’astratto interesse giuridico all’impugnazione (in relazione al concreto effetto che questa persegue), e cioè la declaratoria di inefficacia della cartella, perchè mai notificata” e che “deve ritenersi anche apprezzabile e tutelabile l’intento pratico che il contribuente persegue attraverso la proposizione di un’impugnazione nei confronti di un atto non notificato, non già perchè se ne possa dichiarare la inesistenza (ciò che non sarebbe predicabile ove la procedura di notifica non fosse mai stata adita) ma in quanto se ne può dichiarare la inefficacia, ove la procedura di notifica sia stata adita ma si sia conclusa abortivamente per effetto di un suo vizio endogeno, sicchè non sia possibile lasciarla “sospesa” senza che si sappia se e quale concreto effetto l’atto sia idoneo a produrre, in presenza di una siffatta irregolarità”.

Ora, viene censurato un mero obiter dictum della decisione impugnata, in quanto la C.T.R., pur avendo ritenuto, in generale, inammissibile l’impugnazione in via autonoma dell’estratto di ruolo, quale mero atto interno, ha poi proceduto ad esaminare l’oggetto dell’impugnazione, vale a dire la questione della ritualità o meno della notifica della correlata cartella di pagamento, rilevando che la cartella risultava nella fattispecie regolarmente e validamente notificata ai sensi dell’art. 140 c.p.c..

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte respinge il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.000,00, a titolo di compensi, oltre rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2017

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