Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9201 del 19/04/2010

Cassazione civile sez. III, 19/04/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 19/04/2010), n.9201

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

ELEMEDIA SPA proprietaria dell’emittente RADIO CAPITAL in persona del

suo legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALESSANDRIA 129, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMETTI BRUNO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COLOMBO VALERIA,

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO

9, presso lo studio dell’avvocato BLASI SERGIO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ORRICO GIORGIO, giusta mandato a

margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

SAS RADIO TARTARO di T.G. in persona del socio

accomandatario – legale rappresentante, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CASSIODORO 9, presso lo studio dell’avv. SERGIO BLASI che

la rappresenta e difende unitamente all’avv. MARCO PIO TEZZA, giusta

mandato a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

RADIO MILANO INTERNATIONAL SRL;

– intimata –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1019/2008 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

9.6.08, depositata il 31/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Quanto segue:

p. 1. La Elemedia s.p.a. ha proposto ricorso per Cassazione contro la s.a.s. Radio Tartaro, T.G. e la Radio Milano Internazionale s.r.l. avverso la sentenza del 31 luglio 2008 (integrata da correzione materiale del 28 novembre successivo), con la quale la Corte d’Appello di Venezia ha pronunciato in grado di appello su una controversia inter partes.

Al ricorso hanno resistito con separati controricorsi il T. e la s.a.s. Radio Tartaro di T.G., che ha anche svolto ricorso incidentale condizionato.

p. 2. Il ricorso è soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioè dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. (art. 27, comma 2 di tale D.Lgs.).

p. 3. Ricorrendo le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Quanto segue:

p. 1. Nella relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. si è osservato quanto segue:

“(…) 3. – Il ricorso appare inammissibile per come dedotto dai resistenti, in quanto inosservante dell’art. 366 bis c.p.c..

Invero, il ricorso si fonda su otto motivi (per due motivi è indicato lo stesso numero 5), ma. a conclusione della illustrazione di ciascuno non formula i quesiti di diritto come sarebbe stato necessario per tutti, ad eccezione del quarto e dell’ottavo, che deducono vizi di motivazione. Quanto a questi ultimi, nonchè quanto al quinto, che deduce anche vizio di motivazione, l’illustrazione non contiene e non si conclude con il momento di sintesi espressivo della cd. “chiara indicazione”, di cui all’art. 366 bis c.p.c..

Soltanto a chiusura del ricorso sono enunciati tredici “quesiti”, ma senza che ognuno di essi venga riferito ad uno specifico motivo. In tal modo è impossibile per la Corte raccordare ciascun quesito al motivo cui nelle intenzioni inespresse della ricorrente si riferirebbe e, pertanto, sussiste una situazione di inosservanza dell’art. 366 bis c.p.c..

Inoltre, i quesiti sono formulati in modo del tutto astratto e privo di riferimenti alla vicenda oggetto del giudizio ed alla decisione impugnata, sicchè difettano anche e comunque di conclusività.

L’art. 366 bis c.p.c., infatti, quando esige che il quesito di diritto debba concludere il motivo impone che la sua formulazione non si presenti come la prospettazione di un interrogativo giuridico del tutto sganciato dalla vicenda oggetto del procedimento, bensì evidenzi la sua pertinenza ad essa. Invero, se il quesito deve concludere l’illustrazione del motivo ed il motivo si risolve in una critica alla decisione impugnata e, quindi, al modo in cui la vicenda dedotta in giudizio è stata decisa sul punto oggetto dell’impugnazione, appare evidente che il quesito, per concludere l’illustrazione del motivo, deve necessariamente contenere un riferimento riassuntivo ad esso e, quindi, al suo oggetto, cioè al punto della decisione impugnata da cui il motivo dissente, sì che risulti evidenziato – ancorchè succintamente – perchè l’interrogativo astratto è giustificato in relazione alla controversia per come decisa dalla sentenza impugnata. Un quesito che non presenti questa contenuto è un non-quesito (si veda, in termini, fra le tante, Cass. sez. un. n. 26020 del 2008; nonchè n. 6420 del 2008).

4. – Il ricorso incidentale condizionato andrà dichiarato assorbito”.

p. 2. Il Collegio, previa riunione del ricorso incidentale a quello principale in seno al quale è stato proposto, osserva che sono da condividere le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali la memoria muove dei rilievi che o non sono pertinenti o non sono in alcun modo idonei a superarle, tenuto conto che esse si fondano su consolidati orientamenti della giurisprudenza della Corte.

Infatti:

a) nulla di dice sul mancato raccordo dei “quesiti” posti in chiusura dell’esposizione del ricorso ai motivi e tanto basterebbe a rendere superfluo ogni ulteriore rilievo, perchè paleserebbe di per sè l’inosservanza del requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c.;

b) si ragiona di collocazione topografica dei quesiti (effettivamente priva di rilevanza decisiva, come ebbe già ad osservare Cass. (ord.) n. 16002 del 2007), sorvolando sul problema sub a), che viene prima e rileva a prescindere dall’altro;

c) si evoca la problematica dei cd. quesiti multipli o plurimi ancora una volta in modo irrilevante, tenuto conto che la relazione non ne ha affatto ragionato, avendo fatto riferimento al mancato raccordo fra i “quesiti” posti alla fine con i motivi, non solo per l’assenza di correlazione di ognuno ad un motivo, ma anche in considerazione dell’eccedenza di essi rispetto ai motivi;

Va rilevato, d’altro canto, che, quand’anche si reputasse – il che, per la verità non parrebbe essere giustificato dalla previsione del requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità e come requisito di cd. contenuto-forma da assolversi con una precisa ed espressa attività di raccordo del quesito al motivo da parte del ricorrente possibile che in una situazione come quella di cui al ricorso in esame, si individui la correlazione di ogni quesito al motivo sulla base del confronto fra il suo tenore e quello dell’intestazione del motivo, particolarmente con riferimento alla norma di cui si indica la violazione, nella specie un simile tentativo non darebbe risultato positivo, perchè soltanto i quesiti n. 1, 5, 6 e 12 contengono riferimenti a una norma, ma: aa) quello contenuto nel quesito n. 1 (all’art. 2719 c.c.) si riscontra sì nell’intestazione del primo motivo, ma congiuntamente all’indicazione della violazione di altre norme; ab) quello nel quesito n. 5 (all’art. 2556 c.c.) e quello contenuto nel quesito n. 6 (all’art. 2721 c.c.) si rinvengono entrambi nella intestazione del secondo motivo, ma ognuno di essi accanto alla congiunta denuncia di violazione dell’altra norma; ac) quello contenuto nel quesito n. 12 (agli artt. 1362, 1366 e 1367 c.c.) si rinviene nella intestazione del motivo indicato per la seconda volta come n. 5 (in realtà è il sesto), ma in essa è denunciata la violazione anche dell’art. 1363 c.c..

In tale situazione, nemmeno con riferimento ai motivi indicati risulterebbe possibile – sempre nell’ipotesi, tutta da verificare, che sia consentito – individuare la correlazione ad essi degli indicati quesiti.

Nella memoria ci si duole della valutazione fatta dalla relazione a proposito dei motivi che deducono vizi di motivazione, ma all’uopo è sufficiente rinviare a Cass. sez. n. 20603 del 2007, la quale statuì che l’art. 366 bis c.p.c., esigeva che l’illustrazione del motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, contenesse un momento di sintesi espressivo della “chiara indicazione” nei termini indicati dall’art. 366 bis c.p.c.. In particolare, il principio di diritto affermato fu il seguente: “In tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità”.

Con tale principio di diritto la memoria non si confronta ed in particolare nemmeno individua quale sarebbe per i motivi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il “momento di sintesi”.

Alla pagina dieci della memoria si vorrebbe che l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., non sia d’ostacolo alla rilevazione d’ufficio di una censura che sarebbe stata dedotta con un motivo:

l’assunto è privo di fondamento, atteso che l’inammissibilità del ricorso preclude alla Corte ogni valutazione sul fondamento del ricorso e, quindi, anche il rilievo di questioni d’ufficio che potrebbero comunque travolgere la sentenza impugnata.

In fine, nella memoria si fanno ampi riferimenti ad un’opinione dottrinale sull’art. 366 bis c.p.c., delle cui considerazioni l’ampia giurisprudenza della Corte formatasi sulla norma risulta essersi fatta abbondantemente carico.

p. 3. Il ricorso principale è, conclusivamente dichiarato inammissibile. L’incidentale resta assorbito, atteso il suo carattere condizionato.

Le spese del giudizio di Cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito l’incidentale. Condanna la ricorrente alla rifusione a ciascuna delle parti resistenti delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate in Euro duemilacinquecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 11 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2010

 

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