Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9194 del 03/04/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/04/2019, (ud. 19/02/2019, dep. 03/04/2019), n.9194

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17880/2018 R.G. proposto da:

V.L., rappresentato e difeso dall’Avv. Valentina Sassano, con

domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della

Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e

difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in

Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Torino depositato il 9 maggio

2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 febbraio

2019 dal Consigliere Guido Mercolino.

Fatto

RILEVATO

che V.L., cittadino della Nigeria, ha proposto ricorso per cassazione, per due motivi, avverso il decreto del 9 maggio 2018, con cui il Tribunale di Torino ha rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o, in subordine, della protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari da lui proposta;

che il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 11, lett. a), rilevando che, nonostante l’indisponibilità della videoregistrazione del colloquio tenutosi dinanzi alla Commissione Territoriale competente, il Tribunale ha omesso di procedere alla fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, senza tener conto della ratio della predetta disposizione, consistente nel garantire l’audizione del richiedente nel periodo occorrente alle Commissioni Territoriali per dotarsi della strumentazione tecnica necessaria per la videoregistrazione;

che, in tema di protezione internazionale, questa Corte ha affermato il principio, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, secondo cui, nel giudizio d’impugnazione della decisione della Commissione Territoriale innanzi all’Autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il Giudice deve necessariamente fissare l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, per violazione del principio del contraddittorio;

che la predetta interpretazione trova conforto non solo nella lettura, in combinato disposto, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 11 e11, i quali distinguono, rispettivamente, i casi in cui il Giudice può fissare discrezionalmente l’udienza da quelli in cui egli deve necessariamente fissarla, ma anche nella valutazione delle intenzioni del legislatore, il quale, anche in ragione della natura camerale non partecipata della fase giurisdizionale, ha previsto la videoregistrazione quale elemento centrale del procedimento, avente la finalità di consentire al Giudice di valutare il colloquio con il richiedente in tutti i suoi risvolti, ivi compresi quelli non verbali (cfr. Cass., Sez. I, 5/07/2018, n. 17717);

che non può dunque condividersi il decreto impugnato, nella parte in cui, pur dando atto dell’indisponibilità della videoregistrazione, ha escluso la necessità della comparizione, ai fini dell’acquisizione di chiarimenti in ordine alle motivazioni dell’abbandono del Paese di origine ed alle vicende successive, ritenendo sufficiente l’acquisizione del verbale del colloquio;

che il motivo va pertanto accolto, restando tuttavia impregiudicata la questione riguardante la necessità di dar corso all’audizione del richiedente, dal momento che, come ritenuto dalla giurisprudenza comunitaria in sede d’interpretazione della Dir. 2013/32/CE del 26 luglio 2013, artt. 12,14,31 e 46, l’obbligo di consentire al richiedente di sostenere un colloquio personale, prima di decidere sulla domanda di protezione internazionale, grava esclusivamente sull’autorità amministrativa incaricata di procedere all’esame della stessa, e non si applica quindi nei procedimenti d’impugnazione (cfr. Cass., Sez. I, 5/07/2018, n. 17717, cit.);

che, infatti, l’obbligo di procedere all’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto, imposto al giudice competente della Dir., art. 46, par. 3, dev’essere interpretato tenendo conto della stretta connessione esistente tra la procedura d’impugnazione e quella di primo grado che la precede, nel corso della quale dev’essere consentito al richiedente di sostenere il colloquio personale, con la conseguenza che il giudice può decidere di non procedere all’audizione nel caso in cui ritenga di poter effettuare un esame siffatto in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso, se del caso, il verbale o la trascrizione del colloquio personale svoltosi in occasione del procedimento di primo grado (cfr. Corte di Giustizia UE, 26/07/2017, in causa C-348/16, Moussa Sacko);

che il decreto impugnato va quindi cassato, restando assorbito il secondo motivo d’impugnazione, riguardante la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, con il conseguente rinvio della causa al Tribunale di Torino, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa il decreto impugnato; rinvia al Tribunale di Torino, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2019

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