Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9189 del 02/04/2021

Cassazione civile sez. I, 02/04/2021, (ud. 16/09/2020, dep. 02/04/2021), n.9189

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3017/2016 proposto da:

D.B.A.M., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Gregoriana n. 54, (studio Confortini), presso lo studio

dell’avvocato Calcerano Giovanna, rappresentata e difesa

dall’avvocato Colarusso Romano, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Giulio

Cesare n. 109, presso lo studio dell’avvocato Grandoni Laura,

rappresentato e difeso dall’avvocato Salvemini Giovanni, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 472/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE

SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 09/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/09/2020 dal Cons. Dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte d’Appello di Lecce ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da D.B.A.M., avverso il provvedimento con il quale il giudice delegato per lo svolgimento dell’udienza presidenziale nel giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio, aveva dichiarato l’estinzione del procedimento, preso atto della mancata comparizione delle parti. La Corte territoriale ha ritenuto che dovesse essere formulato reclamo al Collegio ex art. 178 c.p.c., comma 2 e art. 308 c.p.c., in quanto il giudice delegato (ma anche il presidente) non può mai operare come giudici monocratici attesa la riserva di trattazione e decisione collegiale ex art. 50 bis c.p.c..

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione D.B.A.M.. Ha resistito con controricorso C.A.. Il controricorrente ha depositato memoria.

3. Nel primo motivo viene dedotta la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 7, nella parte in cui prevede che “se il ricorrente non si presenta o rinuncia la domanda non ha effetto. Tale formula, secondo la parte ricorrente, implica che il Presidente o un suo delegato debba disporre la chiusura della lite con conseguente inefficacia sopravvenuta della domanda. La Corte d’appello non ha esaminato questo rilevante profilo di censura.

4. Nel secondo motivo di ricorso viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo nonchè la violazione dell’art. 158 c.p.c. e dei principi regolatori del processo per avere il giudice delegato allo svolgimento delle funzioni presidenziali esercitato un potere, quello di dichiarare l’estinzione del processo, estraneo all’ambito della sua potestas iudicandi. Ne consegue difetto di costituzione del giudice e nullità della pronuncia. Viene aggiunto che è mancata la motivazione sulla concreta applicabilità dell’art. 4 nella fattispecie in esame, da parte del giudice delegato. Sarebbe stato necessario rimettere la valutazione al Collegio. Tale omissione ha determinato una compressione ingiustificata del diritto di difesa.

5. Nel terzo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 307 c.p.c., per essere stata pronunciata l’estinzione fuori dai casi previsti dalla norma, dovendosi ritenere la L. n. 898 del 1970, art. 4, una ipotesi di mera inefficacia sopravvenuta.

6. Nel quarto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 306 c.p.c., per avere la Corte d’Appello equiparato la mancata comparizione non giustificata della parte ricorrente in primo grado alla rinuncia agli atti del giudizio, non accettata dall’altra parte che ha anche formulato domanda riconvenzionale.

7. Nel quinto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 306 c.p.c., in relazione all’art. 91 c.p.c., per avere la Corte d’Appello ritenuto assorbito il motivo di gravame relativo alla rifusione delle spese di lite sostenute dal convenuto a carico del ricorrente.

8. Le censure, che devono essere trattate congiuntamente perchè logicamente connesse, devono essere disattese. La fase presidenziale sia nel giudizio separativo che in quello divorzile è finalizzata all’emissione di provvedimenti anticipatori di natura provvisoria non idonei tuttavia a definire il giudizio nel quale sono adottati. Tale natura giuridica investe anche i provvedimenti di natura processuale. Non fa eccezione il provvedimento di estinzione del giudizio perchè non emesso, nella specie, da un organo giurisdizionale munito della potestas iudicandi decisoria e definitoria del giudizio, essendo il giudizio divorzile come quello separativo di competenza collegiale. Come esattamente rilevato dalla Corte d’Appello, il provvedimento adottato nella specie dal giudice delegato delle funzioni presidenziali, esaurisce la fase processuale nella quale è adottato, perchè così prevede la L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 7, ma, trattandosi di provvedimento emesso da giudice privo della potestà di definire il giudizio, è soggetto al reclamo ex art. 307 c.p.c., comma 4. Ne consegue che, contrariamente a ciò che afferma la parte ricorrente, il provvedimento non è affatto abnorme, perchè adottato all’interno della applicazione coordinata dell’art. 306 c.p.c., comma 1 e L. n. 898 del 1970, art. 4. La formula della “sopravvenuta inefficacia della domanda” invocata dalla parte ricorrente non ne postula la necessaria deliberazione collegiale, come si evince dalla piana lettura della L. n. 898 del 1970, stesso art. 4, che colloca questa evenienza processuale (la mancata comparizione ingiustificata della parte ricorrente) nella fase presidenziale con conseguente attribuzione al giudice di questa fase di adottare i provvedimenti consequenziali. Privo di rilievo è il richiamo alla rinuncia agli atti del giudizio ed alla necessità di accettazione della controparte costituita, non avendo la Corte d’Appello inteso equiparare la mancata comparizione del ricorrente alla rinuncia agli atti ma soltanto evidenziare che in entrambe le ipotesi nelle cause di competenza collegiale il provvedimento del giudice istruttore (o del Presidente, o del giudice delegato alle funzioni presidenziali) in quanto adottato non dal Collegio è suscettibile di reclamo e non di appello. A tale riguardo, il mancato esame della domanda riconvenzionale della parte convenuta, pure lamentata dal ricorrente, è del tutto inconferente, sia per la radicale carenza d’interesse a prospettare la censura da parte del ricorrente, sia perchè del tutto correttamente attratta dal provvedimento estintivo.

8.1 Infine, deve rilevarsi che, in considerazione della peculiarità della fase presidenziale del giudizio separativo o divorzile, si è discusso dell’applicabilità nella specie non del reclamo al Collegio, ordinariamente previsto per il provvedimento di estinzione (art. 308 c.p.c., comma 1 e art. 178 c.p.c., comma 3, n. 3) ma del peculiare mezzo di riesame previsto dall’art. 708 c.p.c., applicabile anche alla fase presidenziale dei procedimenti divorzili in virtù dell’estensione, espressamente disposta dalla L. n. 54 del 2006, art. 4, comma 2, legge con la quale è stato, peraltro, introdotto il reclamo avverso tali provvedimenti provvisori. Deve rilevarsi al riguardo che il reclamo alla Corte d’Appello è espressamente limitato ai provvedimenti indicati dell’art. 708 c.p.c., comma 3, ovvero “quelli temporanei ed urgenti che reputa opportuni nell’interesse della prole e dei coniugi” con esclusione, di conseguenza di quelli a contenuto diverso, di natura processuale, per il quale rimane applicabile l’ordinario rimedio del reclamo al Tribunale in composizione collegiale di primo grado.

9. Il rigetto dei primi quattro motivi determina l’assorbimento del quinto.

Al rigetto del ricorso segue la compensazione delle spese di lite, in considerazione della mancanza di precedenti di legittimità.

PQM

Rigetta il ricorso. Compensa le spese processuali del presente procedimento.

In caso di diffusione omettere le generalità.

Ricorrono i requisiti processuali per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quarter.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2021

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