Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9184 del 19/05/2020

Cassazione civile sez. I, 19/05/2020, (ud. 07/02/2020, dep. 19/05/2020), n.9184

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 2917/2019 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in Roma, alla via Lima n. 20,

presso lo studio dell’Avvocato Vincenzo Iacovino, che lo rappresenta

e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro-tempore,

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Campobasso;

– intimata –

avverso il decreto n. 2526/2018 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO,

depositato il 6/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7

febbraio 2020 dal Consigliere Dottoressa IRENE SCORDAMAGLIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con il decreto in epigrafe, il Tribunale di Campobasso ha respinto il ricorso proposto da A.A., cittadino (OMISSIS) proveniente dalla regione del (OMISSIS), avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale, richiesta in tutte le sue forme, emesso dalla locale Commissione territoriale.

Stimato non credibile il racconto del richiedente, il Tribunale ha stabilito che, comunque, le ragioni che l’avrebbero costretto ad allontanarsi dal paese di origine – il timore di essere ucciso dai familiari di un ragazzo, suo compagno di studi, suicidatosi a causa delle molestie subite dagli aderenti al partito politico di cui egli era il referente all’interno della scuola – non erano tali da integrare i motivi di persecuzione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8; che quanto narrato non lo esponesse ad una peculiare condizione di rischio in relazione alla situazione generale del Paese di origine; che l’inattendibilità delle dichiarazioni fosse di ostacolo al riconoscimento della protezione umanitaria; che la manifesta infondatezza della domanda imponesse la revoca dell’ammissione del richiedente al patrocinio a spese dello Stato.

2. Ricorre per cassazione il menzionato cittadino straniero con due motivi, di seguito dettagliatamente enunciati.

3. Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio ed ha presentato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha disposto che la motivazione della presente ordinanza sia redatta in forma semplificata, non facendosi questioni rilevanti ai fini della funzione nomofilattica di questa Corte.

1. Il primo motivo di ricorso, sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1″A”, Convenzione di Ginevra sul diritto a ottenere lo status di rifugiato e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 (in uno con l’art. 10 Cost. Italiana), norme poste a base del ricorso di prime cure in via principale, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 14, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, costituenti domande gradate in prime cure, norme relative, rispettivamente, alla disciplina dello status di rifugiato, alla cd. protezione sussidiaria e alla cd. protezione umanitaria, costituenti sub-specie della materia della protezione internazionale. Motivo ex art. 360 c.p.c., n. 3. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”; “Motivazione omessa, insufficiente e/o contraddittoria su fatti decisivi e questioni controverse”; “Motivi ex art. 360, c.p.c. n. 3, omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti”, deduce che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto insussistenti i requisiti per il riconoscimento della protezione internazionale, in nessuna delle tre forme richieste, pur in presenza dei presupposti soggettivi e oggettivi a ciò necessari, in considerazione sia del racconto del richiedente, avuto riguardo alla sua zona di provenienza (regione (OMISSIS) del (OMISSIS)), in cui si registrava una situazione di conflitto interno e di assenza delle guarentigie fondamentali dei diritti civili, sulla base di fonti qualificate riportate in ricorso.

Il motivo è inammissibile.

Nè dal decreto impugnato, nè dalle formulate censure articolate, peraltro, senza alcuna specificità e mediante deduzioni interamente in fatto – risulta che il richiedente protezione avesse allegato davanti al Tribunale, com’era suo preciso onere, la circostanza che la sua regione di provenienza fosse o meno interessata da violenza indiscriminata a danno dei civili in situazione di conflitto armato interno o internazionale, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); ciò comporta che l’omesso accertamento officioso della stessa non può essere addebitato al Tribunale.

Occorre, infatti, ribadire che, in riferimento alla domanda di protezione internazionale proposta sulla base del pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato determinativa di minaccia grave alla vita o alla persona), soltanto una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, sorge il dovere del giudice del merito, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, di cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine (Sez. 6 – 1, n. 11312 del 26/04/2019, Rv. 653608).

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2: il Tribunale avrebbe disposto la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato a motivo dell’insussistenza originaria dei presupposti per l’ammissione, benchè tale revoca potesse essere ordinata soltanto a seguito dell’accertamento della sussistenza di dolo o colpa grave in capo alla parte, condizioni che nel caso di specie non potevano essere ravvisate quanto meno tenuto conto della situazione interna del (OMISSIS).

Il motivo è inammissibile.

Va fatta applicazione del principio di diritto secondo cui la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 non comporta mutamenti nel regime impugnatorio, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 stesso D.P.R. n. (Sez. 3, n. 3028 del 08/02/2018, Rv. 647941; Sez. 2, n. 29228 del 06/12/2017, Rv. 646597): il rimedio del ricorso per cassazione è, infatti, previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 113 D.P.R. citato.

3. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile. Segue la condanna del ricorrente, siccome soccombente, al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, liquidate in Euro 2.100, oltre SPAD. Il doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dovrà essere versato ove ne sussistano i presupposti, secondo quanto chiarito dalla sentenza Sez. 1 n. 9660/2019, cui si intende prestare adesione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per il giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2020

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