Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9184 del 02/04/2021
Cassazione civile sez. trib., 02/04/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 02/04/2021), n.9184
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. CORRADINI Grazia – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16784 del ruolo generale dell’anno 2017
proposto da:
C.P., in proprio e quale legale rappresentante della PA.FI
Snc di C.P. e C.F. e da C.F., quale
socio della predetta società, rappresentati e difesi dagli Avv.ti
Roberto A. Jacchia, Antonella Terranova, Fabio Ferraro e Daniela
Agnello per procura speciale in calce al ricorso, elettivamente
domiciliati in Roma, via Vincenzo Bellini n. 24, presso lo studio
dei primi tre difensori;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro
tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello
Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è
domiciliata;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria
regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, n. 9293/19/16,
depositata in data 27 dicembre 2016;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 21
gennaio 2021 dal Consigliere Grazia Corradini.
Fatto
RILEVATO
che:
Dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle dogane e dei monopoli aveva notificato alla PA.FI. Snc di C.P. e C.F., soggetto svolgente la attività di ricevitoria per conto Stanleybet Malta Limited, esercente l’attività di raccolta scommesse priva di concessione, un avviso di accertamento con il quale era stato contestato alla PA.FI., quale soggetto obbligato in solido con il bookmaker, il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’anno 2009; avverso l’atto impositivo la società in nome collettivo PA.FI. ed i soci avevano proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Frosinone limitatamente alle sanzioni, che erano escluse in considerazione delle condizioni obiettive di incertezza della norma e rigettato nel resto; avverso la pronuncia del giudice di primo grado la società PA.FI. ed i soci avevano proposto appello principale fondato principalmente sulla dedotta illegittimità costituzionale della disciplina nazionale in materia e sulla richiesta di sospensione del giudizio con rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 TFUE, mentre la Agenzia delle Dogane aveva presentato appello incidentale per la parte di propria soccombenza, ritenendo dovute anche le sanzioni.
La Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, ha rigettato l’appello principale ritenendo in particolare che: la fattispecie in esame è disciplinata dal D.Lgs. n. 504 del 1998 che, all’art. 3, comma 1, individua quali soggetti passivi dell’imposta unica coloro i quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse, nonchè dalla successiva norma interpretativa di cui alla L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, lett. b), secondo cui soggetto passivo dell’imposta è chiunque, anche se in assenza o in caso di inefficacia della concessione, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere, sicchè, anche nel caso di svolgimento di attività di raccolta scommesse del ricevitore italiano per conto di bookmaker estero che operi privo di concessione, come nel caso di specie, sussisteva la responsabilità di entrambi in caso di omesso pagamento dell’imposta unica; l’attività del ricevitore e quella del bookmaker estero erano da ricondursi ad una fattispecie da valutarsi nel suo complesso, essendo finalizzate ad una operazione economica unitaria, consistente nella raccolta e organizzazione delle scommesse; erano infondati tutti i restanti motivi di appello relativi alla sussistenza dell’elemento oggettivo di imposta e al presupposto territoriale ed erano infondate le questione di legittimità costituzionale prospettate dalla ricevitoria, così come non sussistevano i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. Ha poi accolto l’appello incidentale dell’Ufficio, così confermando integralmente l’avviso di accertamento e condannato l’appellante principale alle spese del giudizio.
C.P., in proprio quale socio e quale legale rappresentante della PA.FI, nonchè C.F. nella sua qualità di socio della stessa società, hanno quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a otto motivi, lamentando violazione di legge con riguardo a tutte le statuizioni della sentenza di merito.
Ha resistito l’Agenzia delle dogane e dei monopoli depositando controricorso.
Successivamente, la Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha depositato il provvedimento di sgravo in data 8.10.2018 con cui aveva annullato in autotutela l’accertamento impugnato nel presente giudizio, limitatamente alla posizione della ricevitoria che qui interessa, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 27 del 2018 ed ha chiesto dichiararsi la estinzione del giudizio per sopravvenuta cessazione della materia del contendere con compensazione delle spese di lite. I ricorrenti hanno aderito alla declaratoria di cessazione della materia del contendere chiedendo la liquidazione delle spese in loro favore.
Diritto
CONSIDERATO
che:
L’istanza formulata congiuntamente dalle parti in causa di declaratoria di cessazione della materia del contendere appare fondata e va pertanto accolta.
E’ infatti indubbio che l’avviso di accertamento oggetto – unico – della lite è stato annullato in autotutela dall’agenzia fiscale emittente (v. provvedimento allegato all’istanza in esame) con riguardo alla intera posizione della ricevitoria che viene qui in considerazione.
La sentenza impugnata deve essere dunque cassata senza rinvio stante l’evidente avvenuta cessazione della materia del contendere. Le spese dell’intero giudizio vanno compensate tra le parti, posto che detta causa di composizione della controversia è intervenuta, nelle more di questo giudizio, con provvedimento espressamente adottato a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 27/18.
La declaratoria di cessazione della materia del contendere, così come in tutti i casi di estinzione del giudizio, esclude l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che consegue alle sole declaratorie di infondatezza nel merito ovvero di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione (Cass. n. 19560 del 30/09/2015).
P.Q.M.
La Corte, dichiara cessata la materia del contendere e compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2021