Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9182 del 02/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 02/04/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 02/04/2021), n.9182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16782 del ruolo generale dell’anno 2017

proposto da:

S.A.M. e da Stanleybet Malta Limited, in persona del legale

rappresentante, rappresentate e difese dagli Avv.ti Roberto A.

Jacchia, Antonella Terranova, Fabio Ferraro e Daniela Agnello per

procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliate in

Roma, via Vincenzo Bellini n. 24, presso lo studio dei primi tre

difensori;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è

domiciliata;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina n. 9303/19/16,

depositata in data 27 dicembre 2016;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 21

gennaio 2021 dal Consigliere Grazia Corradini.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla sentenza impugnata che S.A.M. ha svolto per conto della Stanleybet Malta Limited, priva di concessione, un’attività di raccolta di scommesse sportive a quota fissa; ad avviso dell’Agenzia delle dogane, che ha al riguardo fatto leva sugli esiti di una verifica fiscale svoltasi mediante accesso nei locali dell’agenzia di scommesse, la S. non si era limitata a trasmettere i dati informatici al bookmaker estero, ma aveva sollecitato e raccolto le scommesse per poi, successivamente, pagare le vincite ai giocatori. Ne è seguito un avviso di accertamento col quale l’Agenzia, per l’anno di imposta 2009, ha recuperato l’imposta unica prevista dal D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, nei confronti del ricevitore S. e del bookmaker Stanleybet Malta Limited.

L’impugnazione proposta dalla società e dalla S. non ha avuto successo nè in primo, nè in secondo grado.

Il giudice d’appello ha preliminarmente rilevato, in conformità alla eccezione della Agenzia delle Dogane, la inammissibilità dell’appello perchè notificato dopo la scadenza dei termini per proporre impugnazione contro la sentenza di primo grado, che scadevano, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 51 e 38 e dell’art. 327 c.p.c., comma 1, il 28 febbraio 2016 e cioè, tenuto anche conto della sospensione dei termini nel periodo feriale, dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza di appello, che era stata depositata in segreteria in data 19.8.2015, mentre invece l’appello risultava notificato per mezzo del servizio postale con atto spedito il 31.3.2016. Ha quindi rilevato che l’appello era comunque infondato nel merito poichè sussistevano i presupposti di applicazione dell’imposta unica sulle scommesse, in base alla norma d’interpretazione autentica contenuta nella L. 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 66, avendo il titolare della ricevitoria gestito scommesse per conto del bookmaker estero erogando i premi ai vincitori. Ha altresì ritenuto che i contratti tra ricevitore e scommettitori si fossero conclusi in Italia, a norma dell’art. 1336 c.c., come si evinceva dal rilascio ai giocatori delle ricevute di pagamento, che costituivano titoli al portatore per la riscossione delle eventuali vincite. La Commissione tributaria regionale ha quindi specificato che il centro di trasmissione dati, ossia, appunto, nel caso in esame la S., svolgeva una funzione di ricevitoria da ritenere assimilabile alla gestione per conto terzi contemplata dalla L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, indipendentemente dalla mancanza di un potere d’ingerenza nella determinazione delle condizioni delle scommesse e che questa disciplina non si pone in contrasto col diritto unionale, anche sotto il profilo della lamentata doppia imposizione, della quale, peraltro, ha sottolineato, non v’era prova. Il giudice d’appello ha infine escluso pure qualunque frizione con i principi costituzionali.

Contro questa sentenza S.A.M. e Stanleybet Malta Limited propongono ricorso per ottenerne la cassazione, illustrato con memoria, che affidano a dieci motivi, cui l’Agenzia delle dogane e dei monopoli risponde con controricorso, che parimenti illustra con memoria.

Successivamente la Agenzia delle Dogane ha depositato atto in data 5.11.2018 di autoannullamento dell’accertamento, limitatamente alla posizione della ricevitoria, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 27 del 2018.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va disattesa l’istanza di trattazione della causa in pubblica udienza.

In adesione all’indirizzo espresso dalle sezioni unite di questa Corte, il collegio giudicante ben può escludere, nell’esercizio di una valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza, in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare nel caso di specie (Cass. Sez. U, 5 giugno 2018, n. 14437) e non si verta in ipotesi di decisioni aventi rilevanza nomofilattica (Sez. U., n. 8093 del 23 aprile 2020).

In particolare, la sede dell’adunanza camerale non è incompatibile, di per sè, anche con la statuizione su questioni nuove, soprattutto se non oggettivamente inedite e già assistite da un consolidato orientamento, cui la Corte fornisce il proprio contributo.

Nel caso in esame, peraltro, il limitato oggetto del presente giudizio, che riguarda preliminarmente ed in modo assorbente la inammissibilità dell’appello per tardività, non coinvolge alcun tema nuovo, ma anche gli altri temi, oggetto dei successivi motivi di ricorso, non sono inediti nella giurisprudenza di questa Corte, compiutamente affrontati in tutti i loro risvolti da un lato dalla Corte costituzionale (con la sentenza 14 febbraio 2018, n. 27) e dall’altro da quella unionale (con la sentenza in causa C-788/18, relativa alla Stanleybet Malta Limited); per cui non vi è ragione per rimettere le questioni relative al presente giudizio alla udienza pubblica, apparendo invece preferibile la scelta del procedimento camerale, funzionale alla decisione di questioni di diritto di rapida trattazione non caratterizzate da peculiare complessità (sulla medesima falsariga, si veda Cass. 20 novembre 2020, n. 26480).

2. Ciò posto, deve essere esaminato in via preliminare il primo motivo di ricorso con cui le ricorrenti lamentano omesso esame di un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto che la notifica fosse avvenuta oltre i termini decadenziali per la impugnazione poichè l’appello era stato spedito il 29 febbraio 2016, come risultava dalla ricevuta della raccomandata depositata davanti alla CTR, che per mero disguido era stata recapitata alla CTR invece che alla Agenzia delle Dogane, per cui le appellanti provvedevano ad un nuovo invio postale che andava a buon fine in data 31.3.2016, con conseguente effetto ex tunc essendo stato ripreso il procedimento notificatorio entro termini ragionevoli.

2.1. L’Agenzia delle Dogane oppone che il vizio era stato inammissibilmente dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, mentre invece era stata nella sostanza rilevata una violazione delle regole del procedimento notificatorio che poteva essere ripreso in caso di omessa notifica per circostanze non imputabili alla parte ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e che comunque la doglianza era pure destituita di fondamento poichè il preteso disguido postale era in realtà consistito in un errore di spedizione a seguito di erroneo confezionamento dell’atto consegnato all’Ufficio postale che era imputabile esclusivamente alla parte e conseguente da ritenere causa di inesistenza – e non di mera nullità dell’atto – come tale insanabile; in ogni caso l’atto di appello risultava spedito in data 31.3.2016, come si rilevava dal timbro dell’Ufficio postale accettante ed era pervenuto all’Agenzia il 15.4.2016, diversamente da quanto affermato dalla parte ricorrente, per cui era tardivo.

2.2. Il motivo presenta in primo luogo ampi profili di inammissibilità per difetto di autosufficienza e di specificità poichè le ricorrenti sostengono che l’appello sarebbe stato spedito il 29.2.2016 ed indirizzato alla Agenzia delle Dogane, come risulterebbe dalla ricevuta della raccomandata postale depositata davanti alla Commissione Tributaria regionale, ma non trascrivono il contenuto della ricevuta di spedizione e tanto meno dell’avviso di ricevimento, nè indicano in quali precisa data sarebbe avvenuta la produzione ed in quale parte del fascicolo processuale d’appello si troverebbe la ricevuta.

2.3. E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello per cui “in tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poichè indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicchè la mancata localizzazione del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza necessità di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza dal versante “contenutistico” (da ultimo, v., Sez. 1 Ordinanza n. 28184 del 10/12/2020; Rv. 660090 – 01; v. ancora Sez. 1 -, Sentenza n. 5478 del 07/03/2018; Rv. 647747 – 01: in applicazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonchè alla specifica indicazione del luogo in cui ne è avvenuta la produzione, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza sulla base del solo ricorso, senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso).

2.4. Il motivo è inammissibile anche perchè dedotto sotto il profilo di omesso esame della ricevuta della raccomandata (di cui non si comprende neppure, fra l’altro, in base alla esposizione del ricorso, se si tratti della ricevuta della spedizione o di quella del ricevimento), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, novellato nel 2012 e cioè di una questione che si assume non esaminata nella sentenza, quando invece la sentenza di appello ha specificamente esaminato il fatto rilevando che la spedizione della raccomandata di trasmissione dell’appello alla Agenzia delle Dogane era avvenuta il 31 marzo 2016 e cioè quando si era già verificata la decadenza, senza che le ricorrenti abbiano poi consentito a questa Corte, con le deduzioni in sede di ricorso per cui ivi sarebbe stata una precedente spedizione di altra raccomandata peraltro recapitata alla Commissione Tributaria Regionale, di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (v., per tutte, da ultimo, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32804 del 13/12/2019 Rv. 656036 – 01).

2.5. In ogni caso dalla stessa ricostruzione della operata dalle ricorrente emerge che l’atto era pervenuto non già alla Agenzia delle Dogane bensì alla Commissione Tributaria regionale, il che poteva essere stato causato solo da una erronea indicazione apposta sul plico che, come tale, poteva essere imputabile esclusivamente alla parte (v. Cass. n. 15593 del 2016). Dalle stesse deduzioni del ricorso per cassazione risulta infatti che la circostanza che ha determinato la mancata notifica del preteso primo atto d’appello (avvenuta nella sede della Commissione Tributaria) sia consistita in un errore nella indicazione del destinatario, che peraltro non poteva essere imputato all’Ufficio postale il quale poteva recapitare l’atto solo nell’indirizzo indicato dalla parte richiedente.

2.6. Un tale vizio, impingendo attività proprie ed esclusive della parte appellante, può essere quindi imputato a responsabilità dell’appellante e non dell’agente postale e, conseguentemente, deve essere ritenuto causa di inesistenza e non di nullità dell’atto, come tale insuscettibile di essere sanata con effetti ex tunc.

2.7. Infatti, la notifica per mezzo del servizio postale non si esaurisce con la spedizione dell’atto ma si perfeziona con la consegna del plico al destinatario da parte dell’agente postale e la sua esecuzione è provata dall’avviso di ricevimento, con la conseguenza che, qualora, richiesta la notifica a mezzo posta dell’impugnazione, anche se in ipotesi per errore dell’Amministrazione postale, il plico sia stato consegnato a persona diversa dal destinatario e in luogo a questi estraneo e privo di qualsiasi collegamento, la notifica non è nulla ma inesistente (e pertanto non può essere rinnovata) e il ricorso è inammissibile (v. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1218 del 04/02/2000, Rv. 533443 – 01). E ciò è stato ribadito anche dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. Un. Sez. U., Sentenza n. 14916 del 20/07/2016; Rv. 640603 – 01), secondo cui, l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione (ma gli stessi principi si applicano pure in caso di notificazione di altri mezzi di impugnazione) è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, in tutti i casi di totale mancanza materiale dell’atto e di ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, al quale appare assimilabile il tentativo di notifica indirizzato ad un soggetto non solo diverso, ma anche privo di qualsiasi collegamento con il soggetto cui doveva essere indirizzato l’appello, quale era la Commissione Tributaria regionale (cui doveva essere indirizzata, invece, la iscrizione a ruolo, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, secondo cui “Il ricorso in appello è proposto nelle forme di cui all’art. 20, commi 1 e 2, nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado e deve essere depositato a norma dell’art. 22, commi 1, 2 e 3”), rispetto alla Agenzia delle Dogane che doveva essere la destinataria dell’atto di appello e che mai aveva avuto, invece, conoscenza nè conoscibilità di quell’atto.

2.8 La notifica era quindi inesistente (poichè l’atto indirizzato alla Commissione Tributaria regionale e preordinato per legge al deposito non poteva sostituire l’atto di appello) e non nulla e non poteva perciò essere riattivata (ai sensi di Cass. Sez. U., Sentenza n. 14594 del 15/07/2016, Rv. 640441, che prevede l’ipotesi di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante), tanto più che non vi è prova neppure della riattivazione poichè l’atto ricevuto della Agenzia delle Dogane il 15 aprile 2016 era una prima notifica tardiva e non recava alcuna indicazione della riattivazione.

3. Quanti agli altri nove motivi di ricorso per cassazione – con cui le ricorrenti contestano per violazione di legge le statuizioni del giudice di appello con riguardo alla soggettività passiva del ricevitore, al profilo oggettivo dell’imposta unica, al presupposto territoriale del tributo, ai principi di uguaglianza e di ragionevolezza, alla pretesa violazione del principio di capacità contributiva e dell’equo processo e dell’art. 56 TFUE (motivi da 2 a 8) ed inoltre deducono omesso esame delle questioni di difetto di motivazione dell’accertamento e di mancata applicazione della esimente di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, (motivi n. 9 e n. 10) – l’inammissibilità dell’appello per decadenza rendeva inutile l’esame delle questioni di merito da parte del giudice di appello (Cass. n. 11675 del 2020) e rende in conseguenza ultroneo l’esame delle questioni in questo giudizio. Infatti, ove il giudice di appello, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della “potestas iudicandi”, abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità la quale costituisce la vera ragione della decisione (v., da ultimo, Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 11675 del 16/06/2020; Rv. 657952 – 01, in conformità a Cass., s.u., 30.10.2013, n. 24469).

4. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le ricorrenti devono essere condannate alla rifusione delle spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo. Sussistono, ratione temporis, i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater, essendo stato il ricorso notificato in data 27 giugno 2017.

PQM

La Corte:

Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore della Agenzia delle Dogane, che liquida in Euro 2.300,00 oltre le spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2021

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