Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9182 del 02/04/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/04/2019, (ud. 30/01/2019, dep. 02/04/2019), n.9182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25016-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

ZAGARE BIANCHE SRL;

– intimata –

sul ricorso 25110-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimate –

avverso le sentenze n. 631/1/2017 e n. 630/1/2017 della COMMISSIONE

TRIBUTARIA REGIONALE di CATANZARO, depositate il 21/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSARIA

MARIA CASTORINA.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Vanno preliminarmente riuniti i ricorsi R.G. 25016/17 e R.G. 25110/17 trattandosi di ricorsi per cassazione avverso distinte sentenze della CTR della Calabria, rese in giudizi che avrebbero dovuto essere riuniti ex art. 335 c.p.c., in quanto aventi ad oggetto la stessa sentenza n. 1906/2015 resa in primo grado dalla CTP di Cosenza.

1. Con sentenza n. 631/1/2017, depositata il 21.3.2017 non notificata, resa nel giudizio n. 25016/2017, la CTR di Catanzaro dichiarava inammissibile l’appello D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 51, comma 1 e art. 38, comma 3, poichè notificato tardivamente, in controversia avente ad oggetto impugnazione di cartella di pagamento.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un motivo con il quale lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3 e art. 51, comma 1, per avere ritenuto tardiva la notifica dell’appello.

Parte intimata non si è costituita.

La censura è fondata.

La sentenza appellata era stata depositata in data 8.4.2015: il termine per l’appello scadeva il 9.11.2015.

L’Agenzia delle Entrate ha documentato di avere tentato la notifica dell’atto di appello (atto portato in data 5.11.2015) al difensore nello studio legale dello stesso all’indirizzo indicato sia in Anagrafe Tributaria che presso il Consiglio dell’Ordine degli avvocati e successivamente, in data 17.11.2015 presso altro indirizzo, dove era stato ritirato.

A partire dalle due sentenze delle Sezioni Unite 18 febbraio 2009, n. 3818, e 24 luglio 2009, n. 17352 emerge con chiarezza che l’obbligo del procuratore di eleggere un domicilio e di comunicarne i successivi mutamenti è previsto dalla legge professionale soltanto nel caso di svolgimento dell’attività difensiva al di fuori della circoscrizione di assegnazione; mentre in ambito locale le annotazioni previste nell’albo professionale sono sufficienti a soddisfare le esigenze processuali di conoscenza del domicilio del procuratore. Ciò in quanto sussiste a carico delle parti un onere di diligenza circa l’effettività del domicilio del difensore al quale viene indirizzato l’atto di impugnazione, onere al quale corrisponde l’assunzione da parte del notificante del rischio dell’esito negativo della notifica richiesta in un domicilio diverso da quello effettivo (così la sentenza n. 3818 del 2009 cit.). In altre parole, l’adempimento dell’onere di diligenza suddetto fa sì che il controllo dell’albo professionale sia sufficiente a garantire la corretta individuazione del domicilio, anche in caso di mutamenti, in relazione ai difensori iscritti all’albo del tribunale davanti al quale si svolge la causa, mentre può non essere sufficiente in caso di parte che è assistita da difensore esterno al circondario di quel tribunale, il quale ha la facoltà di scelta nell’elezione di domicilio e, di conseguenza, l’obbligo di comunicarne i relativi mutamenti che la controparte non potrebbe conoscere tramite l’albo professionale.

Questa Corte ha affermato da tempo che è tempestiva la notifica dell’atto di appello che, tentata in pendenza del termine per impugnare, non sia andata a buon fine per cause indipendenti dalla volontà del notificante, e sia stata da questi tempestivamente rinnovata, a nulla rilevando che la seconda notifica si sia perfezionata dopo lo spirare del termine per l’impugnazione (Cass. 3356/2014) e che, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie (da ultimo Cass. 16943/2018).

Nella specie l’Agenzia conosciuto l’esito della notifica si è attivata immediatamente per la rinnovazione della stessa. L’appello era, pertanto tempestivo.

La sentenza impugnata deve essere, conseguentemente, cassata con rinvio alla CTR della Calabria in diversa composizione per l’esame dei motivi di appello.

2. Con sentenza n. 630/1/2017, depositata il 21.3.2017 non notificata, resa nel giudizio n. 25110/2017, la CTR di Catanzaro dichiarava inammissibile l’appello dell’ufficio perchè al momento della costituzione aveva omesso di depositare la ricevuta di spedizione postale del gravame così come prescritto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un motivo con il quale lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22 e art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e art. 2699 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La censura è fondata.

Con recentissimo insegnamento di questa Corte a sezioni unite, si è statuito che “Nel processo tributario, non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso o dell’appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purchè nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario; solo in tal caso, l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione, laddove, in mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso o dell’appello, unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto o della sentenza”(Cass. sez. un. 13453/17). Inoltre, va ricordato che – laddove vengano denunciati con il ricorso per cassazione errores in procedendo la Corte è anche giudice del fatto e può accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito; il che rileva soprattutto quando, come nel caso di specie, è in gioco la ammissibilità/procedibilità dell’appello e quindi il passaggio o no in cosa giudicata della sentenza di primo grado, trattandosi di verifica che la Corte deve compiere anche d’ufficio ex actis (Sez. U. n. 6994 del 2010; conf. Cass. n. 16780 del 2015 e n. 12885 del 2002), anche ai fini dell’art. 382 c.p.c., comma 3 (Cass. n. 3004 del 2004; conf. Cass. n. 27300 e n. 19222 del 2013; v. n. 24743 del 2011). Ciò è ribadito in sedes materiae dalle precitate decisioni delle sezioni unite riguardo alla cd. “prova di resistenza” (vedasi p.5.13 e p.6 delle motivazioni).

Nel caso di specie, il termine per proporre appello, essendo stata la sentenza di primo grado depositata l’8 aprile 2015, scadeva il 9.11.2015, mentre, dalla distinta di spedizione, riportata in ricorso ai fini dell’autosufficienza, l’appello risulta essere stato spedito il 6.11.15 e ricevuto il 9.11.15 (vedi avviso di ricevimento, anch’esso riportato in ricorso ai fini dell’autosufficienza), pertanto, l’appello era tempestivo, mentre, dall’attestazione della cancelleria della CTR riportata in ricorso ai fini dell’autosufficienza, l’ufficio risulta costituito il 2.12.15, quindi, nel termine di legge.

In accoglimento del motivo la sentenza va, pertanto, cassata e la causa va rinviata alla Commissione tributaria regionale della Calabria, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversie e liquidi le spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i ricorsi riuniti avverso le sentenze n. 630/1/2017 e n. 631/1/2017, cassa le sentenze impugnate e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Calabria, affinchè riesamini il merito della controversie e liquidi le spese anche del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2019

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