Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9181 del 16/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 16/04/2010, (ud. 25/03/2010, dep. 16/04/2010), n.9181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23520/2006 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO Luigi, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TRIFIRO’ SALVATORE, giusta mandato a margine

del ricorso;

– ricorrenti –

e contro

S.A.S., Z.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 606/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/08/2005 R.G.N. 814/04 + altre;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/03/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per: inammissibilità per S. e

accoglimento ricorso per Z..

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 5.7/4.8.2005 la Corte di appello di Milano confermava la sentenza resa dal Tribunale presso la stessa sede in data 25/27.5.2003 nella parte in cui dichiarava sussistere fra le Poste Italiane, Z.G. e S.A.S. un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con decorrenza dalla data di rispettiva assunzione (4.7.2002 per lo Z.; 8.7.2002 per lo S.).

Osservava in sintesi la corte territoriale che le causali poste a base dei contratti intervenuti fra le parti (“con riferimento a fattispecie che ricordano quelle di cui all’art. 25 ccnl gennaio 2001, non espressamente richiamato dal contratto individuale”:

“esigenze tecniche, organizzative e produttive di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi comprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio…”; “attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre….e 17 aprile 2002”; “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute al personale nel periodo estivo”) risultavano incoerenti sia rispetto alla disciplina posta dal D.Lgs. n. 368 del 2001, per l’assenza di ragioni specifiche e verificabili dell’assunzione a termine (riferita, nel caso, genericamente ed indistintamente a tre diverse causali), sia anche con riferimento alla disciplina collettiva previgente.

Per la cassazione della sentenza propongono ricorso le Poste Italiane con sette motivi, illustrati con memoria.

Non si sono costituiti gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la società ricorrente lamenta che la sentenza impugnata ha contraddittoriamente fatto riferimento, ai fini della regolazione del caso in esame, sia alla disciplina contrattuale, mantenuta in vigore per effetto del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11, sia alla disciplina legale di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1.

Con il secondo, terzo, quarto e quinto motivo la società ricorrente lamenta violazione ed erronea applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23, dei criteri di ermeneutica contrattuale in relazione agli accordi intercorsi (art. 1362 c.c., e segg.), degli artt. 112 e 115 c.p.c., nonchè vizio di motivazione.

Osserva, al riguardo, che, operando la L. n. 56 del 1987, art. 23, una ampia delega alla contrattazione collettiva, la quale è libera di individuare le fattispecie in ordine alle quali è possibile l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, resta sottratta al sindacato giurisdizionale la valutazione della legittimità delle fattispecie individuate dagli agenti negoziali, con la conseguente impossibilità di sovvertire l’equilibrio contrattuale dagli stessi stabilito, integrando di fatto la causale collettiva con un ulteriore requisito, consistente nelle modalità di applicazione della stessa, dalle parti non previsto e non voluto, non restando nemmeno esclusa la possibilità della coesistenza di più causali, ciascuna da sola idonea a giustificare l’assunzione a termine, e risultando sufficiente, con riferimento all’assunzione “in concomitanza di assenze per ferie, nel periodo giugno-settembre”, che l’assunzione sia avvenuta nell’arco temporale in cui notoriamente il godimento delle ferie estive da parte del personale di ruolo crea esigenze organizzative rispetto alle quali appaiono funzionali le assunzioni con contratti a termine.

Con il sesto motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la società ricorrente lamenta, in via gradata, violazione e falsa applicazione dell’art. 12 disp. gen., art. 1419 c.c., D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, nonchè vizio di motivazione ed, al riguardo osserva che la sentenza impugnata, in virtù di una erronea interpretazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, ha ritenuto che, in vigenza della nuova disciplina introdotta dal citato decreto, la pretesa illegittimità della clausola comporterebbe una sanzione non prevista dall’ordinamento, per l’assenza di alcuna disposizione analoga a quella già contemplata nella L. n. 360 del 1962, art. 1, comma 1, con ciò disapplicando l’art. 1419 c.c..

Con il settimo motivo, infine, la società ricorrente censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la sentenza impugnata, prospettando violazione degli artt. 1206, 1219, 2099 e 2697 c.c., nonchè della L. n. 230 del 1962, art. 1, per aver omesso di verificare se vi fosse stata effettiva costituzione in mora da parte dei lavoratori e per l’inidonietà, comunque, a tal fine del ricorso giudiziale.

1. Il ricorso proposto dalla società ricorrente nei confronti di S.A.S. va dichiarato inammissibile.

E’ stata, infatti, depositata copia del verbale di conciliazione stipulato fra la società ricorrente e il predetto in data 12.4.2006.

Da tale verbale risulta che le parti hanno raggiunto un accordo transattivo in conformità alle previsioni degli accordi collettivi in tema di consolidamento dei rapporti di lavoro degli assunti a tempo determinato riammessi in servizio per ordine del Giudice del lavoro, in esito al quale l’intimato è stato assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato, rinunciando agli effetti giuridici ed economici della sentenza di riammissione in servizio, nonchè ad azionare ogni rivendicazione ricollegabile ad eventuali ulteriori rapporti intercorsi con la società, seppur diversi da quello preso a riferimento nella sentenza citata nel verbale medesimo, dandosi atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge e dichiarando che – in caso di fasi giudiziali ancora aperte – le stesse saranno definite in coerenza con il presente verbale.

Osserva il Collegio che il suddetto verbale di conciliazione si palesa idoneo a dimostrare la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo; alla cessazione della materia del contendere consegue pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutato l’interesse ad agire (Cass. S.U. 29 novembre 2006 n. 25278, Cass. 13-7-2009 n. 16341).

Nulla per le spese, stante la mancata costituzione in giudizio dell’intimato.

2. Deve dichiararsi inammissibile anche il ricorso proposto nei confronti di Z.G..

Risulta, infatti, dagli atti che il ricorso è stato notificato, a mezzo del servizio postale, con raccomandata spedita il 2.8.2006, laddove la sentenza impugnata è stata pubblicata il 4.8.2005, e che il plico raccomandato (per come emerge dal relativo avviso di ricevimento) è stato indirizzato presso il domicilio (eletto) del procuratore costituito, ma alle parte personalmente: sicchè quest’ultima è risultata, a tale indirizzo, sconosciuta.

Non risulta allegata, nè documentata alcuna ulteriore attività integrativa svolta dalla difesa della società ricorrente successivamente alla restituzione degli avvisi di ricevimento, che documentavano l’erronea destinazione dei plichi. Deve, pertanto, richiamarsi il principio di diritto (da ultimo affermato dalle SU con sentenza n. 17352 del 2009) secondo cui, in tema di notificazione degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente pur per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio di ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del processo notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese stante la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 25 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2010

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