Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 918 del 17/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 918 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: CAMPANILE PIETRO

SENTENZA

sul ricorso n. 21276 dell’anno 2006 proposto da:
BA1ZANO CONCETTA IMMACOLATA – BALZANO SABATO SCARFATO ROSA – DI LORENZO NICOLA – DI LORENZO GIUSEPPINA – DI LORENZO CAROLINA – DI LORENZO MARIA
ROSARIA – DI LORENZO FILOMENA

Elettivamente domiciliati in Roma, via degli Avignonesi, n. 5, nello studio dell’avv. Lodovico Visone; rappresentati e difesi, come da procura spe-

Data pubblicazione: 17/01/2014

ciale a margine del ricorso, dall’avv. Silvano Tozzi.

contro
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI NAPOLI

Elettivamente domiciliato in Roma, via G. B. Tiepolo, n. 21, nello studio dell’avv. Brunello Mileto;
rappresentata e difesa, come da procura speciale a
margine del controricorso, dall’avv. Aldo Di Falco.
controricorrente

avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 1643, depositata in data 27 maggio 2005;
udita la relazione all’udienza del 28 maggio 2013
del consigliere Dott. Pietro Campanile;
Udite le richieste del Procuratore Generale, in
persona del Sostituto Dott. Pasquale Fimiani, il
quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

l

I signori Concetta Immacolata e Sabato Balzano, Ro-

sa Scarfati, Nicola, Giuseppina, Carolina, Maria Rosaria e Filomena Di Lorenzo con atto di citazione notificato il 3 e il 5 ottobre 1991 convenivano in giudizio
davanti al Tribunale di Napoli e il Comune di Pompei

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ricorrenti

chiedendone la condanna al rilascio dei beni, ovvero al
risarcimento dei danni, per aver subito l’occupazione
di alcune aree di terreno di loro rispettiva proprietà

ampliamento della strada provinciale “Tre Ponti”.
1.1 – Nella contumacia del Comune convenuto, il Tribunale adito, espletata consulenza tecnica d’ufficio,
con sentenza n. 625 del 2003, per quanto qui maggiormente interessa, rigettava ogni richiesta avanzata nei
confronti del Comune di Pompei, nonché le domande proposte dai Di Lorenzo e dalla Scarfati per non aver dimostrato la proprietà della particella n. 692 del foglio 4, sulla quale la loro azione si fondava; accoglieva le pretese avanzate dai Balzano e dalla Scarfato, condannando l’Amministrazione provinciale convenuta
al pagamento in loro favore delle somme ad essi rispettivamente dovute a titolo di risarcimento del danno,
oltre agli interessi legali.
1.2 – Avverso tale decisione proponevano appello, tanto
l’Amministrazione Provinciale di Napoli, che contestava la ritenuta natura usurpativa dell’occupazione, deducendo la ricorrenza di un’ipotesi di accessione invertita, e sosteneva, altresì, la natura agricola delle
aree, quanto i De Lorenzo, i quali si dolevano del rigetto della loro domanda.

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in Pompei, nell’ambito della realizzazione di lavori di

1.3 – La Corte di appello di Napoli, con la sentenza
indicata in epigrafe, riteneva fondato il gravame proposto in via incidentale, e, in parziale accoglimento

tiva delle occupazioni e qualificate le aree come
agricole, rideterminava le somme dovute a titolo di risarcimento in relazione a tale ricognizione giuridica.
Veniva in particolare rilevato, quanto al primo profilo, che, dovendosi ravvisare nell’approvazione del progetto, ai sensi dell’art. l della 1. n. l del 1978, la
dichiarazione implicita di pubblica utilità, risultavano regolarmente stabiliti tanto i termini per l’inizio
e il compimento dei lavori, quanto quelli per l’inizio
e il compimento degli espropri: la mancata emanazione
del decreto di esproprio, essendosi l’irreversibile
trasformazione realizzata prima della scadenza di tutti
i termini sopra indicati, escludeva la configurabilità
dell’occupazione usurpativa.
In merito alla ricognizione giuridica delle aree occupate, la Corte osservava che sulla base del certificato
di destinazione urbanistica acquisito le stesse ricadevano tutte in zona agricola o di rispetto stradale,
come tali non legalmente edificabili. Veniva per altro
sottoposta a critica la tesi, prospettata dal consulente tecnico d’ufficio e recepita dal Tribunale, se-

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dell’appello principale, affermata la natura espropria-

condo cui, essendo le aree interessate da un vincolo di
rispetto stradale per la costruzione, di una nuova
strada, poi non realizzata, la decadenza del vincolo

ai sensi dell’art. 4, ultimo coma della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Sotto tale profilo la Corte territoriale rilevava anche
che non poteva tenersi conto degli effetti indotti da
opere abusive di urbanizzazione o della presenza di costruzioni non autorizzate.
Veniva quindi ribadita la natura agricola dei lotti, in
conformità ad analoga qualificazione delle zone limitrofe, non senza rilevare che, essendo confinanti con
la strada provinciale “Tre Ponti” erano per ciò solo
inedificabili.
Pertanto il valore di mercato dei terreni veniva determinato, senza considerare le loro potenzialità edificatorie, in lire 45.000 a mq, con riferimento al mese di
ottobre dell’anno 1986, e sulla base di tale parametro
venivano determinate le somme dovute agli appellati,
opportunamente rivalutate, con decorrenza degli interessi dalla dette delle occupazioni.
Per la cassazione di tale decisione Concetta Immacolata
Balzano e gli altri proprietari propongono ricorso, affidato a cinque motivi, cui l’Amministrazione provin-

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avrebbe determinato la natura edificatoria delle aree

ciale di Napoli resiste con controricorso.
Motivi della decisione

sa applicazione dell’art. 5 bis della 1. n. 359 del
1992, nonché vizio di omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il
giudizio ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5,
c.p.c., sia per aver la corte fatto riferimento, da
un lato, al criterio dell’edificabilità di fatto, e
dall’altro, alla qualificazione agricola del terreno, sia per aver in ogni caso omesso di considerare, nell’ambito di quest’ultima, i valori desumibili dalle cessioni di terreni omogenei e il deprezzamento subito dai fabbricati dei ricorrenti.
2.1- Con il secondo mezzo si denuncia violazione
dell’art. 112 c.p.c. in relazione al citato art. 5
bis della 1. n. 359 del 1992, per non aver considerato la natura espropriativa del vincolo stradale
e, quindi, a seguito della decadenza del vicolo
stesso, la natura
infine, per non

di
aver

“zona bianca” dell’area, ed
valutato la possibilità di

realizzare costruzioni rurali.

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2 – Con il primo motivo si deduce violazione e fal-

3 – I motivi che precedono, da esaminarsi congiuntamente, in quanto intimamente connessi, sono infondati.

corretta alla ricognizione giuridica delle aree in
esame, rilevando, in primo luogo, che dal certificato di destinazione urbanistica acquisito agli atti emerge chiaramente che tutti i terreni de quibus
ricadono – in base alle previsioni del P.R.G. vigente – “in zona agricola o in fascia di rispetto
stradale, e, quindi, comunque in zona non legalmente edificabile”. Quanto alla tesi sostenuta dai
proprietari, e fondata sull’applicabilità dell’art.
4 della 1. 28 gennaio 1977 n. 10, la corte territoriale, asserendo che anche nell’ipotesi di fondatezza del rilievo concernente la decadenza del vincolo stradale, affermata dal consulente tecnico
d’ufficio, si dovrebbe comunque tener conto della
natura delle aree limitrofe, parimenti non edificabili, si è conformata al costante indirizzo di questa Corte al riguardo (cfr., Cass., 24 novembre
2005, n. 24837; Cass., 7 febbraio 2006, n. 2613;
Cass., 26 novembre 2008, n. 28282; Cass., 6 maggio
2011, n. 10012).

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3.1 – La corte territoriale ha proceduto in maniera

Vale bene in ogni caso rilevare che questa Corte,
in ordine alla natura dei vincoli relativi alle
opere di viabilità previste nel P.R.G., ha chiarito

no regolatore generale (art. 7 comma 2 n. l 1. 17
agosto 1942 n. 1150), pur comportando un vincolo di
inedificabilità delle parti del territorio interessate, con le relative conseguenze nella scelta del
criterio di determinazione dell’indennità di esproprio nel sistema dell’art. 5 bis 1. 8 agosto 1992
n. 359, basato sulla edificabilità o meno dei suoli, non concreta un vincolo preordinato all’esproprio, a meno che tale destinazione non sia assimilabile all’indicazione delle reti stradali all’interno e a servizio delle singole zone (art. 13 1.
n. 1150 del 1942) di regola rimesse allo strumento
di attuazione, e come tali riconducibili ai vincoli
imposti a titolo particolare, a carattere espropriativo, bensì un vincolo di natura conformativa,
come tale non soggetto a decadenza (Cass., 6 novembre 2008 n. 26615; Cass., 19 maggio 2006, n.
11848).
Va altresì rilevato che la tesi dei ricorrenti secondo cui anche la ricorrenza di un minimo indice
di fabbricabilità, quale quello previsto per la

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che l’indicazione delle opere di viabilità nel pia-

realizzazione di costruzioni rurali, comporterebbe
la qualificazione dei terreni come edificabili,
contrasta con l’orientamento di questa Corte (cfr.,

4 – Con il terzo motivo si denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt. 39 e 40 della 1. n.
2359 del 1865 e dell’art. 5 bis in relazione
all’art. 112 c.p.c., per omessa valutazione ed attribuzione del deprezzamento subito dai fabbricati,
secondo le valutazioni emergenti nella consulenza
tecnica d’ufficio.
4.1 – Con la quarta censura si deduce violazione
dell’art. 35, comma 18, della 1. n. 47, nonché vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il
giudizio ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5,
c.p.c., per essere stata affermata l’illegittimità
dei manufatti presenti sui terreni, nonostante fossero pendenti le istanze di condono.
4.2 – I motivi che precedono vanno esaminati congiuntamente, in quanto sembrano riferirsi, sia pure
con diverse prospettazioni giuridiche, agli stessi
fabbricati.

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ex multis, Cass., 12 giugno 2007, n. 14058).

Deve in primo luogo rilevarsi che la questione del
deprezzamento della residua proprietà, per altro
esplicitamente collegato alla legittimità dei fab-

decisione impugnata. Giova, quanto a tale profilo, ribadire come nel giudizio di cassazione è preclusa alle
parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o
nuovi temi di

che postulino indagini ed

contestazione

accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel

giudizio

di appello (Cass., 23 gennaio

2007, n. 1474; Cass., n. 6993/1999; Cass., nn. 12843 e
4990 del

1998). In quest’ultimo

nella sentenza

in esame

caso, constatato che

si dà atto (pag. 3) che il

Tribunale aveva liquidato in favore di ciascun attore,
a titolo di

risarcimento,

il controvalore del suolo,

“escludendo la sussistenza degli altri

danni lamentati

dagli attori”, i ricorrenti avrebbero dovuto denunciare il vizio di omessa pronuncia, richiamando, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso,

le

modalità e i termini con i quali la questione sarebbe
stata prospettata nel giudizio di secondo grado.

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bricati, non risulta in alcun modo esaminata nella

Per altro, il condivisibile giudizio circa la natura
abusiva dei manufatti espresso dalla corte di appello

Deve

richiamarsi, in

questa Corte

secondo

proposito, l’orientamento di
cui gli immobili costruiti

abusivamente non sono suscettibili di indennizzo, a
meno che alla data dell’evento ablativo non risulti
già rilasciata la concessione in sanatoria, per cui
non si applica nella liquidazione il criterio del
valore venale complessivo dell’edificio e del suolo
su cui il medesimo insiste, ma si valuta la sola
area, in modo da evitare che l’abusività degli insediamenti possa concorrere anche indirettamente ad
accrescere il valore del fondo (Cass., 14 dicembre
2007, n. 26260; Cass. Sez. Un. , 14 maggio 2010, n.
11730).
Alla disposizione della 1. n.
16, comma 9,

685 del 1971, art.

(“per l’espropriazione delle aree che

risultino edificate…se la costruzione è stata
eseguita senza licenza o in contrasto con essa o in
base ad una licenza annullata e non è stata ancora
applicata la sanzione pecuniaria prevista dalla 1.
n. 1150 del 1942, art. 41, comma 2, e successive
modificazioni, ne deve essere disposta ed eseguita

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assume carattere tranciante.

la demolizione ai sensi dell’art. 26 della citata
legge e l’indennità è determinata in base al valore
della sola area”)

deve attribuirsi carattere gene-

della 1. n. 10 de.J 1977, art. 15, in materia di
abusivismo, e rivolLo ad elidere qualsiasi concreta
incidenza del fenomeno stesso, pure in presenza di
un’area edificabile di diritto e di fatto, sulla
sola considerazione della mancanza di licenza o
concessione, non altrimenti sanabile o in concreto
non sanata dal proprietario: enunciando la regola
che in questo caso viene meno la possibilità della
liquidazione unitaria del fabbricato, secondo il
criterio del valore venale complessivo dell’edificio e del suolo su cui il medesimo insiste, a norma
della 1. n. 2359 de2 1865, art. 39, e si valuta la
sola area secondo i criteri più riduttivi fissati
nelle diverse disposizioni della 1. n. 359 del
1992, art. 5 bis (cfr la citata Cass. n. 26260 del
2007, nonché Cass., 9 aprile 2002, n. 5046;
Cass., 26 gennaio 2000, n. 841; Cass. 7 dicembre
1999, n. 13656).
Il riferimento, poi, alla disciplina prevista
dall’art. 35 1. n. 47/1985, appare generico, e privo di decisività, poiché il “silenzio – assenso”

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rale ed inderogabile, collegato alle disposizioni

non si forma per il solo fatto dell’inutile decorso
del termine indicato da tale norma e del pagamento
dell’oblazione, senza alcuna risposta del Comune,

requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dagli
art. 31 e ss. della stessa legge, cui è subordinata
l’ammissibilità del condono, compresa la circostanza, ai sensi dell’art. art. 40, comma l, 1. n.
47/85, che la domanda, per la rilevanza delle omissioni o delle inesattezze riscontrate, non sia dolosamente infedele, tutti aspetti la cui ricorrenza
non viene neppure allegata.
5 – Il quinto motivo, con il quale si censura il
ricorso ai criteri riduttivi previsti dall’art. 5
bis della 1. n. 359 del 1992, anche per contrasto
con la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo,
in astratto condivisibile, ed anzi anticipatore
dello ius superveniens costituito dalla nota decisione della Corte costituzionale n. 349 del 2007,
introduce inammissibilmente un tema del tutto
estraneo al presente giudizio, in quanto la corte
di appello, attesa la natura risarcitoria della domanda, relativa a terreni non edificabili, ha considerato il loro valore di mercato, prescindendo da

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ma occorre altresì la prova della ricorrenza dei

qualsiasi ipotesi normativa che prevedeva una riduzione della somma spettante ai proprietari per il

6 – In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.
P. Q. M.

La Corte, rigetta il ricorso, e condanna il ricorrenti al pagamento delle spese processuali relative
al presente giudizio di legittimità, liquidate in e
3.700,00, di cui C 3.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 28 maggio 2013.

ristoro dei pregiudizi subiti.

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