Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9178 del 10/04/2017

Cassazione civile, sez. II, 10/04/2017, (ud. 24/01/2017, dep.10/04/2017),  n. 9178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26658/2012 proposto da:

DE.MA S.r.l. p.iva (OMISSIS), in persona dell’amministratore unico

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DARDANELLI 37,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CAMPANELLI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ROCCO SUMA;

– ricorrente –

contro

C.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE MAZZINI 142, presso lo studio dell’avvocato PIERO GIUSEPPE

RELLEVA, che lo rappresenta e difende;

G.O. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN

SABA 7, presso lo studio dell’avvocato SERGIO MAGLIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIETRO DALENA;

– controricorrenti –

e contro

C.C., C.M., CA.CA., CA.MA.,

CA.GI., nonchè C.N.A., CA.GA.,

C.L., C.R., questi ultimi quali eredi di

c.g.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 63/2012 della CORTE D’APPELLO di LECCE – SEZ.

DIST. di TARANTO, depositata il 20/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/01/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito l’Avvocato ROCCO SUMA, difensore della ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato PIERO GIUSEPPE RELLEVA, difensore del Sig. C.,

che si è riportato agli atti depositati;

udito l’Avvocato SERGIO MAGLIO, difensore del Sig. G., che ha

depositato un avviso di ricevimento ed ha chiesto l’accoglimento

delle difese in atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

I FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Taranto, con sentenza n. 1047/00, depositata il 26/6/2000, rigettò la domanda con la quale la s.r.l. DE.MA. aveva chiesto mettersi in pristino e rilasciarsi in suo favore due porzioni di terreno che assumeva essere state occupate senza titolo con opere edili da G.O..

Con sentenza depositata il 20/2/2012 la Corte di appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, rigettò l’appello principale proposto dalla DE.MA. e quello incidentale, dal G., nel contraddittorio di C.C., C.M., Ca.Ca., Ca.Ma., C.G., Ca.Ga., C.L., C.R..

Nel rispetto del perimetro decisionale di legittimità appare utile richiamare della vicenda gli snodi salienti di cui appresso.

La DE.MA. aveva acquistato, con atto del 15/7/1992, da L.C. 1/11 indiviso delle strade interpoderali site in due contigue contrade, delle quali le prime in totale misuravano mq 962 e le seconde, mq 17067. Il titolo, al fine d’individuare le predette strade, richiamava il frazionamento di cui alla divisione del (OMISSIS), specificandosi che nella superficie di mq 17067 era inclusa la p.lla (OMISSIS), divenuta (OMISSIS). Approvato solo nel 1985 il frazionamento di cui s’è detto, medio tempore era stato evocato il frazionamento del (OMISSIS), allegato alla divisione degli eredi C. (fra i quali anche la L.), con assegnazione ai C., danti causa del G., della p.lla 1207.

Il coordinamento fra i due frazionamenti aveva portato i Giudici del merito a valutare “inappropriato (…) il richiamo – nel titolo di acquisto della DE.MA. srl – alla p.lla (OMISSIS), da cui sarebbe derivata la p.lla (OMISSIS), perchè quella pila, contemplata nel frazionamento del (OMISSIS), era successivamente ricaduta nella p.lla (OMISSIS), assegnata ai C.”.

Avverso la statuizione d’appello ricorre la DE.MA s.r.l.. Resistono con distinti controricorsi G.O. e C.G.. Non hanno svolto difese le altre parti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Per la preliminarietà che la contraddistingue occorre in primo luogo esaminare l’eccezione d’inammissibilità, per violazione degli artt. 137 c.p.c. e segg., proposta dal controricorrente C..

Costui ha esposto che essendo stato il ricorso notificato presso il difensore domiciliatario del giudizio d’appello di C.C., C.M., Ca.Ca., Ca.Ma., C.G., Ca.Gi., C.N.A., Ca.Ga., C.L. e C.R. in unica copia per tutti, la notificazione era da ritenersi nulla.

L’opinione espressa dal C. riposa sopra un indirizzo giurisprudenziale da tempo condivisamente superato. La notificazione dell’atto d’impugnazione eseguita presso il procuratore costituito per più parti, mediante consegna di una sola copia (o di un numero inferiore), è stata, infatti, ritenuta valida ed efficace sia nel processo ordinario che in quello tributario, in virtù della generale applicazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, alla luce del quale deve ritenersi che non solo in ordine alle notificazioni endoprocessuali, regolate dall’art. 170 c.p.c., ma anche per quelle disciplinate dall’art. 330 c.p.c., comma 1, il procuratore costituito non è un mero consegnatario dell’atto di impugnazione ma ne è il destinatario, analogamente a quanto si verifica in ordine alla notificazione della sentenza a fini della decorrenza del termine d’impugnazione “ex” art. 285 c.p.c., in quanto investito dell’inderogabile obbligo di fornire, anche in virtù dello sviluppo degli strumenti tecnici di riproduzione degli atti, ai propri rappresentati tutte le informazioni relative allo svolgimento e all’esito del processo (S.U., n. 29290, 15/12/2008, Rv. 606009).

Con il primo motivo la società ricorrente deduce mancanza di motivazione su un punto controverso e decisivo, in particolare ponendo l’attenzione sulla CTU disposta in secondo grado.

E’ opinione della ricorrente che fra le consulenze d’ufficio di primo e secondo grado è da registrare difformità di conclusioni e, pertanto, non è dato comprendere “come alla luce di una consulenza tecnica di secondo grado, diametralmente opposta a quella di primo grado, la Corte adita abbia potuto fondare la sentenza su entrambe le consulenze tecniche”. Nè, risulta ragionevole ritenere che la Corte locale abbia stimato apprezzabile la CTU disposta dal Tribunale, stante che in tal caso non avrebbe proceduto al rinnovo della stessa.

Da qui, la DE.MA., dopo essere partita da un excursus degli atti notarili, assume che l’errore, dal quale prende le mosse la tesi condivisa dalla Corte di merito, deve identificarsi nella Det. erariale n. 211 del 1985, con la quale era stata frazionata la p.lla (OMISSIS) nelle attuali p.lle (OMISSIS). Determinazione, annullata dalla Commissione Tributaria, per non avere recepito il frazionamento di cui all’atto di divisione del 1969, il quale, invece, era l’unico atto al quale fare riferimento al fine di risolvere la contesa.

Il motivo non può essere accolto.

Quanto all’apporto di sapere proveniente dalla CTU va ribadito che se, per un verso, il giudice del merito, ove dia mostra di aver conosciuto e apprezzato le conclusioni del consulente, non è tenuto a fornire alcuna ulteriore motivazione, è altrettanto evidente che il ricorrente non può limitarsi a dissentire dalle predette conclusioni in sede di legittimità, ricadendo su di lui l’onere di puntualmente controdedurre, riportando i singoli passaggi della relazione e le specifiche ragioni poste a suo tempo in contrapposizione. In altri termini, è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice “a quo”, e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità. La parte che lamenti l’acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l’operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione (cfr., Sez. 1, n. 11482 del 03/06/2016,Rv. 639844; Sez. 1, n. 16368 del 17/07/2014, Rv. 632050; Sez. 1, n. 3224 del 12/02/2014, Rv. 630385).

Nel caso di specie, non solo le critiche appaiono frammentate e nebulose, ma devesi rilevare, come prima si è detto, la non autosufficienza sul punto della lamentela.

La sentenza gravata non si mostra affetta da alcun vizio intrinseco, stante che questa ha compiutamente spiegato, sulla base della documentazione vagliata e dell’apporto del CTU, le vicende traslative pertinenti, giungendo, in piena coerenza, a rigettare la prospettazione oggi riproposta dalla società ricorrente. Nè, a confutazione la DE.MA. allega, siccome era suo onere precipuo, in forma analitica e circostanziata, le dedotte discrasie tra le due consulenze, in modo tale che la Corte possa avere la diretta percezione degli asseriti errori. Nè, tantomeno, dimostra di avere nel corso del giudizio di merito puntualmente contestato le risultanze peritali.

Con il secondo motivo la DE.MA. denunzia come vizio motivazionale su un fatto controverso e decisivo non aver tenuto conto delle statuizioni emesse dal Giudice tributario; inoltre viene denunziata generica violazione di legge.

Era sfuggito, chiarisce la ricorrente, alla Corte d’appello che la Commissione Tributaria Provinciale di Taranto con la sentenza n. 73 del 19/2/2003 aveva confermato “la sua precedente sentenza n. 267/7/98 – che annullava la Det. n. 211 del 1985 dell’UTE di Taranto – ma questa volta nei confronti delle medesime parti del presente procedimento”.

La doglianza è destituita di giuridico fondamento.

Al contrario di quanto asserito in ricorso la Corte locale ha preso in considerazione la questione, disattendendola, con motivazione in questa sede non censurabile. Infatti, in disparte di ogni altra considerazione, ha correttamente osservato il Giudice del merito che: “i richiami catastali contenuti nei negozi non hanno rilevanza e se, ma solo in funzione identificativa dell’oggetto delle volontà negoziali”. Con la conseguenza che non potevano trarsi elementi di segno contrario dalla sentenza della Commissione tributaria.

E’ appena il caso di precisare che la dedotta violazione di legge deve ritenersi tamquam non esset a cagione della irriducibile genericità della denuncia.

Con il terzo motivo il ricorso si duole della “falsa applicazione di norme di diritto sulla trascrizione”.

Chiarisce la ricorrente: “la DEMA Srl ha acquistato, difatti, il 15/7/1992, con atto di acquisto per Notar S., trascritto presso la competente Conservatoria dei R.R.I.I. il 17/71992 ai nr. 14243/10900. E’ palese che la trascrizione, a favore della odierna ricorrente è anteriore rispetto a quella dell’atto di acquisto del sig. G.O. del (OMISSIS)”.

Anche quest’ultimo motivo è privo di fondamento.

La doglianza, invero, presuppone che la proprietà delle porzioni di terreno per cui è causa fosse stata effettivamente trasferita, stante la funzione meramente dichiarativa della trascrizione, mentre qui la controversia concerne, appunto, l’avvenuto trasferimento. Inoltre, è il caso di soggiungere, le regole sulla trascrizione sono volte a risolvere i contrasti insorti tra più soggetti pretendenti titolo dal medesimo dante causa.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese legali che, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività svolte, possono liquidarsi siccome in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore di ciascuno dei due controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2017

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